Cattivi scienziati
Monitoraggio, strutture, trasporti: quanto c'è ancora da fare per mettere in sicurezza la scuola
La mancanza delle vaccinazioni per la fascia di età 0-12 anni solleva alcune problematiche sulla gestione dell'epidemia nelle classi
È cominciato a questo punto a pieno regime l’anno scolastico, con la ripresa delle lezioni in presenza in tutta Italia. Nonostante le premesse e le promesse di disordini, proteste e agitazioni varie, tutto sommato, almeno per il momento, sembra che le cose stiano andando meglio del previsto, dal punto di vista dell’accettazione sia di vaccini che di green pass; per questo, ci si attende un impatto positivo su quanto potrebbe succedere. La domanda, tuttavia, è: basteranno vaccini e green pass, in assenza di una completa implementazione di tutte le altre misure – dal distanziamento, all’uso delle mascherine, all’aerazione, al monitoraggio attivo e all’isolamento quando necessario – visto che siamo in presenza della variante Delta, e visto che poco si è fatto dal punto di vista degli interventi strutturali e di contenimento, ma soprattutto considerato che, per forza di cose, una grande parte della popolazione scolastica – tutti i minori di 12 anni – non è vaccinata?
Naturalmente, è presto per trarre conclusioni, anche guardando a quello che succede in altri paesi, perché le condizioni demografiche, sociologiche e comportamentali di un determinato luogo sembrano avere un impatto profondo sulla diffusione dell’infezione, prevenendo quindi confronti troppo semplificati. Tuttavia, va rilevato che, a oggi, siamo ancora a “fari spenti”: non abbiamo, cioè, un’unica attendibile, accurata e aggiornata fonte di dati, per sapere come il virus si propaga nelle scuole del nostro paese. Abbiamo notizie delle prime classi in quarantena, certo; ma sono notizie di stampa, inutilizzabili per ottenere qualunque stima dell’andamento epidemiologico degna di tale nome. Siccome poi le “classi pollaio” esistono ancora, le mascherine sono insufficienti da sole come misura preventiva e, come si diceva, esiste un’ampia fascia di popolazione scolastica non ancora vaccinata, la preoccupazione è che, in assenza di un monitoraggio ben organizzato e di dati disponibili con tempismo utile, non si riesca ad arginare una eventuale, possibile ondata di infezioni che potrebbe avvenire questo autunno nelle aule scolastiche.
Si badi bene: i vaccini ampiamente diffusi nel resto della società avranno comunque un ruolo di mitigazione del rischio, perché contrariamente all’anno scorso questa volta gli studenti non vaccinati rischiano meno di “importare” il virus dall’esterno nella scuola; tuttavia, proprio il fatto che la scuola costituisce una riserva ampia di soggetti non vaccinati, potrebbe portare a un suo rilevante ruolo di “motore epidemico”, con tutto quello che ciò comporta non solo come rischio generale, ma soprattutto come rischio per l’emergenza di mutanti che siano poi selezionati dalla diffusa immunità di popolazione per evadere l’attuale buona protezione vaccinale. Questo è il motivo per cui la messa in sicurezza della scuola, lungi dall’essere avvenuta, è una vera emergenza in questo momento: non conta solo quanto rischino i bambini non vaccinati, ma conta soprattutto il fatto di avere ampie sacche concentrate di popolazione suscettibile, la quale può provocare una nuova evoluzione del virus in senso immunoevasivo, sotto la selezione del resto della popolazione vaccinata.
Non si è investito sulle aule, non si è migliorata l’aerazione, non sono superati i problemi di affollamento, non si è ancora investito a sufficienza sul monitoraggio frequente, condotto su base statistica; in queste condizioni, non si creda che la parziale vaccinazione della popolazione scolastica (insegnanti, personale e alunni di età maggiore di 12 anni) sia sufficiente per essere in sicurezza. La scuola non può essere sacrificata, e le lezioni devono il più possibile tenersi in classe; proprio per questo, non bastano le parole, ma gli investimenti su monitoraggio, strutture, dispositivi di aerazione, trasporti e quanto a suo tempo, da oltre un anno, identificato, devono essere realizzati immediatamente. Oppure, possiamo ancora una volta affidarci alla roulette stocastica dell’epidemiologia, e sperare che le cose vadano bene, grazie alla ridotta circolazione virale nel resto della società; se però le cose dovessero andar male, la responsabilità di non aver operato nel verso indicato da tempo rimarrà chiarissima.