L'Europa doni i vaccini AstraZeneca al resto del mondo
I paesi europei, Italia inclusa, hanno praticamente deciso di non usare più il vaccino di Oxford: nei prossimi mesi accumuleranno scorte per decine di milioni di dosi. Perché l'Ue non le dona ai paesi poveri che ne hanno più bisogno?
Con il miglioramento del quadro epidemiologico l’Italia, come tanti altri paesi europei, ha deciso di sospendere l’uso del vaccino AstraZeneca agli under 60. Considerando che resta circa un 15% di anziani da raggiungere con la prima dose (2,8 milioni di over 60) e che molti vengono vaccinati con Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, vuol dire che in pratica l’Italia ha deciso di non usare più AstraZeneca. Già nell’ultima settimana c’è stato un crollo, quasi un azzeramento, del suo utilizzo. A oggi, su 9,6 milioni di dosi consegnate ne abbiamo usate 6,4 milioni: una su tre è in frigo. Ci sono buone ragioni per andare in questa direzione, dato che c’è e ci sarà disponibilità di altri vaccini. Anche molti altri paesi europei si sono mossi nella stessa direzione e, nel medio termine, la Commissione europea ha deciso con i suoi acquisti di puntare sui vaccini a mRna non rinnovando il contratto con la casa farmaceutica anglo-svedese.
Al momento, secondo i dati dell’European Centre for Disease prevention and Control (Ecdc), nei paesi dell’Unione europea sono state consegnate 66 milioni di dosi del vaccino di AstraZeneca e ne sono state somministrate 49 milioni, il 74%. E questo rapporto è, ovviamente, destinato a scendere per via della riduzione dell’utilizzo e dell’aumento delle consegne previste: la casa farmaceutica, da contratto, deve consegnare altre 230 milioni di dosi. Nella causa intentata contro l’azienda farmaceutica, la Commissione europea ha giustamente preteso che AstraZeneca rispettasse il contratto, consegnando almeno 120 milioni di dosi (su 300 totali) entro giugno. Ovvero 50 milioni di dosi in più rispetto a quelle finora consegnate. Il Tribunale di Bruxelles ha dato ragione all’Ue, ma ha imposto all’azienda un target più basso: arrivare a 80 milioni di dosi entro settembre. Siccome finora AstraZeneca ha consegnato 70 milioni di dosi (un po’ di più rispetto ai 66 milioni conteggiati dall’Ecdc, che aggiorna i dati non in tempo reale), sarà semplice rispettare la scadenza: la quota di 80 milioni verrà superata entro giugno.
Ciò vuol dire che d’ora in poi i paesi dell’Ue continueranno ad accumulare scorte del vaccino di Oxford per decine di milioni di dosi. Per stare solo all’Italia, da contratto dovrebbe ricevere entro la fine dell’anno altri 30 milioni di dosi, che si sommeranno ai 3 milioni ora in magazzino. Secondo le stime del commissario Figliuolo, date le consegne di Pfizer, che è il principale fornitore, l’Italia avrà una quantità di vaccini sufficiente a raggiungere l’obiettivo di immunizzare l’80% della popolazione vaccinabile entro settembre. Dato che dovremo raggiungere la popolazione più giovane, vuol dire che di fatto non useremo più AstraZeneca (se non per qualche richiamo e pochi anziani).
Ma se questi sono la strategia vaccinale e lo scenario a breve e medio termine, perché l’Ue non si impegna a donare i vaccini AstraZeneca ai paesi che nel resto del mondo ne hanno più bisogno? È solo vaccinando tutto il mondo che proteggiamo noi stessi impedendo al virus di circolare, replicarsi e mutare. Finora il programma internazionale Covax è riuscito a consegnare appena 88 milioni di dosi, prevalentemente AstraZeneca, a 131 paesi generalmente poveri o in via di sviluppo. Al Global Health Summit l’Ue si è impegnata a donare 100 milioni di dosi entro fine anno (l’Italia ne donerà 15 milioni, ha annunciato il prenier Mario Draghi), ma visti i numeri in ballo e la posta in palio si può fare tanto di più e anche molto prima.