cattivi scienziati
L'Italia, l'India e il futile confronto tra paesi diversi sul Covid
Uno degli insegnamenti di questi tempi è che fronteggiamo una pandemia guidata da troppe variabili per agire in maniera omogenea e simultanea in tutto il mondo. Appunti per chi elogia sistematicamente i modelli esteri
Come sempre, quando durante la pandemia le cose vanno male in un certo paese, si guarda ad un altro paese, chiedendosi come mai in quel paese il virus non colpisca, e prospettando le ipotesi più strane per spiegare quanto si osserva. Insistentemente, durante la ripresa dei casi che in Italia si è verificata nell’ultimo mese e mezzo, molti hanno commentato con fare provocatorio che vaccini e misure di contenimento non servono poi a molto, dato che in un paese enorme e più esposto del nostro, l’India, si osservava una linea piatta di pochissimi casi.
Queste persone non hanno capito che la pandemia non procede in maniera sincrona, nemmeno nel nostro paese, e tantomeno nel mondo; e scegliere paesi a caso per confermare le proprie tesi o semplicemente per insinuare dubbi dimostra solo di non aver compreso il principale motore dell’innesco di espansioni su larga scala di un virus, che è il caso, o per meglio dire la combinazione di una moltitudine di fattori stocastici a determinare la ripresa epidemica. Il confronto fra paesi diversi in un dato istante di tempo è inoltre tanto più futile, quanto più un virus è infettivo, perché la ripresa della sua circolazione può essere repentina, vanificando ogni tentativo di inferenza di qualche speciale diversità fra quanto si fa in un dato paese e negli altri.
Guardiamo infatti all’India di oggi: in un paio di settimane, si è arrivati a sfiorare i 200.000 nuovi casi giornalieri, partendo da circa 6.000. I sapientissimi commentatori online tacciono, e l’India non è più “à la page” tra cospirazionisti, oppositori della vaccinazione e delle misure di contenimento, né torna più negli stralunati argomenti di chi sostiene che la medicina alternativa di quel paese sia efficace (pure questo mi è capitato di sentire). Si badi bene: questi sono i casi ufficialmente registrati in un paese che certamente non riesce a intercettare che una piccola parte delle infezioni, delle ospedalizzazioni e perfino delle morti dovute a SARS-CoV-2.
Che sia così, lo sappiamo bene, visto che più analisi hanno dimostrato come il governo Indiano abbia sistematicamente sottostimato gli effetti del virus; per ultima, una pubblicata qualche giorno su Science, che mostra come i morti per COVID-19 sono stati probabilmente 5-6 volte di più di quanto comunicato ufficialmente, intorno cioè a 3 milioni, con la possibilità che siano in numero ancora maggiore se si fanno assunzioni meno prudenti sulla stima.
Al momento, delle centinaia di migliaia di nuovi casi giornalieri ufficialmente identificati in India, 5-10% richiedono l’ospedalizzazione; insieme agli infetti e ai morti, il riempirsi degli ospedali testimonia come l’India, dopo tutto, non sia affatto immune dal virus, come vorrebbe il pensiero magico di chi va prima in Svezia, poi in India e poi chissà dove a cercare dati per dimostrare che in Italia si sta sbagliando tutto. Viviamo tempi complessi e fronteggiamo un fenomeno di cui è possibile prevedere solo tendenze su larghissima scala, nemmeno a dettaglio di singole nazioni, con l’accuratezza che servirebbe per fare certi discorsi; ed una di queste tendenze consiste appunto nel ribollire della pandemia di qua e di là, in maniera imprevedibile, perché guidata da troppe variabili sociali e virali per agire in maniera omogenea e simultanea in tutto il mondo.
Riusciremo a imparare questa lezione, a disinteressarci cioè del fatto che in altri paesi non sta accadendo ciò che accade da noi, e a trarne l’insegnamento che guardare altrove serve a prepararci e ad anticiparci alla prossima ondata, ma non a desumere che questa non ci colpirà (quando per esempio l’Inghilterra peggiora e noi stiamo bene) o che non colpirà nazioni come l’India, la cui politica per qualche ragione piace a taluni più della nostra?