le misure da lunedì
Negozi e ristoranti chiusi, scuole aperte. Così l'Austria torna in lockdown
Restrizioni pesanti ovunque per 20 giorni. Eppure tutte le categorie penalizzate, dal turismo allo spettacolo, appoggiano il governo: “Avrebbe dovuto farlo anche prima”. Così il boom di contagi ha isolato gli antivaccinisti
Messaggio al fronte no vax: “La via della persuasione non è bastata. In questi mesi c’è stata troppo poca solidarietà, scarso senso civico. La cosa che fa più rabbia è che i vaccini li abbiamo: l’Austria si sarebbe potuta risparmiare tutto questo”. La voce del premier Alexander Schallenberg è quella della frustrazione. A partire dal prossimo lunedì e per i successivi venti giorni, l’Austria sarà il primo paese europeo a retrocedere di un’era pandemica. Quella delle chiusure e del “restate a casa”.
La vita si congela a Vienna e dintorni. Alberghi, ristoranti e tutti i negozi non essenziali dovranno rimanere chiusi, ma sono previsti sussidi per il settore. Ovunque mascherina obbligatoria al chiuso, inasprimento di controlli e sanzioni h24: non si richiederà l’autocertificazione per uscire di casa ma il forte monito è di “limitare gli spostamenti allo stretto necessario, usando l’auto anziché i mezzi pubblici”. Sarà consentito il lavoro in presenza – ma meglio lo smart working –, così come l’apertura di scuole e asili, con la raccomandazione di lasciare i bambini a casa quando possibile. Manca solo il coprifuoco ed è un quadro da zona rossa.
La nuova stretta coinvolgerà tutti, a differenza di quanto si preannunciava meno di un mese fa. Perché gli oltre 15mila nuovi casi del 18 novembre sono il fermoimmagine di una curva ormai fuori controllo, anche se, nonostante il doppio dei contagi e la variante Delta fino al 110 per cento più contagiosa, i decessi sono la metà di quelli di un anno fa: il 66 per cento di popolazione immunizzata è poco, ma pur sempre molto meglio di zero. Dunque, fra le contromisure, governo e ministero della Salute sono al lavoro per spingere sulla terza dose a quattro mesi dalla seconda – non più sei –, riducendo anche la validità del green pass a sette mesi. E in agenda c’è l’obbligo vaccinale a partire da febbraio.
In tutto questo persiste l’opposizione del sovranismo no vax. Herbert Kickl, leader di Fpö, non vedeva l’ora di annunciare che “da oggi l’Austria è una dittatura”, continuando a scambiare consenso politico con vite umane come fossero figurine. Perché domani a Vienna, dove in una settimana c’è un nuovo positivo ogni cento persone, saranno in migliaia ad accogliere l’appello di Kickl “a manifestare ancora contro l’attacco del governo al diritto fondamentale all’integrità fisica delle persone” – spoiler: nessun sopruso, dicono già i costituzionalisti austriaci. “Sappiamo di essere esposti alle critiche”, ha risposto Michael Ludwig, il sindaco della capitale, “ma le accetteremo perché qui si tratta di salvare uomini e donne”. Il cancelliere Schallenberg ha rincarato la dose: “Troppe forze politiche sono state d’intralcio, alimentando incertezza e fake news. Ci prendiamo la responsabilità anche noi per non aver fatto abbastanza fin qui”.
Tuttavia, al contrario dei Puzzer del caso, in Austria tutte le associazioni di categoria costrette allo stop appoggiano l’ultima scelta del governo. “Deplorevole ma necessaria”, dichiara la Federazione delle industrie. “Dato il sistema sanitario sovraccarico e in vista della stagione invernale era inevitabile”, conferma Robert Seeber, responsabile del turismo alla Camera di commercio. E il collega di cinema e cultura aggiunge: “Temo che per il nostro settore saranno più di 20 giorni di chiusura. Ma sono davvero sollevato che questa soluzione sia arrivata: eravamo al limite”.
Alla politica si rimprovera semmai di essersi mossa tardi, cercando fino all’ultimo di non dissolvere le ottimistiche dichiarazioni estive dell’ex premier Kurz: “La pandemia per chi è vaccinato è finita”. Oggi Wolfgang Mückstein, ministro della Salute, fa mea culpa: “Mi scuso per l’incoerenza comunicativa che c’è stata”. E obbligo vaccinale sia.