Mix di rischi non ragionati su AstraZeneca
Governo e Cts trasformano il “non appare essere sconsigliabile” in un obbligo alla vaccinazione eterologa e impongono al buio decisioni volte a inseguire la cronaca. Storia del grande impazzimento sul vaccino di Oxford
La decisione del governo di sospendere l’uso del vaccino AstraZeneca anche per le persone al di sotto dei 60 anni di età che hanno già ricevuto la prima dose è l’opposto del principio del “rischio ragionato” evocato dal presidente del Consiglio Mario Draghi per le riaperture. Si basa, al contrario, sull’assunzione irragionevole di un rischio la cui entità non è nota: non ricevere più la seconda dose di AstraZeneca come previsto dai test clinici, bensì un vaccino a mRna, realizzando così un mix vaccinale non previsto da alcun protocollo scientifico né caratterizzato in nessuno studio clinico sinora. E’ bastata una circolare del ministero della Salute, con l’aggiornamento delle note informative dei vaccini da parte di Aifa, per fare carta straccia dell’approvazione da parte degli enti regolatori internazionali e anche del consenso informato firmato dai cittadini che, ben consapevoli dell’eventualità di rarissimi eventi avversi, hanno scelto di farsi somministrare un vaccino che ha seguìto determinate procedure di approvazione.
Senza alcuna novità scientifica di rilievo a giustificare il cambio di direzione, ma sull’onda emotiva di un drammatico caso di cronaca ancora da accertare, si decide di cambiare. E così centinaia di migliaia di persone che hanno fatto la prima dose si trovano a metà del guado, costretti a scegliere se rimanere con una sola dose oppure se completare il ciclo vaccinale con un metodo che non può che essere definito da apprendisti stregoni.
Perché quello che il governo sta facendo è costringere i cittadini ad abbandonare la vaccinazione approvata da un regolare iter autorizzativo per seguire, invece, un mix di vaccini – prima dose AstraZeneca e seconda Pfizer o Moderna – di cui nessuno ha evidenze solide circa rischi e benefici. Alle persone non viene data alcuna spiegazione ma, semplicemente, si chiede di fidarsi alla cieca: il metodo che gli è stato indicato finora come l’unico sicuro, quello delle sperimentazioni cliniche e dell’approvazione regolatoria, diventa improvvisamente irrilevante. Questo nonostante negli ultimi giorni l’Ema, l’autorità regolatoria europea, abbia ancora una volta ribadito che per AstraZeneca i benefici superano i rischi a tutte le età.
E come si può pretendere, a questo punto, di ottenere la fiducia dei cittadini, se nemmeno le autorità regolatorie e le procedure delle prove cliniche sono rispettate? Soprattutto se gli argomenti sono quelli forniti dal governo. Perché da un lato si dice che il vaccino AstraZeneca resta approvato, sia dall’Aifa sia dall’Ema, per tutti sopra i 18 anni e dall’altro si impone a chi ne ha ricevuto una prima dose di cambiare vaccino senza alcuna spiegazione scientifica o giustificazione razionale. Per quanto riguarda i fenomeni tromboembolici, infatti, parliamo di un rischio molto basso alla prima dose, ma soprattutto per quanto riguarda la seconda, stando a quanto scrive il Comitato tecnico scientifico (Cts) nel verbale che ora vieta l’uso di AZ sotto i 60 anni, questi eventi “sono meno frequentemente osservati: secondo stime provenienti dal regno Unito sono pari a 1,3 casi per milione, valore che corrisponde a meno di 1/10 dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose”. Dati in linea con quanto si osserva in Italia dove, al momento, per quanto riguarda tali eventi rari “non sono stati registrati casi dopo la seconda somministrazione” di AstraZeneca.
Avete letto bene: è proprio il verbale del Cts, sul quale si fonda la decisione del mix di vaccini, che sottolinea come la cosa non abbia giustificazione alcuna nell’eventualità di eventi avversi con la seconda dose.
Visto che questi eventi rarissimi corrispondono a un rischio di oltre 10 volte inferiore a quanto può accadere con la prima dose, il cui rischio è stato giudicato accettabile sulla base degli stessi dati disponibili oggi e presentati nel consenso informato che i cittadini firmano. E invece, a fronte di questo rischio associato alla seconda dose di AZ, noto per essere piccolissimo, cosa sappiamo del rischio associato al somministrare una seconda dose di un prodotto diverso? Sul mix con Pfizer e Moderna ci sono dati più solidi? Niente affatto.
E’ sempre il Cts che, citando alcuni studi preliminari su qualche centinaio di individui e non ancora pubblicati su riviste scientifiche, sostiene che siamo in terreno ignoto. “Benché – scrive – “i) tutti gli studi registrativi per i vari vaccini siano stati condotti utilizzando due dosi dello stesso vaccino”; benché “ii) non siano stati pubblicati, allo stato, studi che includono un elevato numero di soggetti”; e benché “iii) non siano disponibili studi randomizzati in cui il braccio di controllo è rappresentato da due somministrazioni del vaccino AstraZeneca” – nonostante e dopo tutti questi “benché” – per il Cts “si può affermare, sulla base delle evidenze di cui si dispone, che la vaccinazione ‘eterologa’ trova un suo solido razionale immunologico e biologico e non appare essere sconsigliabile né sul fronte della sicurezza (reattogenicità), né su quello della immunogenicità”.
Cioè prima si ammette che non vi è uno straccio di evidenza sperimentale solida per il cambio di vaccino, e poi si dice non che, nonostante tutto, ci si assume la responsabilità di una scelta, scommettendo su quel che in generale si sa sull’immunologia (il che sarebbe già grave, perché sarebbe l’abbandono della verifica sperimentale in favore di una teoria), ma si afferma che non c’è (o meglio, non “appare”) nulla a sconsigliare il cambio. E certo, ci mancherebbe! Se mancano i dati sperimentali, come appena sottolineato, in che modo ci potrebbe essere qualche elemento avverso? Con un assurdo salto logico e lessicale, Cts e ministero della Salute trasformano il “non appare essere sconsigliabile” in un obbligo alla vaccinazione eterologa.
Non si sa quali siano i fatti scientifici solidi e verificabili (non quelli di cronaca) intervenuti, da quando un paio di mesi fa, più precisamente il 7 aprile, in una conferenza stampa congiunta sul vaccino AstraZeneca il coordinatore del Cts Franco Locatelli diceva: “Non ci sono gli elementi per non considerare la somministrazione dello stesso vaccino in chi ha ricevuto la prima dose”; e il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini ricordava: “Il vaccino resta utilizzabile in tutte le fasce di popolazione e resta con un beneficio ampiamente favorevole rispetto al Covid”; e il direttore generale del ministero della Salute Gianni Rezza rassicurava: “Naturalmente è un vaccino che può essere somministrato a chiunque dai 18 anni in su. Su questo non c’è dubbio”. Cosa è cambiato nelle statistiche, nel livello di rischio, nel grado di incertezza? Perché le istituzioni, come banderuole al vento dell’emotività pubblica, cambiano direzione?
Infine, vorremmo ricordare un punto ulteriore, che proponiamo soprattutto a chi ha competenze giuridiche. La decisione di sospendere AstraZeneca anche per le seconde dosi impedisce ai cittadini di completare un ciclo vaccinale approvato in Europa e in Italia (il vaccino AstraZeneca resta autorizzato sia dall’Ema sia dall’Aifa per tutti i soggetti con più di 18 anni), senza che vi sia una decisione delle autorità regolatorie competenti, le quali nel caso dell’Ema si sono appena pronunciate contro ogni modifica rispetto a quanto approvato. Non solo: questa sospensione, imposta ai cittadini vaccinati in prima dose con AZ, dovrebbe dar luogo per loro alla diffusione di una profilassi vaccinale non sperimentata né approvata, sulla base non della valutazione approfondita di fatti nel frattempo intervenuti, ma di teorie (solide quanto si vuole, ma teorie). Si discrimina cioè chi ha avuto una prima dose di AZ, e ha prestato il proprio consenso informato alla somministrazione di due dosi di quel vaccino, sottoponendolo per decisione del governo a una procedura non autorizzata e dall’esito non documentato solidamente, senza che vi sia una ragione cogente – quale potrebbe essere, per esempio, l’indisponibilità delle seconde dosi di AZ. La decisione del governo ha tutte le caratteristiche di una violazione del diritto alla salute e, più specificamente, di accedere a terapie sperimentate e approvate.
Francamente, non si può che ritenere un puro e speriamo passeggero impazzimento questo modo di procedere da parte delle autorità sanitarie. E non si può non ammettere che in questo caso i responsabili della perdita di fiducia nella scienza e nelle istituzioni non sono i complottisti, le fake news o gli svitati antivaccinisti, ma il governo e le autorità regolatorie che impongono alla cieca ai cittadini decisioni irresponsabilmente volte a inseguire la cronaca invece della ragione scientifica. L’esito di un governo che è partito parlando di “rischio ragionato”, ma poi è finito a rincorrere il panico e l’emotività.
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