La svolta
Boris Johnson tira dritto sull'obbligo vaccinale per i sanitari
Entrerà in vigore a partire dal prossimo 1 aprile. "Ci assicuriamo di non avere personale che metta a rischio i pazienti", ha detto il vicepremier Dominic Raab
In Inghilterra a partire dal prossimo 1 aprile entrerà in vigore l’obbligo di vaccinazione contro il Covid per il personale sanitario. Il provvedimento, simile a quello adottato ad aprile dello scorso anno dall’Italia, è stato però oggetto di forti discussioni nelle ultime settimane. In caso di mancato adempimento, il personale che non potrà essere destinato ad altre mansioni sarà rimandato a casa: un elemento di criticità che si andrebbe a sommare all’elevato numero di operatori sanitari in quarantena perché contagiati da Omicron. Proprio per questo, da più parti, si sono sollevate pressanti richieste per un rinvio dell’entrata in vigore della misura al fine di scongiurare un potenziale rischio di carenze di personale negli ospedali. A paventare il pericolo non sono stati solo i politici, ma anche rappresentanti del servizio sanitario.
Il rischio concreto di far rimanere a casa migliaia di operatori sanitari è dovuto in parte anche ai tempi dilatati stabiliti oltremanica per la somministrazione della seconda dose di vaccino anti Covid. Se infatti in Italia, con le circolari del ministero della Salute di aprile e maggio dello scorso anno, questo intervallo di tempo è stato ridotto da un minimo di 21 fino a un massimo di 42 giorni dalla prima somministrazione, nel Regno Unito è necessario attendere almeno otto settimane per ricevere la seconda dose. Questo significa che, per farsi trovare in regola e aver quindi completato il ciclo vaccinale primario entro l’inizio di aprile, i sanitari inglesi non ancora vaccinati dovranno ricevere la prima dose non oltre il 3 febbraio.
Ma quanti sono gli operatori del Nhs, il servizio sanitario inglese, ancora non vaccinati? Secondo le cifre a disposizione ammontano a circa 80 mila unità, che rappresentano il 5,4 per cento del totale. Un dato che sembra si stia lentamente ma progressivamente riducendo dal momento che i non vaccinati risultavano essere l’8,2 per cento ad agosto e il 5,7 per cento a dicembre del 2021. Nonostante questi numeri e le pressanti richieste di slittamento il vice primo ministro del Regno Unito, Dominc Raab, la scorsa domenica ha tenuto fermo il punto chiarendo come al momento il sistema sanitario britannico, potenziato negli ultimi due anni per far fronte all’emergenza Covid, sia ben più resiliente rispetto al passato e con un numero maggiore di personale su cui poter contare, ossia “quasi 5 mila medici e 11 mila infermieri in più rispetto al 2020”. Con l’obbligo vaccinale, ha aggiunto Raab, “ci assicuriamo di non avere personale che metta a rischio i pazienti. La misura è stata introdotta per proteggere i pazienti più vulnerabili nei nostri ospedali”.
Nonostante l’aspro dibattito il governo sembra quindi intenzionato a proseguire la via tracciata. C’è da aggiungere che, se al momento i dati relativi ai contagi e alle ospedalizzazioni siano ancora alti, anche nel Regno Unito iniziano a intravedersi i primi segnali di discesa. A maggior ragione dunque ad aprile, un po’ per la fine dell’inverno e un po’ per un’incidenza che sarà sicuramente diversa rispetto a quella record registrata nel picco dell’ondata Omicron, la pressione sulle strutture sanitarie potrebbe esser ben meno impegnativa. A quel punto una percentuale residua di non vaccinati tra gli operatori sanitari potrebbe esser gestita senza quelle difficoltà a oggi dipinte da diverse parti come potenzialmente “drammatiche”. Se il governo di Boris Johnson non deciderà all’ultimo minuto di tornare sui suoi passi, da qui ai prossimi 9 giorni avremo anche un quadro più preciso di quanto questa misura possa considerarsi efficace nel ridurre la quota di persone non vaccinate, anche perché gli altri stati del regno come Galles, Scozia e Irland del nord non hanno introdotto l’obbligo e si potrà quindi fare un confronto.
Si tratta di un elemento interessante sul quale ben poco si può dire per l’Italia dal momento che l’obbligo per gli operatori sanitari è stato introdotto dopo appena quattro giorni dall’avvio della campagna vaccinale, ma sul quale si iniziano ad avere alcune evidenze positive per quanto riguarda gli over 50. In particolare per quei lavoratori che, se non si metteranno in regola ricevendo almeno una dose entro l’inizio di febbraio, oltre a pagare una sanzione non potranno presentarsi sul luogo di lavoro.