Il piano di Figliuolo
Vaccinatori, strategie. Come si arriva a 500 mila dosi al giorno
Accantonato il modello Arcuri, il governo allarga la platea dei somministratori per accelerare il piano vaccinale. Meno primule e più medici, infermieri e farmacisti per avere più capillarità sul territorio
L’obiettivo è arrivare presto a 500 mila vaccinazioni al giorno. E per farlo si prende a modello quanto realizzato in paesi, come il Regno Unito, dove “si utilizza un gran numero di siti vaccinali e un gran numero di persone è abilitato a somministrare i vaccini. Nonché ovviamente il richiamo della seconda dose è stato spostato nel tempo rispetto a quanto avviene in Europa”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi intervenendo nelle scorse settimane al Senato. E’ un approccio molto diverso da quello impostato dal governo Conte e dal commissario Domenico Arcuri, che prevedeva la costruzione di strutture dedicate alla somministrazione (le famose primule) e per il personale il reclutamento di circa 15 mila vaccinatori da dislocare dal centro sul territorio. Si trattava di un modello che aveva grossi problemi di coordinamento: da un lato vi erano 21 piani regionali diversi con priorità molto variegate (come si vede dalla grande differenza nei tassi di vaccinazione tra gli anziani); dall’altro ci si appoggiava a strutture fisiche e personale gestiti a livello centrale.
Draghi ha accantonato l’idea di costruire nuove “primule” (nei giorni scorsi il commissario Figliuolo ha annullato la gara indetta da Arcuri) indicando di usare, invece, “tutte le strutture disponibili, pubbliche e private". Stesso ragionamento per i “vaccinatori”. Il reclutamento centralizzato di medici e infermieri non ha funzionato, è molto in ritardo rispetto ai piani di Arcuri, e si è così scelto di allargare la base dei vaccinatori per avere un bacino più ampio in cui pescare e maggiore capillarità sul territorio. Due condizioni necessarie per schierare in fretta sul campo il personale necessario a raggiungere le 500 mila vaccinazioni quotidiane ora che sta aumentando l’afflusso di dosi vaccinali. Per farlo si è intervenuti con il decreto “Sostegni”, approvato nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, in cui si prevede il coinvolgimento di una larghissima platea di operatori della sanità, almeno sulla carta: 165 mila medici di famiglia, 19 mila farmacie, 270 mila infermieri del Ssn.
Nella relazione tecnica al provvedimento si spiega che la misura si è resa necessaria proprio perché il reclutamento di medici, infermieri e assistenti sanitari non ha avuto il riscontro atteso. Con quella manifestazione di interesse si era dato mandato alle agenzie per il lavoro di arruolare 3 mila medici e 12 mila infermieri/assistenti sanitari. In realtà, mentre per i medici sono pervenute candidature oltre le previsioni, per gli infermieri/assistenti sanitari i numeri sono stati molto inferiori rispetto al previsto. A quel bando risposero infatti 14.808 medici e solo 3.980 infermieri e 408 assistenti sanitari. Proprio la minore disponibilità di infermieri/assistenti sanitari, si spiega nella relazione tecnica, “comporta una riduzione della capacità di somministrazione di dosi nell’arco temporale di nove mesi con conseguente impossibilità di vaccinare nei termini stabiliti circa 28 milioni di assistiti”.
Al di là del rapporto medici/infermieri completamente invertito rispetto al bando Arcuri, la reale dislocazione sul territorio è stata fallimentare rispetto alle ipotesi di partenza, anche perché tantissimi hanno rinunciato per le condizioni economiche poco favorevoli: a marzo sono stati sottoscritti circa 2 mila contratti, due terzi in meno rispetto al piano Arcuri e sei volte in meno rispetto al fabbisogno di aprile. Per raggiungere 28 milioni di assistiti si dovrà “ricorrere alle prestazioni, in primo luogo, dei medici di medicina generale, e, qualora il numero delle adesioni a tale attività di inoculazione dei vaccini da parte dei medici di medicina generale non dovesse essere sufficiente a garantire la somministrazione del numero di dosi ulteriori pari a 56 milioni, anche dei medici specialisti ambulatoriali convenzionati interni, dei pediatri di libera scelta, degli odontoiatri, nonché dei medici di continuità assistenziale, dell’emergenza sanitaria territoriale e della medicina dei servizi”. Inoltre, si prevede la sospensione, esclusivamente per lo svolgimento dell’attività vaccinale, della clausola d’incompatibilità con altri rapporti di lavoro ed il divieto di cumulo di impieghi e incarichi per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale che aderisce all’attività di somministrazione dei vaccini contro il Covid al di fuori dell’orario di servizio.
Altra importante novità è l’apertura del canale farmacie. I farmacisti potranno effettuare le vaccinazioni anti Covid all’interno delle farmacie, come accade in tanti paesi occidentali, senza la supervisione dei medici inizialmente prevista dalla legge di Bilancio. Nel protocollo siglato con il ministero della Salute e le regioni si spiega che per l’esecuzione delle sedute vaccinali si prevedono requisiti minimi strutturali dei locali, e opportune misure volte a garantire la sicurezza degli assistiti. La vaccinazione potrà essere somministrata da quei farmacisti che avranno seguito specifici programmi e moduli formativi organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. E’ una liberalizzazione importante che, se funzionerà, potrà diventare strutturale anche per le prossime campagne vaccinali a partire dall’antinfluenzale. Verranno infine chiamati a dare un loro contributo anche i medici specializzandi. La partecipazione avverrà su base volontaria, al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e in deroga alle incompatibilità previste dai contratti di formazione.
E questo è quanto messo in campo sul lato personale. C’è poi da considerare l’aspetto organizzativo dei centri vaccinali sul territorio. Bocciata in via definitiva, come detto, l’idea dei padiglioni “evocativi” (aka primule) voluti dall’ex Commissario all’emergenza, sono state approvate nei giorni scorsi dalle regioni delle linee guida, “non vincolanti”, elaborate dalla Protezione civile. Lo scopo è di suggerire un modello per l’allestimento dei centri vaccinali straordinari di medie/grandi dimensioni (più di 800 vaccinazioni/die), che possano contribuire a incrementare la capacità vaccinale sul territorio. Si specifica come i punti vaccinali di grandi dimensioni dovrebbero essere di norma collocati in aree facilmente raggiungibili attraverso il trasporto pubblico o dotati di ampio parcheggio. E’ attraverso questo modello, come dice il commissario Figliuolo, con “governance accentrata a fronte di una esecuzione decentrata”, che il governo ritiene di arrivare all’obiettivo di 500 mila vaccinazioni al giorno indicato dal premier Draghi. Se, come previsto, le dosi arriveranno stavolta non ci saranno giustificazioni.