Cattivi scienziati
Sorpresa! L'Italia è all'avanguardia nella ricerca sui vaccini a Rna
La tecnologia biomedica evolve, Pfizer e Moderna sono il simbolo della rivoluzione. Siamo solo all'inizio: sarà fondamentale sostenere gli sforzi della nostra avanzata comunità scientifica
Recentemente, si è appreso dai giornali dell’interesse del governo per cercare di portare in Italia la tecnologia dei vaccini a Rna. Credo sia una buona mossa, perché si tratta di un settore che, dopo decenni di sviluppo scientifico, ha iniziato a dimostrare le sue possibilità applicative in occasione di questa epidemia. Tuttavia, non bisogna pensare che quanto realizzato da Moderna, Pfizer/BioNTech e Curevac sia il culmine dello sviluppo della tecnologia degli Rna messaggeri in ambito biomedico; al contrario, siamo appena all’inizio, anche nel ristretto settore delle applicazioni ai vaccini. Di seguito, mi propongo di illustrare quali sono alcuni sviluppi possibili, limitandomi al settore dei vaccini e partendo da ciò che si è già realizzato in ambito di ricerca.
Cominciamo dagli avanzamenti possibili per semplificare la produzione dell’ingrediente attivo dei vaccini in questione, cioè l’Rna messaggero. Su queste pagine, ho descritto quanto sia al momento complesso questo passaggio, che costituisce uno dei fattori limitanti per la tecnologia, insieme al successivo passaggio di produzione dei liposomi per l’incapsulamento. Ebbene, da molti anni i ricercatori hanno sviluppato su piccola scala dei prototipi di Rna vaccinali in grado di autoreplicarsi nei reattori di produzione, sfruttando un enzima ricavato da un virus innocuo, che viene aggiunto a una opportuna miscela di reazione (in generale una Rna polimerasi di particolari virus chiamati fagi). Gli Rna disegnati di interesse possiedono l’informazione necessaria per autoreplicarsi nei famosi bioreattori utili alla produzione, evitando così di dover utilizzare cellule, virus o Dna per ottenere il prodotto desiderato.
Questi Rna cioè si autoreplicano se sono messi in presenza dei reagenti opportuni in condizioni facilmente industrializzabili, e sono perciò noti come “self-amplifying Rna”, o saRna. Purché l’ambiente sia ben controllato per evitare la degradazione spontanea dell’Rna ottenuto (come del resto vale per gli attuali impianti di produzione), questa tecnologia elimina la necessità di molti passaggi preliminari e reagenti oggi necessari. Si tratta di un esempio di semplificazione produttiva; ma dal punto di vista di miglioramento delle qualità immunogeniche del prodotto, è stata anche dimostrata la fattibilità di vaccini a Rna che inducono la produzione di più di un antigene. Per intenderci: tutti i vaccini a Rna attuali portano alla produzione della sola proteina Spike del coronavirus; in realtà, utilizzando Rna opportuni, detti policistronici, è stato già dimostrato per altri virus, come quello dell’influenza, che è possibile ottenere vaccini che comportano la produzione di più antigeni virali, con la possibilità di ottenere prodotti più efficaci e più difficilmente aggirabili dal virus attraverso mutazione.
Non basta: sappiamo tutti che uno dei problemi dei vaccini a Rna di prima generazione consiste nel fatto che sono poco stabili, sia agli sbalzi di temperatura sia alle vibrazioni meccaniche. Per questo, i ricercatori hanno sviluppato una formulazione a cristalli liquidi, in cui i liposomi vaccinali sono ingabbiati in una struttura cristallina ottenuta da reagenti semplicissimi – acetato di zinco e metil-imidazolo. Questa struttura è molto stabile alla temperatura e non risente di stress meccanici; quando il vaccino deve essere rigenerato, poi, è sufficiente aggiungere un reattivo che sequestra lo zinco, come del banale Edta, perché si riottenga la solubilizzazione dei liposomi nella forma iniettabile che conosciamo oggi. Per ora, non ci sono ancora state sperimentazioni in vivo, in cui la sospensione risolubilizzata sia stata iniettata; ma il concetto è molto interessante, ed è solo una delle strade che si stanno battendo per migliorare le proprietà di trasporto dei vaccini in questione.
Ora, chi vive in Italia potrebbe pensare che questi avanzamenti della ricerca avvengano in altri continenti, se non su altri pianeti scientifici; in realtà, come posso testimoniare per il fatto di aver lavorato proprio nel settore della chimica e delle applicazioni biologiche di acidi nucleici, l’Italia è sorprendentemente all’avanguardia nel settore delle applicazioni degli oligonucleotidi, con una comunità di ricercatori dedicata che va dalla chimica organica fino alla biomedicina. Non per nulla, i vaccini a Rna autoreplicanti e ad antigene multiplo contro il virus dell’influenza sono stati sviluppati, testati in animale e pubblicati da ricercatori italiani già nel 2016. Se il governo ha intenzione di posizionare l’Italia nel settore della biomedicina a Rna, può contare su una ristretta ma avanzata comunità di scienziati, i quali oltretutto sono da sempre in contatto con i loro omologhi europei; e non è un caso che da almeno un decennio in Italia si testino vaccini a Rna, per esempio contro il cancro. Dunque diamoci una mossa; forse questo è il momento in cui raccogliere i frutti degli sforzi dei ricercatori e delle (poche) aziende che ci sono, perché il nostro paese possa fare qualcosa di utile per sé e per gli altri.