Il Foglio salute
Non solo Covid, pensiamo anche agli altri ammalati
Il recupero delle prestazioni non può essere dilazionato, c’è bisogno di un intervento massiccio ora per evitare un altro bollettino di guerra
Si stima che nei prossimi mesi, e comunque entro la fine del 2021, in Italia verranno diagnosticati 377 mila casi di cancro, dei quali 195 mila riguarderanno la popolazione maschile e 182 mila quella femminile. Per quanto riguarda le malattie rare si parla invece di 19 mila casi, ai quali si aggiungeranno circa 230 mila morti nell’arco dell’intero anno per malattie cardiovascolari.
Parliamo di un solo anno, e il risultato è un tragico bollettino di guerra. Non possiamo certamente ritenerci fuori dalla pandemia ma stiamo dando un colpo mortale al virus; al netto dei deliri dei No vax, gli italiani hanno compreso l’importanza dello sforzo economico e gestionale che le regioni e lo stato stanno affrontando per uscire dall’incubo Covid, e anche gli indecisi pian piano si stanno convincendo della bontà del vaccino. Ed è giusto e fondamentale occuparsi della pandemia e del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma come ho avuto modo di dire più volte in questo spazio, c’è dell’altro. Ci sono le altre patologie, gli altri malati, e la necessità di recuperare milioni di prestazioni che non sono state erogate e sono ad oggi un ingorgo che continua a generare nuovi ritardi che si accumulano sui preesistenti, generando uno strascico lunghissimo del quale non si vede la fine.
Quante saranno, alla fine, le morti indirette da Covid? Quante saranno le persone che non sono riuscite a sopravvivere per non aver ricevuto le cure necessarie? Va detto che il ritardo in alcune prestazioni è partito direttamente anche dai cittadini che per timore di contrarre il virus non si sono recati presso le strutture, ma si tratta di una percentuale ridotta di casi, mentre è apparso chiaro a tutti come il Sistema Sanitario Nazionale, in piena emergenza, non abbia potuto trattare correttamente i casi no Covid perché impegnato nella gestione di una situazione senza precedenti. Ora però non è più tempo di procrastinare: il recupero delle prestazioni non può essere dilazionato nel tempo, c’è bisogno di un intervento massiccio ora, subito, altrimenti ci troveremo ad aggiornare il bollettino di guerra con numeri che saranno spaventosi, e questi numeri corrispondono a persone. Si sta tragicamente aprendo la forbice che separa chi può permettersi assicurazioni private e quindi accedere alle diagnosi e alle cure, e chi invece può contare solo sul Ssn e rischia di vedere compromessa la propria salute fino ad arrivare a conseguenze nefaste.
Si ritorna a pensare che ci siano persone di serie A e persone di serie B, ma questo non dovrebbe essere consentito in un sistema come il nostro, non in un paese che è sempre stato un modello da seguire in ambito sanitario. Non possiamo pensare che sia il reddito a stabilire chi può vivere e chi no, e la politica deve farsi carico dei cittadini che con fiducia in questi mesi stanno seguendo le direttive per far sì che si possa finalmente uscire dalla pandemia: questa fiducia va ricambiata con l’impegno a garantire loro di poter essere curati, di essere curati bene e nei tempi corretti. Non ci aspettiamo miracoli, ci aspettiamo un impegno serio e concreto che guardi alla salute nella sua interezza, non per questo abbassando la guardia sul Covid che rimane un tema centrale da gestire. L’universalismo sanitario, che da sempre sostengo, non deve essere una pecetta posizionata su una struttura sconnessa che perde i pezzi e le persone, ma il simbolo di un sistema che funziona, e che funziona adesso.
Rosaria Iardino è presidente della Fondazione The Bridge