Cattivi scienziati
Tradita, con la biodinamica, la missione sociale dell'università
Scambiata, confusa e svenduta con l'idea del supermercato delle idee. Come l'astrologia agricola. Ma in ballo stavolta ci sono soldi pubblici
Un doppio tradimento. Non si può definire con altre parole quanto dichiarato da un professore universitario ordinario in una nostra università, che in una sua mail, giunta in mio possesso, pur essendo ben conscio del fatto che la biodinamica sia un cumulo di sciocchezze (diciamo che ha usato un termine molto peggiore di questo), invita i colleghi ad anticipare prima che lo facciano altri i numerosi bandi di finanziamento che ritiene giungeranno per la ricerca nel settore, preparando futili progetti per valutare l’attività dei preparati biodinamici in questo o quel suolo.
Tradimento doppio perché, in sostanza, qui si tradisce il committente, cui si promette una ricerca che si sa non porterà a nulla, ma anche il cittadino, perché gli si fanno spendere soldi su qualcosa che ben si sa non essere utile se non alle casse del proprio gruppo di ricerca.
Ora, io non so quanto questo atteggiamento sia diffuso, magari stimolato dalla cronica mancanza di finanziamento alla ricerca di base; tuttavia, è evidente che meccanismi come questi possono ben favorire l’ingresso nelle aule e nei dipartimenti scientifici di ciò che al massimo dovrebbe interessare gli etnologi e i filosofi, oppure – secondo il caso – i magistrati e le associazioni di tutela dei consumatori. Bisogna anzi considerare che in realtà abbiamo già la biodinamica e le connesse teorie pseudoscientifiche all’interno delle aule e dei laboratori universitari: oltre ai progetti di ricerca che ho citato come esempio nel precedente articolo, celebrando la nascita di una società scientifica dedicata alla biodinamica (con il solito Carlo Triarico tra i fondatori), un articolo riferisce di come “sulla biodinamica, dalla fine degli anni Novanta, sono stati attivati progetti di ricerca, lezioni, master, borse di ricerca, dottorati di ricerca in diverse università italiane e soprattutto nelle università di Firenze, Federico II di Napoli, Bologna, Salerno, Basilicata, Politecnica delle Marche, Urbino, Catania”. Io non so quanto ci possa essere di esagerato o di falso in affermazioni come queste, e sono anzi incline a pensare che esse siano vere, visto che almeno per qualche università (come quelle di Firenze e di Napoli) ho potuto verificare, ma vorrei sapere di tanta scienza prodotta dagli anni Novanta nelle università italiane cosa resta. Mi chiedo, poi, come nella stessa università, e nello stesso corso di laurea, si possano insegnare a uno studente corbellerie simili a quelle che ho riportato per chimica e biochimica, insieme con le reazioni di sostituzione nucleofila o il funzionamento di Crispr.
Mi chiedo perché, sotto lo schermo della libertà di ricerca, debba tollerarsi anche che soldi pubblici siano spesi, magari nello spirito della mail che ho citato in apertura, da professori di disinvolta morale e notevoli credenziali, e mi chiedo anche come possa la libertà di insegnamento essere compatibile con sciocchezze vendute come fondate su solida evidenza, ma in realtà basate su pseudoscienza e magia ad allievi ignari giunti per imparare i contenuti e i metodi delle scienze.
La risposta, probabilmente, sta ancora una volta in un tradimento: nel tradimento cioè della missione sociale dell’Università, scambiata, confusa e svenduta con l’idea del supermercato delle idee, ove a fronte di una domanda del pubblico (sapientemente indotta da chi è bravissimo a tutelare il proprio tornaconto), ci si trasforma e si offre qualunque cosa, senza un minimo di remore e anche, tutto sommato, vendendosi per poco.
E dunque, ben certo che a nulla servirà se non a guadagnarmi qualche ulteriore insulto dai seguaci della setta di Steiner, io accuso le università per venire meno al proprio ruolo, e accuso ancora i ministeri per non vigilare ove vanno i finanziamenti che sarebbero destinati alla ricerca scientifica, e accuso infine i professori coinvolti in questo gioco per aver deciso di seguire convenientemente l’ultima moda intellettuale oppure per essere addirittura irrimediabilmente irretiti dalle sirene verdi di un mito falso.