Cattivi scienziati
No, l'arnica no
Vi prego, lasciamo fuori la psuedoscienza dall’emergenza che stiamo vivendo
Finalmente, anche io come tantissimi cittadini ho potuto avere la mia prima dose di vaccino: il cambio di passo della campagna è stato tale, da rispettare le previsioni che feci a gennaio – cioè che se tutto avesse funzionato in maniera decente, considerata la priorità delle fasce più a rischio io sarei stato vaccinato a giugno. Tutto bene, quindi? Bene, ma non benissimo. A fronte di una prenotazione informatica gestita in maniera impeccabile, di un ottimo lavoro da parte della protezione civile, di una buona organizzazione generale del centro vaccinale e di un eccellente e professionale lavoro dei medici e del personale sanitario tutto, appena ricevuta la mia dose da una solerte infermiera ho avuto una sgradevole sorpresa. La signora in questione, difatti, ha cominciato come suo dovere a recitare le raccomandazioni che si danno usualmente a chi ha ricevuto il vaccino (Pfizer, nel mio caso), partendo però da un’indicazione sorprendente: quella di utilizzare arnica se avessi sperimentato qualche dolore o infiammazione locale.
Ora, per chi non lo sapesse, l’arnica montana è una graziosa piantina, molto amata dai fitoterapisti per le sue supposte virtù antinfiammatorie (e sin qui, passi), ma soprattutto dagli omeopati. Qualche annetto fa, si ricorda in merito la ritrattazione di un lavoro di un luminare nostrano dell’omeopatia, il quale sosteneva con passione le virtù dei preparati omeopatici di arnica; costui, che lamentava i conflitti di interesse di chi spingeva per i vaccini (ben prima del Covid), ebbe ritrattato il lavoro non solo per gli evidenti problemi in quanto a dati e metodi, ma anche per non aver dichiarato i propri, di interessi, visto che nel lavoro non si dichiarava che il principale autore era finanziato da Boiron proprio per ricerche sull’Arnica montana, oggetto del lavoro in questione.
Ora immaginate la mia sorpresa, nell’apprendere da un professionista sanitario che avrei dovuto sedare eventuali dolori al braccio o altri piccoli fastidi conseguenti alla vaccinazione utilizzando proprio arnica, magari nella sua forma più venduta, cioè come preparato omeopatico. Sorpresa doppia, perché essendo io un soggetto allergico a pollini e graminacee, nel caso invece avessi dovuto utilizzare una forma in cui sia presente qualcosa di diverso, oltre agli eccipienti dinamizzati della stregoneria omeopatica, allora avrei dovuto usare un prodotto fitoterapico noto per indurre ipersensibilizzazione fin dagli anni 70 del secolo scorso, e cross-reattivo con diverse composite. E cosa sarebbe successo, se dopo il vaccino Pfizer, avendo assunto Arnica mi si fosse scatenata una reazione allergica? Indovinate a cosa sarebbe stata attribuita?
Il tutto, naturalmente, senza uno straccio di dato solido sul fatto che Arnica sia indicata per alcunchè dopo la vaccinazione, ma semplicemente sulla base delle molte chiacchiere e voci cui danno fiato soprattutto gli omeopati in proposito. Ho naturalmente reso ben chiaro il mio sgomento all’infermiera, che anziché desistere insisteva; e proprio da questa insistenza ne ho tratto l’impressione di non essere stato certo né il primo né l’ultimo a cui la professionista ha dato un’indicazione priva di fondamento scientifico, con una decisione tale da non consentire repliche a chi, privo della preparazione specifica del sottoscritto, non può immaginare di stare ricevendo in quel contesto un’indicazione che alleggerirà al massimo il suo portafoglio, senza che il decorso post vaccinale vari di una virgola. Magari, anzi, chiunque avrà dato retta alla signora in questione, oppure ad altri suoi colleghi, sarà stato anche contento di constatare che, dopo sole 24 ore dall’applicazione di arnica omeopatica, il braccio sarà risultato non più indolenzito; effetto che comunque si sarebbe verificato, ma che sarà immancabilmente attribuito da tanti al preparato assunto.
Ora, il problema non sta in una singola infermiera o nello specifico episodio, tanto più che la stragrande maggioranza del personale impegnato nelle vaccinazioni si è attenuto alle linee guida; il problema è che questo tipo di comportamenti e le relative convinzioni sono molto diffusi, alimentati ad arte e favoriti da chi, pur conoscendo bene la verità, anche dall’interno delle istituzioni di governo e degli ordini professionali propaganda pseudoscienza medica, che si tratti di omeopatia, altre cosiddette medicine complementari, integratori e perfino farmaci, raccomandati spesso anche in presenza di evidenze deboli. Per cui se, alla prossima pandemia qualcuno dovesse raccomandarci l’adozione di preparati ayurvedici per tener lontano un virus, come certi ministeri di altri paesi già fanno, non saremo arrivati altro che alla logica conclusione del percorso su cui ci siamo incamminati.