Il Foglio Salute
I danni del Covid anche sui guariti
Molti hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie. Parla Matteo Tosato (Gemelli)
"Abbiamo iniziato il 21 aprile dello scorso anno, in quel momento i pazienti che uscivano da un’esperienza fatta di paura, dolore e solitudine, al momento della dimissione ci chiedevano tutti la stessa cosa: adesso noi andiamo a casa, ma quali sono i prossimi controlli che dobbiamo fare?”. A parlare è Matteo Tosato, geriatra e responsabile day hospital post Covid Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs. È di questa nuova attività di ricerca e monitoraggio dei pazienti che vogliamo parlare con lui, partendo dal suo avvio e dai primi interessanti risultati che offre.
Dottor Tosato, come ha preso il via il vostro lavoro al Gemelli sul post Covid?
Ci siamo subito resi conto che la guarigione dalla fase acuta, testimoniata da quello che inizialmente era il doppio tampone negativo, non significava esser davvero guariti. In effetti un numero molto elevato di pazienti presentava una persistenza dei sintomi della fase acuta, ma anche l’insorgenza di nuovi sintomi. Tra i disturbi più comuni possiamo citare la fatigue, termine medico che identifica una condizione di stanchezza marcata, in grado di limitare le comuni attività del vivere quotidiano, dispnea, dolori articolari, disturbi dell’attenzione e della memoria, palpitazioni, disturbi dell’olfatto e del gusto, perdita di capelli e tanti altri.
Abbiamo iniziato le attività del nostro day hospital molto presto, all’inizio della pandemia proprio per garantire una continuità assistenziale a questi pazienti che dimettevamo dai nostri reparti e le conoscenze che siamo stati in grado di raccogliere hanno contribuito all’identificazione di questa condizione che oggi va sotto il nome di long covid: malattie o sintomi che persistono o insorgono a distanza di 4 settimane dalla guarigione che non siano riconducibili ad altre patologie.
Nel corso dei mesi, man mano che le conoscenze aumentavano e la richiesta di cure aumentava anche da parte dei pazienti che avevano avuto forme più lievi e pertanto non erano state ospedalizzate, abbiamo potuto documentare come chiunque è guarito dal Covid, a prescindere dalla gravità del quadro acuto della malattia, può sviluppare questa sindrome. In particolare, le classi di età più colpite sono le più attive socialmente, quelle comprese tra i 20-55 anni.
A oggi abbiamo preso in carico oltre duemila pazienti, con un approccio multidisciplinare, avvalendoci della collaborazione di diversi specialisti (pneumologi, neurologi, otorinolaringoiatri, reumatologi, gastroenterologi, psichiatri). Si è trattato di un grande sforzo aziendale, garantito dalla presenza, spesso volontaristica di tanti colleghi, che hanno prestato la loro assistenza al di fuori dell’orario di servizio. Mi fa piacere aggiungere e sottolineare che, dunque, questo servizio viene garantito interamente all’interno del Sistema sanitario nazionale, inquadrato in un regime di day hospital. Il paziente passa qui con noi tre mattinate in cui viene sottoposto ad esami di laboratorio, radiologici, ecografici, test funzionali e visite specialistiche, non dovendo sostener alcuna spesa. A breve, questo tipo di servizio verrà erogato come previsto dalla Regione nell’ambito di un Pacchetto ambulatoriale complesso (Pac). All’inizio vedevamo pazienti a circa 2 mesi dalla fase acuta ed in quel momento registravamo che circa l’80 per cento di loro ci diceva di non essere ancora tornato esattamente “quello che era prima”, proprio per la persistenza di uno o più di quei sintomi descritti in precedenza.
Quali gli esami e le visite previste dal Day Hospital?
Il primo giorno il paziente si sottopone ad analisi di laboratorio a largo spettro, inclusa l’esame emocromocitometrico, parametri biochimici, autoimmunitari e della coagulazione, elettrocardiogramma, test di performance fisica e la prima visita medica, in cui il medico raccoglie tutte le informazioni riguardanti la storia prima, durante e dopo il Covid. Nel corso del secondo giorno di visite, il paziente esegue Tac torace, prove di funzionalità respiratoria, quali spirometria e test del cammino, ed emogasanalisi, ecocardiogramma e visite pneumologica, otorinolaringoiatrica e gastroenterologica. Nel corso dell’ultima giornata di visite, il paziente si sottopone ad ecocolordoppler dei vasi del collo ed arterovenoso degli arti inferiori, test di reattività endoteliale, visita neurologica, psichiatrica e visita conclusiva in cui si identificano le eventuali problematiche e si pianificano i possibili trattamenti.
È da sottolineare che utilizziamo quest’approccio per tutti i nostri pazienti e questo ci ha permesso di evidenziare ad esempio che anche le persone che hanno avuto le forme paucisintomatiche presentano problemi. Questo ha permesso di evidenziare dei problemi in persone che non ne avevano consapevolezza. E forse a maggior ragione proprio nelle persone che hanno avuto le forme paucisintomatiche e che pertanto non erano state ospedalizzate, non essendosi sottoposti nella fase acuta ad un prelievo del sangue o radiografia del torace, è fondamentale sottoporsi a una valutazione di controllo. In effetti in molti dei nostri pazienti non ospedalizzati la Tac ha svelato che il paziente aveva sofferto di una polmonite interstiziale. Ed è per questo che consiglio vivamente a tutti i pazienti che hanno avuto il Covid di sottoporsi a una valutazione multispecialistica, come suggerito anche dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Oggi possiamo dire di avere una fotografia più chiara di quello che succede nel post contagio?
Un discorso è avere un sintomo, altro discorso invece avere un danno d’organo. Le nostre valutazioni sono orientate ad identificare l’eventuale presenza di danno d’organo perché, mentre un sintomo tende a regredire, il danno d’organo invece rischia di perdurare. Un altro elemento che vale la pena sottolineare come chi ha avuto il Covid possa aver un maggior rischio di sviluppare altre malattie; ne cito uno su tutti, pubblicato su un ampia casistica inglese in cui è stato evidenziato come nei 6 mesi successivi alla guarigione dal Covid i pazienti guariti presentavano un rischio sensibilmente più elevato di sviluppare diabete, eventi cardio e cerebrovascolari, insufficienza epatica e renale.
I meccanismi attraverso cui si instaura questa condizione non sono ad oggi del tutto noti. Ne sono stati identificati alcuni che probabilmente concorrono all’instaurarsi di questa condizione, come per esempio, lo stato infiammatorio sistemico acuto e subacuto, danno endoteliale, alterazione del microcircolo e il fenomeno delle micro-trombosi. Nella nostra esperienza la prevalenza dei disturbi, come detto, è molto alta. Vanno però fatte alcune considerazioni, come ad esempio il fatto che i pazienti che afferiscono al nostro day hospital lo fanno non solo per sottoporsi ad un controllo ma per la persistenza di un problema e che di conseguenza molte persone totalmente ristabilite non vengono ai nostri controlli, questo contribuisce ad una prevalenza dei disturbi più alta rispetto a quella reale. Una seconda considerazione è che le percentuale di coloro che accusano sintomi o disturbi gradualmente tende a decrescere pian piano che ci allontaniamo dalla fase acuta della malattia.
La vostra ricerca come Gemelli, che potremmo orgogliosamente definire nostra come “italiani”, può dunque rappresentare un riferimento che orienta nella conoscenza del virus a livello globale.
Esattamente. L’Organizzazione mondiale della sanità inizialmente non menzionava l’esistenza del long Covid, limitandosi ad affermare che la guarigione si raggiungeva in 6 settimane nelle forme più severe. Alla luce delle evidenze, e in particolare della nostra primissima esperienza, ha inserito un capitolo specifico nelle sue linee guida che riguarda il post Covid, affermando chiaramente la necessità che i diversi Paesi attivino servizi di follow-up multispecialistici per i pazienti guariti dal Covid, ma che lamentano persistenza o comparsa di nuovi sintomi a distanza dalla fase acuta della malattia.
Il nostro è un lavoro prezioso per tutti, perché a fianco di una presa in carico del paziente che si sente accompagnato nel suo difficile percorso di riconquista delle proprie capacità, ci ha permesso di raccogliere dati di fondamentale rilevanza anche a livello mondiale ed importanza per comprender meglio questa condizione che rappresenta ad oggi un’importante e significativa sfida e che affligge milioni di persone nel mondo.