Non ci sono 100 mln di dosi in più. Risposte al manifesto di Bassetti & co.
Nel documento inviato alle massime autorità del paese, il team di esperti di “The Italian Renaissance” cita tre canali attraverso cui fare questi acquisti diretti e immediati che però sono tutti errati o non percorribili.
Sul mercato internazionale sarebbero disponibili 100 milioni di dosi di vaccini anti Covid-19 che l’Italia dovrebbe acquistare immediatamente. E’ questo l’appello inviato al governo da “The Italian Renaissance Team against Covid-19”, sottoscritto da diversi esperti clinico-tecnico-scientifici tra cui spiccano i nomi più noti al pubblico televisivo di Matteo Bassetti, Maria Rita Gismondo e Fabrizio Pregliasco.
Nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi – e per conoscenza al ministro Speranza, al commissario Figliuolo e ai presidenti di Iss Brusaferro, Css Locatelli e Aifa Palù – il gruppo di medici afferma che il governo dovrebbe procedere all’“acquisto immediato diretto”, nel rispetto degli accordi europei, di “almeno 100 milioni di dosi” dei vaccini “disponibili e approvati da Ema e Aifa presenti sul mercato internazionale, direttamente dalle aziende produttrici o attraverso i distributori autorizzati e certificati”. L’annuncio degli esperti è tanto clamoroso quanto il piano è fumoso e incoerente.
Nel documento inviato alle massime autorità del paese, il team di esperti di “The Italian Renaissance” cita tre canali attraverso cui fare questi acquisti diretti e immediati: “Centinaia di milioni di dosi di AstraZeneca prodotte e disponibili presso l’impianto del Serum institute of India (Sii) validato e autorizzato da Ema entro fine aprile; scorte dello stesso vaccino presso siti di produzione e stoccaggio negli Stati Uniti ove il prodotto non è approvato da Fda e, qualora anche lo fosse, il governo ha già annunciato che continuerà a somministrare gli altri vaccini; paesi che avevano opzionato uno dei 4 vaccini approvati da Ema/Aifa disponibili e che, successivamente, hanno optato per scelte differenti; ecc.”. Escludendo il punto “eccetera”, che è il meno dettagliato, tutti gli altri sono errati o non percorribili.
Iniziamo dal Serum Institute of India, che produce lo stesso vaccino di AstraZeneca. L’unica informazione veritiera è l’imminente approvazione del sito da parte dell’Ema. Detto questo, l’acquisto diretto e immediato di dosi è impossibile per diversi motivi. Innanzitutto l’India ha bloccato l’export dei vaccini per privilegiare la domanda interna e questo ha comportato ritardi nelle consegne anche a chi un contratto già ce l’ha, come il programma internazionale Covax. Inoltre l’ispezione dell’Ema rientra nelle trattative europee per far sì che le dosi prodotte nello stabilimento indiano possano essere utilizzate per fornire l’Ue colmando così i ritardi di AstraZeneca. In tal senso, il portavoce della Commissione europea ha affermato che l’accordo di acquisto anticipato (Apa) che l’Ue ha stipulato con AstraZeneca consente la produzione anche in siti produttivi extraeuropei purché autorizzati dall’Ema. Pertanto il Serum ora rifornisce l’India, deve poi pensare agli arretrati del contratto con Covax e, al limite, può compensare il contratto europeo. Non ci sono dosi “extra” disponibili: se l’Italia stipulasse un nuovo contratto dovrebbe mettersi in coda.
Passiamo ora agli Usa. E’ vero che la Fda non ha ancora approvato il vaccino di AstraZeneca e che ci sono milioni di dosi ferme nei magazzini. Ma dovrebbe essere altrettanto noto – come abbiamo più volte ricordato sul Foglio – che, sia prima con Trump sia ora con Biden, gli Usa hanno imposto un blocco all’export. Le autorità americane hanno più volte ribadito l’intenzione di valutare l’autorizzazione all’export dei vaccini solo dopo aver vaccinato l’intera popolazione e, in ogni caso, solo per aiutare paesi a medio-basso reddito, escludendo quindi possibili forniture all’Unione europea. Ma anche nel caso in cui dovesse cadere questo veto, le dosi sono di AstraZeneca e quindi verrebbero usate per rifornire l’Unione europea e compensare i tagli nelle consegne. Non c’è poi la possibilità che l’Italia stipuli un nuovo contratto con AstraZeneca, perché violerebbe i termini dell’Apa europeo.
Arriviamo poi all’ultimo punto: i paesi che avevano opzionato uno dei quattro vaccini approvati ma che poi hanno optato per scelte differenti. Il riferimento è talmente vago che rendere impossibile una valutazione della fattibilità. Quali paesi? Quante dosi opzionate? E di quali vaccini? Se si tratta di paesi europei, la redistribuzione delle dosi inoptate avviene sempre a livello europeo e mai per iniziativa del singolo stato.
Infine, tralasciando gli “acquisti diretti” dalle aziende (che violerebbero i termini dell’accordo comune europeo), quanto al riferimento a “distributori autorizzati e certificati” tutte le case farmaceutiche produttrici (Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson) hanno sempre negato categoricamente l’esistenza di questo canale. “Nell’Unione europea, le dosi vengono fornite direttamente ai governi secondo i termini dell’accordo di fornitura con la Commissione europea. Nessun vaccino Pfizer/BioNTech è disponibile tramite intermediari in questo momento”, dice Pfizer. E così anche le altre aziende. Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha più volte messo in guardia dai presunti intermediari che potrebbero essere truffatori o vendere prodotti contraffatti.
Si spera che il governo prenda in considerazione questo piano da cento milioni di dosi solo dopo che il team clinico-tecnico-scientifici di “The Italian Renaissance” avrà fornito ulteriori dettagli che adattino le intenzioni alla realtà. Perché per il momento pare proprio che sia stato elaborato con il metodo inverso.
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