(foto Ansa)

cattivi scienziati

Basta chiacchiere: vaccinarsi protegge dalla variante Delta

Enrico Bucci

Breve rassegna degli studi e delle ricerche scientifiche sull’efficacia dei vaccini. Spoiler: funzionano tutti

A fronte della repentina diffusione della variante Delta, molto più infettiva delle precedenti, vale la pena di fare il punto su quello che sappiamo circa la capacità dei vaccini di offrire protezione da questa variante. In questo periodo, infatti, il virus è quello; i dati precedenti possono dirci quanti danni abbiamo evitato in passato grazie ai vaccini, ma è necessario chiedersi se ne eviteranno anche da oggi in avanti. Dobbiamo forse buttare via i prodotti che abbiamo, tirare i remi in barca e rassegnarci? I vaccini sono già stati battuti dalla variante Delta?

 

Di seguito, una breve ricapitolazione di quel che sappiamo. Tutti i vaccini proteggono contro gli effetti clinici pericolosi della variante Delta. Questa si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo, generando una serie di dubbi più o meno legittimi sull’efficacia dei vaccini contro Sars-CoV-2 a disposizione.
Dunque vediamo innanzitutto quali sono i dati aggiornati rispetto alla variante Delta, un vaccino per volta.

 

Cominciamo da quello Pfizer-BioNTech. Secondo un’analisi effettuata da Public Health England, due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech sono risultate efficaci per circa l’88 per cento contro la malattia sintomatica e per il 96 per cento efficaci contro il ricovero con la variante Delta. Lo stesso studio ha suggerito che il vaccino era efficace per circa l’80 per cento nel prevenire l’infezione. L’analisi si è basata sullo studio di 14.019 casi inglesi, fra cui 166 ospedalizzazioni. Vi è da dire che, anche nei casi di infezione sintomatica e di ospedalizzazione, questo studio ha riportato sintomatologia mediamente più lieve. Il Public Health England ha anche riportato in un diverso studio un’efficacia dell’88 per cento contro la malattia sintomatica due settimane dopo la seconda dose. In Francia, Scozia e Canada si sono ottenuti risultati sostanzialmente analoghi, e gli ultimi dati riportati dal Center for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti confermano l’ottima efficacia clinica del vaccino contro la variante Delta. Anche i dati di Israele riportano una buona copertura clinica; tuttavia, in questo paese, per ragioni ancora poco chiare, i dati di copertura dall’infezione (sintomatica e asintomatica) risultano notevolmente inferiori a quelli osservati in tutti gli altri paesi. La protezione offerta da Pfizer, anche contro la variante Delta, sembra inoltre durare almeno sei mesi, a giudicare dagli ultimi dati forniti dall’azienda attraverso un preprint

 

Più o meno gli stessi risultati sono stati forniti anche da Moderna per il suo vaccino: la protezione dalla malattia sintomatica persiste anche a sei mesi, e lo stesso studio canadese che ha mostrato la protezione dalla variante Delta per il vaccino Pfizer ha mostrato che una singola dose di vaccino conferisce una protezione del 72 per cento dalle infezioni sintomatiche; non vi erano dati a sufficienza per calcolare l’effetto di due dosi, ma è presumibile che esso sia allineato a quello di Pfizer.

 

Per quel che riguarda il vaccino di J&J, dati ad interim su un piccolo campione di sieri da 20 persone vaccinate, pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno mostrato che si trova un buon livello di anticorpi neutralizzanti contro la variante Delta sia 29 giorni sia otto mesi dopo la vaccinazione; tuttavia negli Stati Uniti il Center for Disease Control and Prevention sta riportando un numero di casi di infezione dopo il vaccino proporzionalmente più elevato dopo la singola dose di J&J, per cui almeno la protezione dalla reinfezione sembra essere diminuita (non così quella dagli effetti clinici peggiori).

 

Per quel che riguarda infine il vaccino di AstraZeneca, uno degli studi che hanno confermato l’efficacia di Pfizer contro la variante Delta ha confermato l’efficacia contro la malattia sintomatica anche per due dosi di questo vaccino, con differenze solo modeste rispetto a quanto osservato per la precedente variante Alfa. Per i prodotti testati, la trasmissibilità della variante Delta da parte dei vaccinati infetti è molto minore rispetto ai non vaccinati. La variante Delta, come è noto, ha capacità immunoevasive maggiori delle precedenti, nel senso che riesce a infettare in piccola percentuale anche i soggetti vaccinati. È difficile avere statistiche precise sul numero di soggetti vaccinati infetti, proprio perché gli effetti clinici in questa popolazione sono molto ridotti; tuttavia, vista la protezione misurata in termini di anticorpi neutralizzanti indotti dai vaccini e visti i primi dati di incidenza americani nelle popolazione vaccinata e in quella non vaccinata, le infezioni fra i vaccinati sembrano ridotte da 100 a mille volte, a seconda degli stati considerati. Infettarsi è la condizione necessaria per trasmettere; questa riduzione ancora molto efficace del numero di infezioni, quando sarà confermata e al netto della variabilità che si potrà osservare in contesti diversi, costituisce la prima barriera messa dai vaccini alla trasmissibilità della variante Delta.

 

La seconda barriera è costituita dall’abbassamento del tempo di infettività da parte dei soggetti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati: in uno studio condotto in Indonesia, per ora ancora sotto forma di preprint, i soggetti vaccinati, una volta infetti, hanno mostrato sì cariche virali nel naso paragonabili ai non vaccinati infetti, ma per soli circa tre giorni, a fronte di un periodo molto più lungo nei soggetti non vaccinati. Questo significa che i non vaccinati infetti possono diffondere il virus per un periodo molto più lungo, contribuendo così a propagarlo molto più efficientemente sia perché si infettano di più dei vaccinati, sia perché disperdono il virus nell’ambiente per una durata di tempo molto maggiore.

 

Conclusioni in breve. Per ora, i dati che vediamo convergono tutti in una ben definita direzione: i vaccini proteggono dalla variante Delta, e i benefici sono diminuiti solo in maniera molto modesta. Non sappiamo quanto questa protezione durerà, perché abbiamo solo i dati preliminari delle aziende, incoraggianti ma da confermare; quindi in molti paesi si sta valutando un richiamo ulteriore, dato che è già stata valutata l’efficacia di tale pratica nel ripristinare l’immunità eventualmente diminuita. A questo punto, come sempre durante questa pandemia, è necessario decidere con i dati che abbiamo: e questi sono univoci nell’indicare il vantaggio della vaccinazione rispetto all’attesa di tempi migliori. È ancora così, nonostante varianti immunoevasive emergeranno proprio a causa della costruzione dell’immunità di popolazione (con il vaccino o con l’infezione naturale); dunque non sprechiamo tempo, e diminuiamo la sua circolazione e i danni indotti finché possiamo.

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