Verità à la carte
Quello che La Verità non dice sulle cure domiciliari
La testata di Belpietro finge di non sapere che le linee guida del ministero della Salute, oltre alla tachipirina, includono molti altri rimedi
Ancora una volta la Verità mette sotto accusa le linee guida del ministero della Salute per le cure domiciliari del Covid. Stavolta lo spunto riguarda uno studio dell’Università di Pavia secondo il quale l’uso di tachipirina aumenterebbe il “rischio di evoluzione negativa” del Covid. Con il consueto stile che lo contraddistingue, il quotidiano titola: “La cura Speranza fa morti”. In sostanza si finge di non sapere che le linee guida del ministero della Salute, aggiornate con la circolare del 26 aprile 2021, vadano ben oltre il solito slogan su “tachipirina e vigile attesa” strumentalmente utilizzato. C’è ancora la tachipirina nelle linee guida ministeriali? Sì, e si invitano medici di famiglia e pediatri a utilizzare “un trattamento di tipo sintomatico con paracetamolo o Fans in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso, o altri farmaci sintomatici su giudizio clinico”. Iniziamo a dire che l’uso della tachipirina non è un unicum italiano. Prendiamo ad esempio il Regno Unito tanto apprezzato dalla Verità. Basta accedere al sito del Nhs (il sistema sanitario britannico) per trovare la sezione dedicata a come prendersi cura di sé stessi a casa se affetti da Covid. Tra le prime indicazioni, in caso di febbre alta, si consiglia: “Riposati molto, bevi molti liquidi per evitare la disidratazione, assumi paracetamolo (tachipirina) no ibuprofene”. Chissà se ci sarà mai un titolo sulla “cura Johnson” che fa morti.
Va poi aggiunto che con la circolare di aprile, che aggiorna le indicazioni di novembre 2020, il ministero della Salute ha aggiunto i Fans (antinfiammatori non steroidei) come alternativa alla tachipirina. Quei Fans indicati anche dal protocollo di cure domiciliari elaborato dal prof. Giuseppe Remuzzi, cioè proprio quello che secondo la tesi de La Verità non sarebbe stato recepito dal ministero della Salute. Peccato sia lo stesso Remuzzi a sottolineare come non ci siano al momento “studi così forti da consentire di cambiare la pratica clinica”. E ancora, si ignora l’indicazione ministeriale per un utilizzo precoce degli anticorpi monoclonali nei pazienti “a rischio di progressione di malattia”. A oggi sappiamo che sono stati già trattati con i monoclonali oltre 10 mila pazienti. Anche se c’è chi prova a far credere che si sia fermi alla “vigile attesa”.
Ma il vero paradosso si raggiunge probabilmente qui: il quotidiano che prende come verità indiscutibile lo studio universitario di Pavia è lo stesso che fino a qualche giorno fa continuava a rilanciare fantomatiche cure domiciliari a base di farmaci come l’ivermectina, bocciata da tutti gli enti regolatori con tanto di segnalazioni arrivate dagli Stati Uniti sul pericolo avvelenamenti, o il trattamento con plasma iperimmune stroncato da decine di studi. Probabilmente seguiranno il principio delle evidenze scientifiche à la carte. Infine, altro tema sul quale si sta creando una (voluta?) confusione è quello dei trattamenti per il Covid. Quelle cure che, secondo la Verità, ci sono ma delle quali ci vogliono tenere allo scuro, non si sa bene per quale motivo. Forse in favore dei vaccini.
Ebbene, queste cure sono talmente segrete da essere pubblicate sul sito dell’Ema in una sezione ad hoc dove vengono indicate non solo quelle approvate, ma anche quelle attualmente allo studio per una possibile validazione. Tra queste troviamo anche anakinra e baricitinib, due farmaci immunomodulanti recentemente approvati dall’Aifa, insieme a sarilumab, per il trattamento del Covid. Nessun mistero quindi, anche perché una valutazione per l’estensione di utilizzo del baricitinib era stata avviata dall’Ema già dallo scorso 29 aprile, mentre per anakinra la valutazione era iniziata il 19 luglio. L’accelerazione per la loro approvazione si spiega con l’annunciata carenza di tocilizumab che durerà fino al prossimo 21 dicembre. Va però sottolineato che si parla di farmaci utilizzati nel trattamento di soggetti ospedalizzati sottoposti a vari livelli di supporto con ossigenoterapia. Non sono quindi cure domiciliari né precoci, ma trattamenti ospedalieri per la fase avanzata della malattia.