la polemica
Le assurdità della sentenza del Tar sulle cure domiciliari
Perché l’ordinanza del Tribunale amministrativo del Lazio contro la nota del ministero sulle terapie domiciliari è contraddittoria, illogica e pericolosa
Nei giorni scorsi ha avuto grande eco la bocciatura da parte del Tar Lazio della circolare del ministero della Salute, aggiornata al 26 aprile 2021, sulle cure domiciliari per i pazienti Covid nella parte in cui si prevede una "vigile attesa" e la somministrazione di fans (antinfiammatori non steroidei) e paracetamolo. Secondo i giudici amministrativi, che hanno accolto il ricorso del comitato cura domiciliare Covid-19, la circolare “si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale”.
Le linee guida per il Tar Lazio si pongono in contrasto con quell’onere “imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta”. In sostanza la circolare impedisce “l’utilizzo di terapie ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia Covid come avviene per ogni attività terapeutica” perché “impone ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche”. La notizia è stata addirittura presentata come la dimostrazione che il ministero della Salute (“Speranza”) ha impedito di curare i malati. Niente di più falso.
La sentenza gira intorno a una vicenda che non è nuova. Bisogna infatti fare un salto indietro, al 9 marzo 2021, quando a seguito di un ricorso dello stesso “comitato” sempre il Tar Lazio sospese la nota dell’Aifa del 9 dicembre 2020 che è alla base della circolare del ministero della Salute. “Il ricorso appare fondato, in relazione alla circostanza che i ricorrenti fanno valere il proprio diritto/dovere… di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”, recitava l’ordinanza sospensiva. Ma poche settimane dopo, il 26 aprile, la decisione del Tar Lazio venne ribaltata dal Consiglio di Stato che bocciò la sospensiva perché “la nota Aifa non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alla definizione del giudizio di merito determina al contrario il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva, comunque garantito”. In sostanza, per il Consiglio di Stato la circolare ministeriale non solo non vincola la libertà del medico ma fornisce un importante aiuto, indicando quali sono le best practice.
Questo il pregresso. La sentenza del Tar Lazio del 15 gennaio 2022, che formalmente ora riguarda un atto diverso (la circolare del ministero invece della nota Aifa), in sostanza non fa che tornare nel merito della stessa decisione ribaltandone di nuovo l’esito. Con una motivazione che è tanto illogica quanto surreale. I giudici del Tar infatti riprendono il passaggio della sentenza del Consiglio di Stato che negava la limitazione della libertà dei medici di prescrivere le terapie ritenute più opportune per affermare l’esatto contrario. Il Tar, infatti, prima cita la sentenza che asserisce che “la nota Aifa non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna” per poi stabilire, con un triplo salto carpiato logico, che “il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico”. L’argomentazione, oltre che contraddittoria, è falsa. Non c’è alcuna imposizione, dato che si tratta di semplici raccomandazioni per giunta meno vincolanti delle linee guida previste dalla legge Gelli.
Ma al di là del dato giuridico, di cui probabilmente si occuperà di nuovo il Consiglio di stato in una surreale partita di ping pong giudiziario, ciò che inquieta è la conseguenza logica dell’ordinanza del Tar Lazio. In pratica, per non turbare l’autonomia e il libero convincimento dei medici, le istituzioni sanitarie deputate (ministero della Salute, Istituto superiore di Sanità, Consiglio superiore di Sanità, Aifa ecc.) non dovrebbero fornire alcuna linea guida basata sulle evidenze acquisite dalla comunità scientifica internazionale né per gestire il Covid né per qualsiasi altra patologia. A questo punto, seguendo il ragionamento del Tar Lazio, l’Aifa non dovrebbe più approvare alcun farmaco e, anzi, dovrebbe eliminare le indicazioni terapeutiche dai bugiardini per non condizionare i medici. Sarebbe la legislazione perfetta per la proliferazione dei metodi Stamina e Di Bella, e dei tanti loro epigoni che con il Covid vendono pseudocure inefficaci e pericolose.