Il Foglio Salute
Sui tamponi a pagamento c'è chi dice “no”
Sì al vaccino, anche obbligatorio. Ma i test dovrebbero essere gratis per renderli sostenibili a tutti
L’obbligatorietà del green pass sta rimarcando le differenze sociali ed economiche della società nella quale viviamo, perché come ci insegna la storia ogni crisi, di qualunque tipo essa sia, fa sì che ci sia chi sprofonda nella disperazione e chi invece trae dei vantaggi anche inaspettati.
E infatti c’è chi grazie alla pandemia si è arricchito, e anche parecchio. Penso ai tanti laboratori privati che eseguono i test sia molecolari che antigenici, a quei laboratori e quegli ambulatori che non hanno avuto una regolamentazione economica e quindi, soprattutto in una prima fase, hanno quotato i test con prezzi che differivano talvolta anche per cifre importanti – e i prezzi sono ora calmierati per un semplice fattore di concorrenza di mercato, non perché la politica sia intervenuta come a suo tempo accadde per il business delle mascherine -, e a quanto questa premessa racconti come ora, di fronte al green pass, si stia generando una condizione complessa e di non immediata risoluzione. Il green pass viene rilasciato se viene effettuata la vaccinazione, non obbligatoria e gratuita, se si è guariti dal Covid, o con un test molecolare o antigenico non obbligatorio ma a pagamento.
Quindi? Quindi se ci sono le condizioni economiche per fare il test, o meglio, i numerosi test che si rendono necessari per accedere a diversi spazi e situazioni (vista la validità di poche ore), si resta liberi di non vaccinarsi; se invece non si possono spendere duecento euro al mese ecco che anche solo per poter lavorare si è obbligati a vaccinarsi, come è accaduto a tanti genitori che anche se non convinti hanno scelto l’inoculazione perché magari sono gli unici a portare un reddito in casa e quindi non avevano un’alternativa.
In questo modo lo stato esercita un obbligo indiretto, preferendo indurre quella parte della società che non può permettersi di godere del suo diritto di scelta verso una vaccinazione che però non si assume la responsabilità di rendere obbligatoria. E intanto i tamponi si pagano e, mi duole dirlo, hanno ragione i sindacati nel sollecitarne invece la gratuità. Perché questi test, che per molti significano la possibilità di lavorare o meno, di mantenere sé stessi e una famiglia o meno, non possono essere gratuiti? C’è qualche interesse? Oppure un conflitto d’interesse economico? Perché, così come sono intervenuti sui dispositivi di protezione individuale calmierandone il prezzo, non hanno fatto lo stesso mesi fa per rendere un unico prezzo per i test? Sono domande che forse non troveranno mai una risposta univoca, ma che sorgono inevitabilmente quando ci si rende contro di trovarsi dinnanzi a un cortocircuito.
Chi mi legge sa che sono favorevole alla vaccinazione e alla sua obbligatorietà, ma questo non significa non prendere in considerazione la questione del green pass nella sua interezza, e mi chiedo come mai il nostro Ministro della salute, che apprezzo e stimo, anche in qualità di segretario di Articolo Uno non volga uno sguardo agli operai e alla middle class cui ha sempre espresso vicinanza, e non comprenda che quelle categorie così attenzionate sono le prime a dover scegliere tra la cura e necessità di lavorare. Non siamo esattamente di fronte a un capolavoro politico, ma auspico che certe esternazioni escano dalle mere campagne elettorali per riversarsi poi nella quotidianità di chi fatica e, a prescindere dalle motivazioni che portano alla non vaccinazione, dovrebbe veder salvo il suo diritto al lavoro.
Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge
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