le testimonianze
Tra disdette e compromessi. Così Roma si prepara ad affrontare il Natale con la quarta ondata
L'allarme delle guide turistiche, le richieste al governo degli albergatori. C'è chi rassegna, chi ci prova, chi s'ingegna, anche tra i ristoratori. Dati e interviste: un viaggio nel cuore produttivo della capitale alla vigilia delle ennesime vacanze incerte
Non sono solo i concerti di Capodanno cancellati e gli inviti alla prudenza. La crescita dei contagi e le nuove regole, in particolare quelle che riguardano le persone che vengono dall’estero, hanno bloccato bruscamente la lieve ripresa del turismo. In particolare le città d’arte, come Roma, Firenze e Venezia, contavano sulle feste per il rilancio. Invece, ci sarà ancora d’aspettare. In particolare nella Capitale fioccano le disdette.
Le guide turistiche sono di solito un termometro efficace per misurare le condizioni della filiera. Ad ascoltare si capisce subito che la situazione è complicata. “A Roma – spiega Isabella Ruggero, presidente nazionale dell’Associazione guide turistiche abilitate – il calo è stato netto: normalmente tra il 21 dicembre e il 1 gennaio si lavorava tantissimo, quest’anno, invece, anche chi aveva già prenotato sta cancellando. Sulle nostre chat molti colleghi provano a rivendere i biglietti che gli sono rimasti sul groppone per i clienti che non vengono più”. “Roma – sottolinea Ruggero – è stata in assoluto la città più colpita dalla crisi turistica da Covid perché è una città d’arte senza una regione intorno che vive di luce propria. Firenze o Napoli se la sono cavata meglio perché i turisti vanno in Costiera o nel Chianti, dove è più facile stare all’aperto, e poi, dedicano una giornata alla visita della città. In Lazio, invece, Roma condensa le attrazioni e quindi il calo è stato più marcato sin dall’inizio della pandemia”.
Non va meglio negli alberghi, dove pure nei mesi scorsi, in particolare tra settembre e ottobre, c’era stata una live ripresa: con la riapertura di diverse strutture e l’aumento delle percentuali di riempimento delle stanze. Attualmente dei 1.200 alberghi romani, solo 350 sono ancora chiusi, ma anche per chi ha riaperto la situazione si fa complicata. Spiega Walter Pecoraro, proprietario dell’hotel Cosmopolita, a un passo da piazza Venezia. “Le disdette in questi giorni sono state tantissime, oltre il 50 per cento, le nuove prenotazioni invece si sono fermate.’aumento dei contagi e le nuove regole sono state il colpo di grazia in una situazione già disastrosa”. Pecoraro nel suo albergo ha 82 camere: su 15 prentoazioni, 10 sono state cancellate negli ultimi giorni. L’albergatore è anche presidente di Federalberghi Lazio e in questi giorni sta battagliando per ottenere da Governo e Parlamento alcuni provvedimenti. “Chiediamo tre cose: la cancellazioni della seconda rata Imu, il credito dell’imposta sugli affitti almeno fino a dicembre e la proroga della cassa integrazione. Se queste cose non verranno accettate, il rischio è che scoppi tutto il settore: ci saranno i decine di migliaia di licenziamenti sull’intera filiera. Non si può dimenticare un settore che vale il 15 per cento del Pil. Servono aiuti per permettere alle aziende, soprattutto quelle che lavorano nelle città d’arte, ad arrivare a Primavera quando, si spera, ci sarà la vera ripresa”. Nonostante i cospicui aiuti degli ultimi mesi Pecoraro ritiene che gli sforzi siano stati insufficienti. “Basta un numero: nel Pnrr ci sono, con tutto il rispetto, 7 miliardi sulla cultura e solo 1,9 sul turismo. Evidentemente c’è un ministro della Cultura che pesa molto e un suo collega al Turismo che conta parecchio meno”.
E se le cancellazioni delle prenotazioni sono una costante su tutta la città, la situazione nei diversi hotel è comunque molto variegata. “Noi – ci spiega Claudia Valente, proprietaria dell’hotel Locarno di via della Penna – non abbiamo chiuso neanche durante la seconda guerra mondiale, figuriamoci con il Covid. Siamo stati i primi a tornare pieni, anche a me però adesso stanno arrivando le cancellazioni, siamo nell’ordine del 20 per cento, si tratta in particolare di americani, inglesi e russi”. Valente però non è così critica sulle scelte del governo: “È chiaro che queste restrizioni frenano il mercato, penso però abbano anche un contraltare: siamo il Paese più sicuro al mondo. Questa cosa dobbiamo cercare di raccontarla, dal punto di vista dell’immagine può farci benissimo”. La titolare del Locarno spiega anch come con la pandemia i tempi della filiera si siano estremamente accorciati: “In questo momento a febbraio siamo vuoto, ma non mi preoccupo – dice –. La gente ormai aspetta l’ultimo momento per prenotare, è un cambiamento grosso perché la programmazione turistica prima funzionava al minimo a tre mesi. Ora basta guardare su Booking per capire che le cose sono cambiate: prima le cancellation policy prevedevano almeno a 7 giorni per le disdette, oggi praticamente tutti gli hotel non mettono limiti”.
E questa tendenza ad accorciare i tempi riguarda anche la ristorazione. “Due anni fa – spiega Claudio Pica della Fiepe Confesercenti – per pranzi e cene a Natale e Capodanno le prenotazioni erano già oltre il 50 per cento, quest’anno siamo fermi al 35”. “Molti italiani – racconta Massimilano Marucci, propietario del ristorante Rosso di viale Aventino –ci hanno chiamato per avere informazioni, ma poi non hanno prenotato, ci dicono ‘Guardi aspettiamo un pochino’. Hanno adottato una politica attendista”. Tra mancate prenotazioni e disdette i ristoratori navigano a vista. Le cancellazioni a Roma per i cenoni di Natale e Capodanno sono già intorno al 12 per cento, con un picco dopo la notizia dell’eventuale passaggio in zona gialla del Lazio nella settimana delle feste. “La nuova zona gialla – chiarisce Claudio Pica di Fiepet Confescercenti – per i vaccinati non prevede in realtà alcuna restrizione aggiuntiva, ma le persone sono confuse, non capiscono bene cosa possono e non possono fare”. La maggior parte delle disdette comunque riguardano gli stranieri. E dunque gli effetti sono differenziati da ristorante a ristorante. Dice Alessandro Camponeschi, titolare dell’omonimo ristorante a piazza Farnese: “Noi abbiamo una clientela principalmente romana e abbiamo risentito meno delle ultime novità. Ciononostante, dopo le nuove regole sulla quarantena per chi viene da fuori, abbiamo avuto molte disdette da clienti storici americani e nord europei che tutti gli anni venivano da noi tra Natale e Capodanno”.