Divergenze parallele
Coprifuoco alle 22 o alle 23? Confronto Cartabellotta-Crisanti
Per capire se la misura serva a frenare i contagi e se sia davvero il momento giusto per riaprire il paese, abbiamo chiesto un parere al presidente della Fondazione Gimbe e al professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova
Nonostante la proroga del coprifuoco alle 22 sia ormai decisa, Matteo Salvini continua a criticare il governo – che pur sostiene – sul punto. Anche Forza Italia, per voce della ministra Maria Stella Gelmini, ha tentato di annacquare la misura annunciando una linea morbida sul coprifuoco, lasciando intendere che si potrà rimanere al ristorante fino alle 22 per poi tornare a casa senza essere sanzionati. Ma il Ministero dell’Interno ha smentito: bisogna tornare alla propria abitazione entro le 10 di sera.
Per capire se il coprifuoco serva a frenare i contagi, e se questo sia davvero il momento giusto per riaprire il paese, abbiamo chiesto per “Divergenze Parallele” un parere a due esperti: Nino Cartabellotta (presidente della Fondazione Gimbe) e Andrea Crisanti (professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova).
È favorevole o contrario alla proroga del coprifuoco alle 22?
Cartabellotta - Assolutamente favorevole al mantenimento del coprifuoco in questa fase della pandemia, ma per coerenza con le riaperture programmate sarebbe una decisione di buon senso estenderlo alle 23, ovviamente potenziando i controlli. Questo potrebbe stemperare le tensioni tra forze di maggioranza e tra Governo e Regioni che si stanno avvitando su una questione non dirimente, ovvero quella dell’orario del coprifuoco.
Crisanti - Io fondamentalmente sono contrario a queste riaperture perché ritengo che non ci siano i numeri per giustificarle. Bisogna inoltre capire qual è l’impatto del coprifuoco, perché fino a ora è stato comunicato male: il virus si trasmette la sera come fa la mattina, ma limitare le ore serali diminuisce la probabilità che una persona infetta ne incontri un’altra suscettibile. L’indice di trasmissione ha un valore probabilistico e le riaperture hanno un impatto sull’indice Rt. Cerchiamo di limitare i danni.
Quale è la ratio sanitaria del coprifuoco serale, a suo parere?
Cartabellotta - È una misura anti-assembramento che, riducendo la mobilità e le interazioni sociali, diminuisce la probabilità del contagio, in particolare nelle fasce di popolazione più giovani che, oltre ad avere le maggiori occasioni di socialità, saranno gli ultimi a essere vaccinati. Rappresenta in generale uno strumento che, dal punto di vista sociale, guida la popolazione a rispettare le regole, anche perché la sua violazione è sanzionata. Rispetto ad altre misure per contenere la diffusione del virus, ha infine un grande vantaggio: l’estrema semplicità di applicazione.
Crisanti - Ridurre la probabilità del contagio, come dicevo. Siccome il virus si trasmette a tutte le ore, avere un turno solo al ristorante invece di due ha un impatto positivo. Partendo dal presupposto che io non avrei riaperto proprio i ristoranti.
Ritiene che il coprifuoco sia un’arma fondamentale contro il contagio, oppure è in secondo piano rispetto ad altre regole in vigore?
Cartabellotta - Gli studi pubblicati nell’era Covid su questo tema sono pochi e dimostrano un effetto modesto del coprifuoco nel ridurre il valore dell’indice Rt sino al 10-15%. I risultati sono molto eterogenei, sia perché condotti in contesti differenti da un punto di vista geografico, epidemiologico e sociale, sia perché il coprifuoco non è mai applicato come unica misura ed è di fatto impossibile “scorporarne” gli effetti da quelli di altre misure restrittive. Ovvero, anche se i presupposti del coprifuoco sono ineccepibili è molto difficile produrre evidenze scientifiche di elevata qualità. In ogni caso: absence of evidence is not evidence of absence (l’assenza di evidenza scientifica non è uguale all’evidenza di assenza di un effetto, ndr).
Crisanti - Il coprifuoco è efficace: se io tengo aperto un ristorante a pranzo e a cena, riducendo di un’ora l’apertura grazie al coprifuoco serale il rischio di contagiarsi nei locali potrebbe ridursi del 20-25%. Ipotizzando che a pranzo e a cena l’afflusso sia lo stesso e si corra il medesimo rischio di contagiarsi.
Crede sia il momento giusto di riaprire gradualmente alcune attività, soprattutto quelle all'aperto? Se no, quale livello di contagio dovremmo ritenere sostenibile per riaprire?
Cartabellotta - In questa fase è impossibile stabilire “numeri magici”. Il Decreto Riaperture, con il suo “rischio ragionato” è indubbiamente una decisione politica sul filo del rasoio se guardiamo ai dati della pandemia e alle coperture vaccinali, ma al tempo stesso un coraggioso atto del Governo per rilanciare numerose attività produttive e placare le tensioni sociali. Tuttavia, si affida (e si fida) molto alla responsabilità dei cittadini: è chiaro che se le graduali riaperture saranno interpretate come un “liberi tutti”, una nuova impennata dei contagi rischia di bruciare la stagione estiva.
Crisanti - Se noi avessimo riaperto nelle stesse condizioni in cui lo ha fatto il Regno Unito sarei più tranquillo. Quindi poche decine di morti al giorno e un’alta quota di vaccinati. In Italia siamo però ancora circa tre mesi indietro dal Regno Unito.
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