Il Foglio Salute
Il piano sanitario dell'Unione europea
Vaccini, risposta alle emergenze e programma Hera. L’impegno della Commissione
Comprendere al meglio il piano sanitario dell’Unione e l’impegno della Commissione europea è fondamentale per avere uno sguardo lucido sul futuro. Ne parliamo con Massimo Gaudina che è alla guida della Rappresentanza della Commissione europea a Milano.
In seguito al Global Health Summit e alla sottoscrizione della Dichiarazione di Roma, per la prima volta i leader del G20, la Commissione europea e la Presidenza del Consiglio hanno sostenuto un vertice a tema sanitario. Considerando le attività della Commissione, come si traduce nel contesto europeo?
Il Global Health Summit costituisce una pietra miliare nella collaborazione sanitaria internazionale per molti motivi. Non soltanto perché sono state prese alcune decisioni molto pragmatiche e sostanziose, come il miliardo di euro stanziati dall’Ue per la produzione vaccinale in Africa, il rafforzamento di Covax, o la rinuncia a buona parte dei profitti da parte delle case farmaceutiche, ma anche perché è emerso un consenso convinto sulla necessità di un approccio multilaterale alle emergenze sanitarie: per combattere una pandemia, gli approcci nazionali o protezionistici possono solo dare risposte parziali o addirittura controproducenti. La “diplomazia dei vaccini” come strumento di politica estera può corrispondere all’interesse nazionale di qualche superpotenza solo nel breve periodo, ma non può vincere una pandemia. Perché ognuno di noi sarà al sicuro soltanto quando tutto il mondo lo sarà. Quindi, è una battaglia che si vince con un approccio di cooperazione, non di competizione. Se a livello mondiale questo principio sta finalmente emergendo, a livello europeo è stato perseguito sin dall’inizio : la strategia europea dei vaccini, alla quale hanno aderito tutti i 27, si basava proprio su questo sforzo congiunto. Una sola strategia, un solo negoziato a nome dei 27 con ciascuna casa farmaceutica, e per il futuro la nuova iniziativa “Unione della sanità” che avrà lo scopo di rafforzare la cooperazione tra i paesi e le agenzie europee di fronte a future possibili minacce.
Considerando il PNRR e la Dichiarazione di Roma, quale può essere il rapporto e la sinergia risultante dalla loro implementazione?
La Dichiarazione di Roma contiene principi generali che dovranno ispirare i leader mondiali di fronte a minacce sanitarie globali: approccio multilaterale, sostegno ai paesi a basso reddito, investimenti nella sanità e nel personale medico, e molto altro. Il Next Generation EU con la sua Recovery and resilience facility è invece uno strumento a disposizione dei singoli paesi europei per sostenerne la ripresa e la resilienza, attraverso piani nazionali (PNRR) di investimenti e riforme. I piani sono preparati dai paesi stessi e devono mettere al centro il green, il digitale, la coesione sociale e le riforme di cui ogni paese necessita prioritariamente. La sanità è uno dei settori in cui diversi paesi hanno proposto di intervenire. E’ evidente che il concetto di sviluppo sostenibile intreccia la salute delle persone, la salute del pianeta e lo stato di salute dell’economia e della società: ecco perché il Green deal europeo, il Next Generation EU e le azioni in campo sanitario sono strumenti complementari.
A fine 2021 verrà presentata la proposta legislativa per il programma Hera. Quali sono le prime tappe che Hera dovrà affrontare al suo lancio, nel 2023?
Uno dei motivi che hanno permesso agli Usa di rispondere inizialmente più rapidamente dell’Europa, in termini di sviluppo dei vaccini, è stata proprio l’esistenza di un’agenzia unica, il BARDA (Biomedical Advanced Research and Development Agency). L’Europa ha poi recuperato il ritardo rispetto agli Usa in termini di vaccinazioni, ma tra le lezioni che abbiamo appreso dalla pandemia, una riguarda proprio la necessità di creare un simile organismo anche nell’Ue. L’Hera vuole essere proprio questo: una “Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie”, che costituirà una struttura permanente per la sorveglianza, i trasferimenti di tecnologia, la mappatura dei rischi legati alla capacità produttiva e alla catena di approvvigionamento di vaccini e farmaci, oltre che la loro ricerca e sviluppo. L’Autorità permetterà di superare le carenze strutturali nella preparazione sanitaria e nella capacità di risposta alle emergenze. Si concentrerà sulle tecnologie biomediche emergenti, che potranno essere replicate su ampia scala per applicazioni concrete in situazioni di crisi. L’Hera collaborerà con l’industria, gli esperti scientifici, il mondo accademico e le organizzazioni di ricerca clinica: una nuova collaborazione pubblico-privata europea ad ampio raggio in campo biomedico, per essere più attrezzati alle prossime possibili emergenze. Una proposta legislativa sarà presentata verso la fine dell’anno.
La cooperazione pubblico-privata promossa con Hera può essere considerata un’iniziativa pilota volta alla creazione di una agenzia europea nel campo della bio-difesa?
In attesa di questa nuova autorità Hera, la Commissione ha già avviato una serie di azioni che contribuiranno a dar forma alla nuova agenzia, come l’incubatore Hera. Il suo compito è quello di rilevare rapidamente e studiare nuove varianti da Covid-19 e, altrettanto rapidamente, di preparare vaccini adattati, attraverso la rete europea di test clinici, VACCELERATE. L’obiettivo è quello di garantire che i siti di sperimentazione, anche per questi vaccini “di seconda generazione”, siano disponibili in tutta Europa e che le procedure di autorizzazione siano ancora più rapide. Con il progetto “EU FAB”, Hera lavorerà inoltre all’aumento della produzione e alla rapida consegna di vaccini attraverso partenariati strategici pubblico-privati. Si potranno utilizzare gli accordi di acquisto anticipato esistenti (APA) e firmarne di nuovi, per supportare le aziende negli investimenti necessari a garantire un accesso rapido e la consegna di questi vaccini. Inoltre, per facilitare il controllo continuo della pandemia, l’incubatore Hera ha anche pubblicato una raccomandazione per supportare un approccio coerente all’uso del monitoraggio delle acque reflue per monitorare il Covid-19 e le sue varianti. E questi sono solo i primi passi.
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