Green pass, c'era una volta il sindacato
Perché la posizione sui vaccini dei grandi vecchi del sindacato (Cofferati, Benvenuto e Pezzotta) è completamente opposta a quella degli attuali vertici di Cgil, Cisl e Uil? Due ipotesi, una cattiva e una pessima
“E’ talmente semplice esigere il green pass nelle mense, non so come sia possibile che se ne stia discutendo. E’ la soluzione più ovvia, non c’è da stare a pensarci”, ha dichiarato ieri al Foglio l’ex segretario generale della Cgil Sergio Cofferati. Pochi giorni fa, lo storico segretario generale della Uil, Giorgio Benvenuto, ha usato parole dello stesso tenore: “Sui vaccini non ci possono essere esitazioni. Serve un’intesa sul green pass per incrementare le vaccinazioni, è una garanzia generale per la salute”. E prima ancora, in maniera più dura, si era espresso l’ex segretario generale della Cisl Savino Pezzotta: “Sul green pass la posizione del sindacato è sbagliata, non risponde ai princìpi e ai valori del sindacalismo, che sono solidarietà e responsabilità”.
Viene da chiedersi come sia possibile che a prendere una posizione così netta siano solo i grandi vecchi del sindacato. E’ vero che in maniera decisa si è espresso anche un sindacalista di una generazione più giovane, come Marco Bentivogli, che su Repubblica si è rivolto direttamente al leader della Cgil: “Caro Landini, la posizione che hai assunto sull’obbligo di green pass è un errore grave. Abbiamo aspettato per un anno i vaccini, ora che li abbiamo non esistono posizioni neutrali”. Ma Bentivogli ha in comune con Benvenuto, Cofferati e Pezzotta il fatto di non essere più un sindacalista. Com’è possibile, allora, che su una tematica fondamentale come quella del vaccino la posizione degli ex leader sia completamente opposta a quella degli attuali vertici di Cgil, Cisl e Uil? Cos’è successo?
Ci sono due ipotesi. La prima è che si tratti di due classi dirigenti diverse, con le precedenti più inclini ad assumersi responsabilità di fronte a passaggi delicati della storia del paese, anche a costo di essere sgraditi e affrontare rischi (come è accaduto durante il terrorismo, con il decreto di San Valentino sulla scala mobile, gli accordi del ’92-’93, le riforme delle pensioni, il Patto per l’Italia e il contratto con la Fiat di Marchionne). Vorrebbe dire che se quei leader si fossero trovati a guidare il sindacato in questa fase avrebbero assunto un atteggiamento più responsabile. L’altra ipotesi, invece, è che a fare la differenza sia la diversa posizione: Benvenuto, Cofferati e Pezzotta sono in pensione e perciò possono permettersi di dire cose spiacevoli per i lavoratori contrari ai vaccini. Ciò vorrebbe dire che se si fossero trovati ora alla guida del sindacato si sarebbero comportati esattamente come Landini, Sbarra e Bombardieri. Anche loro, cioè, avrebbero assunto una posizione ambigua, incoerente e contraddittoria.
La prima ipotesi, più probabile, di un vertice del sindacato poco coraggioso e responsabile è sconfortante. Ma la seconda sarebbe più preoccupante, perché presuppone che i lavoratori No vax siano davvero milioni. E sarebbe un problema ben più serio per il paese rispetto a quello di avere una leadership sindacale inadeguata.