cattivi scienziati
Con gli algoritmi di Facebook i cospirazionisti giocano in casa
Reti di account fantasma, posseduti da singoli utenti, ma anche gruppi di seguaci plagiati opportunamente, propagano contenuti falsi e pericolosi. Conoscono i meccanismi del social network e sanno come evitare la censura
Come per ogni gruppo che intenda organizzare in modo semplice le proprie attività, è evidente che le frange più estreme dei rivoltosi contro “la dittatura sanitaria” e “il siero sperimentale” coordinano le proprie attività sui social forum, i quali non solo sono utilizzati per condurre campagne comunicative organizzate e azioni di disturbo di vario genere, ma sono utilizzati anche per tentare di preparare azioni fisiche di gruppo contro obiettivi che il delirio cospirazionista identifica come rilevanti. Le chat, naturalmente, vanno bene per gruppi già esistenti, di dimensioni non eccessive; e così il gruppo Telegram no-vax di cui abbiamo appreso le intenzioni di preparare azioni violente era composto da un paio di centinaia di persone, alcune con armi più o meno artigianali, che si esaltavano nella discussione di obiettivi, azioni e quant’altro la loro immaginazione malata poteva concepire.
Ma quando si vogliono fare proseliti, agire sul piano della disinformazione oppure comunicare su scala larga, i social sono insostituibili per i cospirazionisti, e fra questi Facebook ha un posto d’onore. Gli algoritmi misteriosi ma chiaramente poco intelligenti di Facebook sono in sé un mezzo che, lungi dal proteggere gli utenti da contenuti volgari, offensivi o violenti, sono invece da tempo utilizzati al meglio proprio da coloro che dovrebbero essere tenuti a bada; i quali da una parte sanno come evitare la censura – utilizzano una sorta di neolinguaggio in cui per esempio vaccino si scrive vaxxino, così da beffare fino ad aggiornamento gli strumenti di riconoscimento automatico del testo – e dall’altra si sono ben organizzati per propagare disinformazione e per colpire chi dà informazione contrastante. Reti di account fantasma, posseduti da singoli utenti, ma anche gruppi di seguaci plagiati opportunamente, possono essere usati sia per propagare contenuti falsi e pericolosi, sia per coordinare la segnalazione di contenuti o utenze che possano creare problemi alla campagna di disinformazione.
È accaduto per ultimo al giornalista Gerardo D’Amico, prima minacciato su Facebook e poi a quanto pare oggetto di una campagna di segnalazione organizzata che ha portato alla chiusura temporanea del suo account, impedendogli di fare il suo lavoro – la comunicazione corretta in ambito di salute pubblica – subito dopo aver reso pubblico una tabellina di farmaci che è spacciata per “protocollo” di terapia domiciliare per il Covid-19 da un accalorato gruppo di sostenitori della teoria che idrossiclorochina, ivermectina, integratori e vitamine siano rimedi di efficacia provata, nonostante i pareri prudenti o avversi delle autorità sanitarie e della comunità scientifica. Ovviamente, “l’algoritmo” (chiamiamolo così, come se esistesse davvero questa mitologica figura) ha sospeso l’account del giornalista, senza minimamente rilevare la pertinenza, la provenienza e lo scopo delle segnalazioni che sono arrivate.
Io personalmente ho visto rimuovere da Facebook un mio breve scritto in cui riportavo dati pubblicati su clorochina, plasma iperimmune e ivermectina (pubblicato poi altrove), perché secondo le imperscrutabili regole di analisi testuale di Facebook, forse aiutate da un’ennesima serie di segnalazioni da parte dei soliti noti, il contenuto che avevo condiviso era “disinformazione che potrebbe causare violenza fisica”. L’effetto è così grottesco da strappare un sorriso, se non fosse per esempio che scritti violenti, antisemiti e francamente deliranti di personaggi pubblici come Francesca Benevento, candidata a Roma, in difesa delle solite cure domiciliari, sono tranquillamente tollerati da Facebook. Non che il problema sia nuovo, né che sia ignoto a chi naviga per le acque dei social forum; quel che stupisce, tuttavia, è il peggioramento della situazione seguito proprio all’introduzione di strumenti che avrebbero dovuto contenere il problema, strumenti che gli esperti fin dallo scandalo di Cambridge Analytica non avevano esitato a dichiarare inefficaci e utilizzabili per fini malevoli.
Facebook non è una piattaforma neutrale, come vorrebbe far credere; quel social forum, come altri, ha una larga fetta di responsabilità nell’aver agevolato l’accensione di vere e proprie guerre informative di massa, combattute con mezzi fondati sul suo stesso funzionamento. I danni per le nostre democrazie sono sotto gli occhi da anni, ma oggi, anche attraverso le dichiarazioni di No vax pentiti che muoiono in terapia intensiva, conosciamo anche quelli in termini di salute pubblica; ecco perché forse non ha tutti i torti il presidente Biden, quado dice sulla società di Mark Zuckerberg che “stanno uccidendo la gente”.
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