dopo l'annuncio di ema
"Su AstraZeneca Aifa faccia un passo in più". Parla Manfellotto (Fadoi)
"I medici hanno bisogno di conoscere i fattori di rischio per le varie categorie", ci dice il presidente della Federazione medici internisti. "Ma la vera questione riguarda i cittadini", spiega il dottor Renzo Le Pera, vice segretario della Federazione italiana di medicina generale
E adesso, come rispondiamo ai legittimi dubbi di quei medici che non vorranno somministrare AstraZeneca agli under 60? L'interrogativo è emerso ieri sera, nel corso dell'incontro tra stato e regioni, durante il quale i rappresentanti dei territori hanno chiesto delucidazioni rispetto alla campagna vaccinale e ai suoi sviluppi dopo le (non) decisioni di Aifa. Prendendo atto delle evidenze riportate da Ema, che aveva parlato ieri pomeriggio dei legame tra il vaccino anglo svedese ed i rarissimi eventi trombotici - parliamo di meno di cento casi a fronte di oltre 25 milioni di somministrazioni - l'Agenzia del farmaco italiano ne ha raccomandato l'utilizzo nella popolazione al di sopra dei 60 anni.
Nessuno obbligo, solo un'indicazione di preferenza, che almeno formalmente non dovrebbe cambiare nulla, ma che ha alimentato qualche perplessità nei governatori, preoccupati oltre che delle reazioni dei cittadini anche di quelle, eventuali, di chi è in prima fila nel combattere la pandemia. "Questo problema non lo vedo, il personale medico continuerà a vaccinare. Aifa ed Ema hanno confermato l’uso di AstraZeneca, ma hanno dato una indicazione preferenziale", spiega al Foglio Dario Manfellotto, direttore del dipartimento delle Discipline mediche dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma e presidente della Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi). "I medici potrebbero eccepire nella misura in cui ritengano clinicamente che un paziente non sia adatto a quel vaccino, non per altre ragioni".
Le notizie arrivate ieri però non hanno offerto nessuna indicazione particolare da questo punto di vista e lasciano ampio spazio di interpretazione. E infatti "manca un tassello", aggiunge Manfellotto. "Ema ed Aifa, dopo aver spiegato che esiste effettivamente un’associazione tra questo tipo di vaccino ed eventi trombotici, dovrebbero ora individuare e comunicare quali siano le categorie più esposte, in modo che i medici possano prendere le giuste decisioni. Per chi ha meno di 60 anni mi aspetto che vengano individuate chiaramente condizioni e specifici fattori di rischio - spiega ancora il numero uno di Fadoi – ma ripeto, per quel che vedo io, i medici sono pronti a fare il proprio dovere.
Tra la popolazione però le considerazioni potrebbero essere diverse. "Il problema principale è legato al fatto che i pazienti rifiutino AstraZeneca, siamo intorno al 40 per cento tra quelli a cui viene proposto. Ma è comprensibile alla luce delle diverse informazioni che sono arrivate in queste settimane", dice ancora al Foglio il presidente Fadoi. Un problema di messaggi sbagliati, prima di tutto. "C'è stata una comunicazione altalenante di cui sono responsabili l’azienda, le agenzie del farmaco, italiana ed europea, ma anche alcuni tra noi medici e tra i media. Parlare troppo di rischio calcolato e di benefici è stato un errore, perché evocando certi concetti, si crea una sorta di allarme, e la gente poi si pone dei dubbi legittimi".
Dalle corsie dell'ospedale agli studi di medicina territoriale la musica non cambia. "La volontà da parte nostra è quella di continuare le vaccinazioni anche con AstraZeneca. Ma la questione non riguarda i medici, riguarda i cittadini", risponde al Foglio il dottor Renzo Le Pera, vice segretario nazionale della Federazione italiana di medicina generale (Fimmg), uno dei sindacati di riferimento per la categoria. Quelle prese da Aifa "sono mezze misure, che non aiutano a fare luce e alimentano i dubbi. Si tratta di decisioni precauzionali, emotive, non tipiche delle medicina". Provvedimenti che insomma finiscono per produrre gli effetti opposti rispetto a quelli per cui erano stati presi, generando confusione e incertezza: "Non c'è un clima tranquillo, mentre io credo che in un momento del genere sarebbe necessaria maggiore chiarezza, misure senza compromessi", perché, continua Le Pera, il medico agisce all'"interno di un rapporto fiduciario, e questo modo di procedere finisce per minare quella fiducia". Con le conseguenze che vediamo, dall'emergere di istanze no-vax alle rinunce di molti cittadini a vaccinarsi o a rimandare in attesa di un altro tipo di farmaco, che sia Pfizer o Moderna: "Non si può chiedere alla gente di fare un calcolo probabilistico, poi succedono queste cose. Ribadisco che come medici di famiglia continueremo a vaccinare, ma chiediamo maggiore chiarezza".