Cattivi scienziati
Ecco il Molnupiravir, primo trattamento domiciliare contro il Covid
Londra approva la prima terapia domiciliare. Come funziona e perché c’è da essere fiduciosi
Nonostante la teoria che vuole le multinazionali impegnate a impedire la ricerca sui farmaci contro Sars-CoV-2 per difendere i profitti legati alla vaccinazione, la multinazionale Merck Sharp and Dohme ha visto approvare in Inghilterra una pillola per trattare a casa l’infezione. Una terapia che ha passato tutte le fasi della sperimentazione, i cui risultati finali, come su queste pagine si era anticipato, hanno condotto alla sua adozione nel Regno Unito. Come il lettore ricorderà, il principio attivo è un antivirale, fornito sotto forma di profarmaco – cioè di precursore della molecola farmacologicamente attiva – che funziona inducendo errori nella copia del genoma virale. Preso due volte al giorno, anche a casa, in base ai risultati di fase 3 dovrebbe avere la capacità di tagliare di almeno il 50 per cento le ospedalizzazioni; il che è un eccellente risultato, migliore di qualunque baggianata che per mesi abbiamo dovuto leggere su Facebook da certi scalmanati sostenitori della teoria delle cure nascoste e negate.
La cosa interessante è che, inizialmente, il farmaco sarà somministrato in Inghilterra ai partecipanti di un ampio studio osservazionale, per poi incrementare la scorta di pillole disponibili a circa mezzo milione di dosi entro metà novembre, dosi che saranno preferenzialmente fornite ai soggetti più a rischio per età o per preesistenti patologie.
In Inghilterra l’approvazione del farmaco prevede che la pillola sia fornita a soggetti che abbiano malattia da lieve a moderata, e che rischino maggiormente l’ospedalizzazione a causa di condizioni predisponenti quali età, obesità o malattie; per il momento, la nuova cura non è libera per tutti, in attesa che la produzione scali a quantità maggiori e che i dati osservazionali rinforzino il razionale per il suo utilizzo.
Si noti bene: lo studio osservazionale è indispensabile non solo e non tanto per incrementare i dati di efficacia e sicurezza già disponibili, ma anche per monitorare l’eventuale insorgenza di varianti resistenti. Come e più dei vaccini, i trattamenti antivirali sono proni alla selezione di varianti in grado di evitarne gli effetti deleteri per il virus; per tale motivo, l’attenzione alla selezione di varianti deve essere massima, anche considerando che, ove dovessero insorgere, la loro diffusione ampia può essere evitata se il segnale di rischio viene colto in tempo.
Durante questa epidemia, abbiamo già avuto una frettolosa approvazione di una molecola – il Remdesivir – che non ha mantenuto le promesse iniziali. Nel caso di Molnupiravir, invece, per quello che si può oggi osservare, sia l’iter regolatorio sia quello di ricerca e sperimentazione clinica sono stati condotti in maniera rigorosa, e non dovrebbero esserci grandi sorprese.
Può cioè benissimo darsi che, al di fuori degli studi controllati, nel mondo reale l’antivirale mostri una minore efficacia; ma non ci si aspetta che si riveli acqua fresca, e dunque possiamo sperare con fiducia di avere ottenuto il primo vero trattamento domiciliare, sufficientemente economico ed efficace da avere un impatto nel controllo di Sars-CoV-2.