Quanto è vicina la “Liberazione”. Una critica al libro di Ricciardi
La sottovalutazione nella prevenzione, le responsabilità nazionali e internazionali. Dove nasce il “Pandemonio”
Ho letto con un misto di curiosità e avidità il libro di Walter Ricciardi, cui sono legato da molti anni di conoscenza avendo noi operato in settori differenti ma in fondo molto vicini, lui nel pianeta della sanità pubblica e io in quello della protezione civile. Considero Ricciardi un ottimo professionista, uno scienziato di spessore ma soprattutto un uomo libero di esprimere e di difendere, sempre e senza reticenze, le proprie convinzioni. “Pandemonio” è un interessante diario di bordo degli ultimi due anni di emergenza, che lo ha visto giocare il difficile ruolo di consigliere del ministro Speranza mentre io ho avuto il ruolo di coordinatore del Cts, poi consulente del ministro Bianchi e ora del presidente della Calabria. Rispetto a molti altri attori di questo grande dramma collettivo, Walter ha avuto il vantaggio di possedere una competenza specifica adatta alla crisi che stiamo vivendo, avendo ricoperto nel corso della sua carriera ruoli che gli hanno consentito di essere oggi un osservatore severo e competente del match che stiamo giocando a livello planetario. Esperto di sanità pubblica, ex direttore dell’Istituto superiore di Sanità, membro di comitati internazionali in materia di salute e rappresentante italiano presso l’Oms; relazioni nazionali e internazionali adeguate per parlare con i suoi pari grado di molti paesi in giro per il mondo.
Nel periodo nel quale ho ricoperto l’incarico di coordinatore del Cts, ho avuto molte occasioni di incontrarmi con lui, discutere, ascoltare le sue posizioni che molto spesso si scontravano con le opinioni dei colleghi del Cts. Io stesso mi sono trovato spesso in disaccordo su posizioni, talvolta intransigenti e poco conciliatorie, che Walter prendeva e che potevano indurre il ministro a orientarsi in modi differenti da quanto il gruppo che coordinavo aveva suggerito. Alcune precise “intuizioni” di Ricciardi e di pochi altri colleghi epidemiologi, avute all’inizio del 2020 furono probabilmente poco comprese dalla maggior parte degli esperti nazionali e caddero nel vuoto.
Ben pochi avevano all’epoca gli strumenti “scientifici e culturali” per vedere il pericolo giungere dalla lontana Cina, paese del quale si rilevavano solo le decisioni di un regime dittatoriale che stava gestendo l’emergenza sanitaria con metodi e strumenti che non avrebbero mai potuto essere accettati nelle democrazie occidentali. Pochi quindi ebbero la percezione che “si stava scherzando con il fuoco” utilizzando quelle preziose settimane per attivare procedure di emergenza che avrebbero potuto consentire l’adeguamento delle nostre strutture di accoglienza. Oppure procurandosi sul mercato la strumentazione necessaria.
Non ho memoria in quelle settimane di assessori alla Sanità, direttori generali di Asl o di ospedali del paese che prendessero provvedimenti in quel senso. Non ricordo nessuno dei tanti predicatori, con il senno di poi, che a gennaio 2020 si affannassero per ottenere questo materiale e fare interventi nelle proprie strutture per adeguarle a quello tsunami che ci avrebbe travolti poche settimane dopo. Nessuno era preparato a quell’emergenza e nessuno seppe utilizzare quelle settimane preziose per prepararsi; ma una volta che hai fatto queste considerazioni hai il dovere di chiederti dov’è l’errore, dove abbiamo sbagliato, in Italia ma anche in tutto il pianeta? Come mai nessuno è stato capace di prepararsi adeguatamente e tutti sono stati presi alla sprovvista?
La prima risposta che mi do per valutare “quello che è successo, quello che non dovrà più succedere” è: dov’era il sistema internazionale, l’Oms, la Commissione europea, dov’erano le agenzie internazionali, sempre presenti negli interminabili seminari o negli splendidi workshop, a pontificare sui disastri futuri e istruire sulle ricette vincenti per combattere i rischi? Anche se è vero che nessuna di queste agenzie o organizzazioni ha mai avuto la delega a occuparsi di temi sanitari dei singoli stati membri, è altrettanto vero che la credibilità di queste organizzazioni si vede proprio nella capacità di orientare e convincere gli stati in azioni protettive. Sarei stato meno generoso di Ricciardi nell’analizzare il comportamento di queste organizzazioni durante la pandemia; ritengo che gran parte delle responsabilità dei ritardi e degli errori commessi è certamente da imputare loro.
Molto interessante è l’analisi del sistema sanitario nazionale per il quale erige uno spartiacque nel 2001, anno di approvazione della modifica del titolo V della Costituzione. Difficile dire che la distrazione politica del nostro paese verso la sanità pubblica nasca solo dopo l’approvazione della modifica del titolo V, anche prima l’Italia non brillava in attenzione verso gli investimenti nella sanità. Anche in questo capitolo devo riconoscere una discreta “generosa eleganza” da parte dell’autore nel sottolineare le criticità smussando le responsabilità sui gravi errori che sono stati commessi, sul tempo perduto in nome dell’autonomia gestionale in una situazione di grave emergenza nazionale. Dico questo ricordando che un articolo della nostra Costituzione, il 120, prevede il potere di sostituzione delle autonomie locali qualora non siano in grado di garantire diritti costituzionalmente previsti.
Sul lockdown avrei suggerito a Ricciardi di spendere qualche parola in più, solo per aiutare a comprendere la difficilissima condizione in cui il govenro ha dovuto prendere decisioni mai prese prima d’oggi cercando di conciliare, nella estrema incertezza del momento e senza avere dati certi o informazioni suffragate da conoscenza scientifica certificata, le esigenze degli esperti sanitari con le innumerevoli questioni che afferiscono al blocco di un territorio (sicurezza, continuità dei servizi essenziali, etc.).
Un aspetto decisamente positivo è la panoramica internazionale, una utile comparazione tra realtà diverse che solitamente vengono messe a confronto dai media senza chiarire le differenze che rendono il confronto sui numeri un esercizio poco utile se fatto senza analisi del contesto.
Sulla preparazione e sulla prevenzione sanitaria non potrei che essere più d’accordo con Riccardi quando sottolinea che sin “dalla nascita del Servizio sanitario nazionale la prevenzione ha rappresentato la ‘Cenerentola’ del sistema, in termini sia di finanziamento che di gestione, e ciò ha portato ad una situazione di insostenibilità in cui la crescita delle patologie prevenibili appare difficilmente arrestabile e destinata a travolgerlo”. Mi auguro che il futuro Pnrr possa incidere sul tema prevenzione anche se condivido le preoccupazioni di Ricciardi in materia e condivido soprattutto la splendida citazione di Montanelli: “Accountability è un termine chiave della democrazia anglosassone, indica il dover rendere conto del proprio operato a chi ci ha eletto o paga il nostro stipendio. in italiano non è stata ancora tradotta”.
Chiudo dicendo che “Pandemonio” è un libro da leggere anche se spero di essere in totale disaccordo con Walter quando sostiene che “nel gennaio del 2021 eravamo nel 1941 e non nel 1945”. Vorrei essere più ottimista. Oggi non siamo nel 1942 ma spero molto più vicini alla Liberazione!
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