stretta sui no vax

Green pass su bus e metro, a Roma 80 persone allontanate e migliaia di controlli

Marianna Rizzini

Nel primo giorno di certificato verde obbligatorio nella Capitale fila tutto liscio. A chiedere più verifiche sono gli stessi passeggeri 

Sono le 13 del primo giorno di green pass rafforzato e controlli sui mezzi pubblici. Nell’atrio della stazione “Colosseo”, metro B, due ragazzi parlano della situazione: uno non vuole sedersi “accanto al non vaccinato”, dice; l’altro risponde all’amico che “se ha il tampone basta quello”, e alla fine i due decidono, “per sicurezza”, spiegano al cronista, “di aspettare la metro dopo”, onde evitare di fare il viaggio accanto al compagno di scuola che si è allontanato per comprare una bibita e che, secondo loro, “come prima, il tampone non ce l’ha”. Non sapeva del cambio di norme, il compagno? “Sì sì, ma figurati se ieri ha fatto il tampone, non l’ha praticamente mai fatto in vita sua”. Hanno sedici anni, i due, si chiamano Marco e Tommaso, sono diretti alla fermata Ponte Mammolo, dicono che al mattino “hanno sentito un altoparlante ripetere che da oggi serve il green pass-base”, ma dicono anche che non sanno “se poi qualcuno effettivamente controlla”.

 

Alla stessa fermata la signora Marina, pensionata, racconta “che sulla metro no, ma fuori dall’autobus c’era un vigile che chiedeva”. Ci si sposta dunque in piazza Venezia, dove vari bus hanno il loro capolinea, per cercare agenti o controllori. E un vigile che spunta da una macchina racconta di una “mattinata di controlli a campione”. Ma dove? “Termini, piazzale Flaminio, San Giovanni”. A Termini, tappa successiva, un altro agente è in attesa dell’arrivo dei bus su una banchina. Ha trovato trasgressori? “No, per ora no”, dice, mentre, a pochi metri, un controllore Atac parla con un collega “di quanto sia complicato effettuare controlli alla discesa dal bus”. Le prime cinque persone che scendono dal bus 64, intanto, interpellate, sono in possesso di green pass, base o rafforzato. Il signor Giuseppe, professore in una scuola media, vorrebbe “controlli ovunque”. Nelle vie dello shopping, dove da due giorni vige l’obbligo di mascherina all’aperto, i controlli sono serrati da sabato, ma alla fermata della metro Spagna, nel primo pomeriggio, i passeggeri sbarcano, dice Roberta, studentessa, “senza essere stati fermati”.

 

Ma il punto importante è che i passeggeri in gran parte i controlli li vorrebbero, anche se i due turisti del nord all’ultimo piano della Rinascente sbuffano: “Qui ci hanno chiesto il green pass per poter consumare seduti un caffè, ma noi faremo il tampone solo stasera per ripartire in aereo domani”. Ed è inutile spiegare che la richiesta di green pass al bar è corretta: i due trasecolano contro un ipotetico “stato sanitario”. Le sacche di scettici si riducono, ma ci sono. E a un collega di questo giornale, ieri, sul bus 52 diretto a Largo Chigi, è capitato di ascoltare una conversazione di un passeggero che al telefono si raccontava come un eroe per non essersi vaccinato: “Sto andando al Caf, mi hanno licenziato, anche con il tampone mi hanno detto che non volevano continuare. Ma io il vaccino non me lo faccio. Pazienza, è andata così”. La sera precedente, in un ristorante di Trastevere, un gruppo di avventori guardava schifato i vicini di tavolo che parlavano sollevati dell’imminente possibilità di vaccinare i bambini, commentando con un “che cosa ci tocca sentire”.

 

E però, per fortuna, contano i numeri della spinta data alle vaccinazioni (terze dosi e non solo) dal super green pass, con code e corse agli hub nei giorni scorsi. Restano le obiezioni di chi, dalle Regioni, chiede una deroga per gli studenti over 12 fino al 15 dicembre, in modo “da potersi adattare”. E quelle di chi, dai sindacati, chiede non venga addossato “al personale ausiliario e ispettivo l’onere dei controlli”. Quanto all’Atac, i numeri parlavano, a sera, di 1.350 controlli, e di 80 allontanamenti.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.