lo strano caso
Perché nel Regno Unito aumentano contagi e decessi nonostante i vaccini?
Il tasso di vaccinazione è alto, eppure i nuovi casi sono in aumento. C'entrano la diffusione di una nuova variante e il ritardo nell'immunizzazione dei più giovani
Perché nel Regno Unito aumentano contagi e decessi?
Il Regno Unito sta registrando, ormai da più di una settimana, oltre 40 mila nuovi casi di Covid al giorno. Quanto ai decessi, ieri se ne sono avuti 223, un numero che non si registrava dallo scorso marzo, anche se il dato tiene conto anche del consueto recupero statistico di parte dei dati ritardati relativi al weekend. La media dei decessi è in realtà più contenuta e si mantiene su un livello estremamente più basso rispetto a quello fatto registrare in Paesi come ad esempio Russia e Romania. Qui, nonostante il numero di contagi quotidiani sia più basso rispetto alla Gran Bretagna, si registra un livello di decessi quotidiani che supera le 500 unità in Romania e le 900 in Russia. Il perché è presto spiegato dal momento che in questi Paesi il tasso di vaccinazione contro il Covid supera di poco la soglia del 30%.
L'irruzione della variante "Delta plus"
Nel Regno Unito, invece, il 73,6% della popolazione ha già ricevuto almeno una dose di vaccino. Come spiegare allora questo crescente numero di nuovi contagi? In realtà gli elementi da prendere in esame sono diversi. L’ultimo in ordine di tempo riguarda la presenza di una nuova variante, la AY.4.2 da alcuni considerata una nuova tipologia di "Delta Plus”. Questa rappresenta circa il 6% dei nuovi contagi. Non è ancora chiaro se questa possa rappresentare una nuova minaccia, sono ancora in corso test che dovranno chiarirlo. Per gli esperti è al momento improbabile che possa diventare dominante o aggirare la protezione offerta dai vaccini. Questa variante AY.4.2 sarebbe stata identificata per la prima volta nel luglio 2021, ed è caratterizzata da alcune nuove mutazioni che colpiscono la proteina spike, che il virus usa per penetrare nelle nostre cellule. Al momento non ci sono quindi elementi per addebitare a questa variante la crescita dei contagi.
I vaccini e il ritardo nell'immunizzazione dei più giovani
Gli elementi da prendere in considerazione sono altri, a cominciare dal calo della protezione dall’infezione dei vaccini. Dobbiamo infatti innanzitutto ricordare come il Regno Unito sia stata una delle prime nazioni ad aver avviato la campagna vaccinale contro il Covid. Ad ormai un anno di distanza, se resta ancora alta nel tempo la copertura per la malattia grave o la morte, assistiamo oggi a quel fenomeno di waning immunity, ossia di calo della protezione contro l’infezione, che ha portato anche il Regno Unito ad avviare già nelle scorse settimane la campagna per la somministrazione delle terze dosi a tutti gli over 50 ed agli over 16 con fragilità.
Un ulteriore elemento da considerare riguarda poi il fatto che oltremanica è da tempo venuta meno ogni forma di restrizione e misura di contenimento per ostacolare la circolazione del virus. Non c'è nulla di simile al green Pass adottato invece dall'Italia. E’ quindi del tutto evidente che in assenza di misure contenitive il virus riesca a circolare con più facilità contagiando un numero più alto di persone. Va poi tenuto conto anche di un altro fattore, ossia la copertura vaccinale delle fasce più giovani ad oggi quasi inesistente. Mentre ad esempio in Italia, in vista della riapertura delle scuole, si è molto accelerato già dalla scorsa estate sulle vaccinazioni degli under 18 – oltre che del personale docente – facendo sì che oggi si sia superata la soglia del 70% dei 12-18enni vaccinati con almeno una dose, nel Regno Unito il via libera alla vaccinazione per i 12-15enni è arrivato da appena un mese.
Durante la scorsa estate infatti la Joint Committee on Vaccination and Immunisation, commissione indipendente del Regno Unito che si occupa dei vaccini, non li aveva raccomandati per i più giovani nonostante i benefici superassero, seppur di poco, i rischi. Nella sua valutazione la commissione non aveva però preso in considerazione sia l'impatto della pandemia nelle scuole che quello più in generale nella popolazione in termini di salute pubblica. Da qui il successivo via libera alle vaccinazioni anche per i 12-15enni, arrivato però solo a metà settembre. Questo elemento, in concomitanza con la riapertura delle scuole in presenza, ha comportato senza dubbio un diverso rischio di esposizione all’infezione.
Possiamo quindi dire che se prima guardando al Regno Unito potevamo capire con settimane di anticipo i possibili sviluppi epidemiologici che si sarebbero potuti registrare anche in Italia, ora il quadro è cambiato. Le diverse politiche di gestione della pandemia adottate da noi, ben più restrittive rispetto a quelle britanniche, potrebbero aiutare a mantenere più bassi i numeri dei contagi – e quindi dei ricoveri – anche nelle prossime settimane, quando inizierà la stagione influenzale.
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