Cattivi scienziati
Informazione o deformazione. L'ambiguità dei social nel comunicare la scienza
Polarizzazione, pericolo di manipolazione e frodi, da una parte, e capacità di superare ostacoli e rapidità di diffusione di critiche ed informazioni corrette dall'altra
Molto si è scritto del pessimo effetto che i social network hanno avuto e hanno durante la pandemia, essendo il principale veicolo della disseminazione istantanea di informazioni non controllate, le quali sovente hanno lo scopo di manipolare l’opinione pubblica per le più diverse ragioni.
Come minimo, la ricompensa in termini di visibilità che un contenuto molto condiviso garantisce a chi lo diffonde è un’esca che attrae molte persone, le quali valorizzano poi questa visibilità in modi diversi; e siccome la visibilità è facile da acquisire distribuendo informazioni artatamente esagerate, semplificate e spesso false, vi è un vantaggio netto in termini di volume totale di condivisione da parte di questo tipo di contenuti rispetto ad altri che avrebbero maggiore utilità per il pubblico e potrebbero contribuire ad indirizzarne i comportamenti in modo da contrastare la diffusione del virus.
Gli scienziati e i ricercatori, inizialmente restii ad utilizzare i social forum, sono invece stati catturati recentemente anch’essi dal meccanismo della diffusione istantanea di contenuti; per questo motivo, durante la pandemia abbiamo assistito anche alla condivisione di contenuto molto poco controllati e molto fuorvianti da parte di moltissimi ricercatori, clinici, professori, i quali, come qualsiasi vittima della dopaminergica trappola social, non hanno resistito ad utilizzare Twitter, Facebook o altre piattaforme per propagare le proprie opinioni, spesso troppo avventate e premature e, soprattutto, mal spiegate e circostanziate.
Eppure, la comunicazione scientifica attraverso i social forum può essere estremamente utile in tempi in cui la rapidità di diffusione delle notizie al pubblico e alla stessa comunità scientifica sia vitale: a patto che si accetti l’inevitabile discussione delle ultime novità, le quali possono essere attaccate e smontate dai colleghi in pubblico invece che, più confortevolmente, in privato, i social network possono essere uno strumento molto utile.
Nel gennaio 2020, per esempio, circa 2 mesi prima che l'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse lo stato di pandemia, un sito Web, virological.org, diffuse su Twitter la sequenza genetica di SARS-CoV-2 che era stata appena determinata in Cina. In pochi giorni, l'azienda farmaceutica Moderna e il National Institutes of Health degli Stati Uniti annunziarono l'intenzione di sviluppare quello che solo 10 mesi dopo si è rivelato un vaccino efficace, basato sulla sequenza che codifica per la proteina spike del virus.
Questo tipo di accelerazione della comunità scientifica, che grazie ai social forum è riuscita in questa occasione a superare ostacoli come una possibile censura dovuta alla cautela della politica cinese, ma anche a tagliare fuori le riviste scientifiche, le quali funzionano solitamente da cancello e imbuto per la propagazione dell’informazione scientifica anche se urgentemente attesa, ha fatto la differenza rispetto al passato, quando avrebbero potuto essere state necessarie settimane o mesi perché dati di sequenziamento così utili raggiungessero gli scienziati interessati tramite una rivista. L'ascesa di Twitter e di altri social media nella comunità scientifica ha consentito a singoli ricercatori di spargere la voce sulla sequenza SARS-CoV-2 in poche ore, innescando conversazioni globali e accelerando gli sforzi per sviluppare vaccini. Lo stesso scenario si è ripetuto quando sono state determinate, a tempo di record, le strutture tridimensionali della proteina Spike, libera e in complesso con il recettore umano ACE-2: anche in questo caso, la notizia propagata sui social forum e la disponibilità immediata dei dati ha consentito alla comunità globale di cominciare a comprendere meccanismi vitali per lo sviluppo di trattamenti quali gli anticorpi monoclonali – al di là del successo o dei fallimenti successivamente occorsi.
Non va poi dimenticato come i social forum siano stati vitali nel contrasto della cattiva scienza pubblicata sulle riviste scientifiche per gli interessi più diversi, ma soprattutto per la mancanza di revisioni accurate in temo di infodemia: insieme a molti altri, io stesso ho utilizzato questo mezzo per giungere a ritrattazioni di lavori pubblicati anche su Lancet (quello sulla clorochina), oppure per segnalare in tempo reale incongruenze e problemi e mettere in guardia tutti (su Sputnik, ad esempio).
Questi fatti positivi naturalmente hanno come contraltare la diffusione immediata al pubblico, specialistico e non, di una impressionante quantità di spazzatura scientifica; inoltre, la recente importante acquisizione da parte di Elon Musk di Twitter ricorda ancora una volta a tutti come la dipendenza nella diffusione di informazione vitale, in questo caso scientifica, da piattaforme possedute da singoli individui o entità finanziarie è estremamente pericolosa e prona alla possibilità di censura selettiva e di uso improprio.
Ci troviamo quindi nella seguente condizione: da un lato, abbiamo uno strumento strategico e potentissimo per promuovere non solo e non tanto la diffusione al pubblico dei risultati della ricerca scientifica, quanto la stessa discussione e correzione della scienza in tempo reale; dall’altro, le caratteristiche stesse di questo mezzo lo rendono ideale per deformare la ricerca scientifica, diffondere disinformazione, aumentare il peso delle frodi e della cattiva scienza presso la stessa comunità dei ricercatori.
Potremo trovare un equilibrio migliore tra polarizzazione, pericolo di manipolazione e frodi, da una parte, e rapidità di diffusione di critiche ed informazioni corrette, dall’altro?