Sugli obblighi vaccinali la Costituzione è rispettata in pieno
Il dilemma tra libertà individuali e ordini a tutela della salute pubblica è pericoloso (e falso: strumenti come il green pass permettono proprio di evitare l'obbligo)
Di fronte ai rischi cui la pandemia ha esposto la salute di tutti, le democrazie liberali hanno agito in più direzioni. Hanno sostenuto, con robuste iniezioni di spesa pubblica, le ricerche e le sperimentazioni volte all’individuazione di vaccini efficaci, da utilizzare su larga scala. Hanno imposto limitazioni generali all’esercizio di alcuni diritti, come la libertà di circolazione. E’ comprensibile che il condizionamento di quei diritti sollevi dubbi e obiezioni, nelle sedi istituzionali e in quelle scientifiche. Vi è, tuttavia, un limite da non superare. E’ quello di ricorrere ad argomentazioni fondate sull’assunto che ci si trovi davanti a un dilemma per il quale si danno soltanto due soluzioni, tra loro contrapposte, ossia la salvaguardia delle libertà individuali o l’accettazione dell’obbligo di vaccinarsi.
A ben vedere, si tratta di un falso dilemma. All’interno dell’Europa unita, diversamente da quanto accade altrove (in Cina, in Iran), le nostre libertà sono riconosciute e circondate da apposite tutele, anche giurisdizionali, ma vanno esercitate con modalità che non mettano a repentaglio la necessità di assicurare un adeguato livello di ordine nella vita sociale. Analogamente, nei paesi anglosassoni, la riflessione scientifica e la giurisprudenza delle corti superiori hanno da molto tempo elaborato il concetto di ordered liberty, in virtù del quale è richiesto lo scrupoloso rispetto di determinate procedure per poter limitare una libertà. Gli articoli 21 e 32 della Costituzione italiana forniscono altrettante ed eloquenti dimostrazioni di questa impostazione comune alle democrazie liberali. Il primo dispone che si possa imporre di rendere noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica, ma soltanto per legge e con norme di carattere generale, non caso per caso. Dal canto suo, l’articolo 32 stabilisce che possono essere introdotti trattamenti sanitari obbligatori, con un duplice vincolo: che ciò serva per tutelare la salute, vista come fondamentale diritto dell’individuo e interesse collettivo, e che a farlo sia la legge, non un decreto del governo o l’ordinanza di un’altra autorità pubblica.
Coerentemente con questa norma costituzionale, in passato sono stati disposti vari obblighi vaccinali, grazie ai quali sono state sconfitte malattie un tempo epidemiche, come la poliomielite. Non è, quindi, seriamente sostenibile che la Costituzione sia violata dalla previsione di obblighi di vaccinazione, come quello imposto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 44 del 2021 a carico degli esercenti delle professioni sanitarie, in considerazione di un’emergenza epidemiologica e comunque non oltre la fine di quest’anno. Insomma, l’esistenza d’una valida giustificazione in rapporto al diritto alla salute – l’unico espressamente qualificato come “fondamentale” dalla Costituzione – è corredata dalla previsione d’un termine. L’alto livello di adempimento dell’obbligo da parte dei medici italiani mostra che essi hanno ben compreso che non si tratta di norme arbitrarie, né destinate a durare da qui all’eternità.
Anche quanti sottolineano a gran voce le minacce per le libertà che deriverebbero dalla necessità di esibire il cosiddetto green pass incorrono in un errore. L’essere richiesti di esibire un certificato non è la conseguenza di un obbligo, né ha natura discriminatoria. Non deriva da un obbligo, perché si tratta di soddisfare il requisito prescritto dalla legge per poter esercitare un determinato diritto. Per esempio, chiunque abbia il diritto di seguire un determinato evento culturale o sportivo, avendo acquistato il relativo biglietto, non ha anche il diritto di esporre gli altri al rischio del contagio. In ciò, manifesta la sua perdurante attualità l’aureo principio fissato dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, nel 1789: “la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri”. Non vi è nemmeno una discriminazione, dal momento che si può attestare l’avvenuta vaccinazione o un’altra circostanza, come la guarigione dal Covid-19 o l’esito negativo d’una acconcia verifica. Dunque, è proprio il ricorso a strumenti di questo tipo che può permettere di fare a meno di un obbligo generalizzato di vaccinazione. Anche da questo punto di vista, il dilemma tra libertà e ordine è falso. Non può fornire un valido fondamento né alla riflessione scientifica, né alla politica. Non deve distogliere dall’obiettivo d’innalzare il livello di protezione, nell’interesse di tutti.
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