Cattivi Scienziati
Covid, per la quarta dose di vaccino serve una risposta unitaria delle istituzioni
La fiducia dei cittadini è diminuita a causa delle voci discordanti che hanno condizionato le precedenti ondate di Covid-19: per affrontare la prossima campagna vaccinale serve una comunicazione chiara e univoca
Siamo presumibilmente prossimi ad una nuova campagna vaccinale che interesserà la maggior parte della popolazione italiana.
La quarta dose, che sia con i vaccini ottimizzati contro BA.1 di Pfizer o Moderna o con altri prodotti, dovrà probabilmente essere somministrata a decine di milioni di italiani, per proteggere la società da una possibile nuova ondata invernale. Questa, qualsiasi sia la variante che potrà causarla e qualsiasi sia il momento preciso in cui inizierà (potrebbe partire in ritardo rispetto agli anni precedenti, a causa dell’attuale ampio contagio da sottovarianti Omicron), sarà necessaria a proteggere in primo luogo la nostra società e la sanità pubblica dalla legge dei grandi numeri, che predice come per un numero sufficientemente alto di infezioni si avranno comunque effetti saturativi sufficienti a creare problemi e disagi vari, ed in secondo luogo, in grado dipendente dalla virulenza delle varianti che emergeranno, anche i singoli cittadini.
Tuttavia, questa campagna di vaccinazione, come insegna l’attuale risposta alla chiamata degli ultraottantenni per la quarta dose, sarà ben diversa da quella che l’ha preceduta.
La fiducia dei cittadini nei vaccini e nella comunità scientifica nazionale, infatti, potrebbe essere erosa rispetto al momento in cui sono stati introdotti i vaccini, a causa delle aspettative irrealistiche prospettate dagli esperti ma, più ancora, a causa dell’assordante ed ininterrotta cacofonia di voci discordi, alimentata dal narcisismo di molti protagonisti delle scene pandemiche, sapientemente sfruttata dai professionisti della comunicazione per organizzare un’ininterrotta parata di opinioni e di diverbi. Inoltre, troppi riaggiustamenti si sono avuti circa efficacia ed effetti collaterali dei vaccini in uso, in parte certamente causati da nuove varianti virali, ma in parte anche dall’esasperata e ininterrotta discussione di ogni dato disponibile, senza che se ne fosse accertata con sicurezza affidabilità e limiti di campionamento, da parte di ogni genere di social media star, inclusi molti personaggi che mal si adattano a concludere la propria carriera in un decoroso silenzio, e preferiscono invece dare spettacolo sui social forum con ogni sorta di accanimento terapeutico volto a tenere in vita le stralunate aspettative degli oppositori della vaccinazione.
In questa situazione, potrei sbagliarmi ma credo che, prima ancora della organizzazione pratica e logistica della campagna vaccinale, sia urgente insistere su un tasto molto battuto, ma con poco esito, da parte di chi ha a cuore la salute dei cittadini: la riorganizzazione della comunicazione in tema di vaccini e salute pubblica.
Se quanto si ode in questi giorni ascoltando il pubblico, il quale persino in risposta a progressi nell’atteggiamento delle multinazionali del farmaco come Pfizer che hanno annunciato prossimi sforzi per rilasciare un vaccino pancoronavirus esprime ormai disinteresse e scetticismo, dovesse superare l’estate e continuare fino all’autunno, la campagna sarà probabilmente un fallimento.
Se la fatica pandemica non sarò riconosciuta e i cittadini non saranno interpellati in maniera diversa, principalmente riconoscendo onestamente i limiti dei prodotti e della campagna passata, e non solo i meriti, e poi motivando di nuovo tutti a superare un ennesimo scoglio, in vista non di una serie infinita di alti e bassi con il virus, ma di qualche traguardo misurabile, concreto e soprattutto duraturo, come potrebbe ottenersi combinando migliori vaccini, migliori farmaci e soprattutto migliore organizzazione sanitaria con investimenti su ventilazione e altre contromisure efficaci, se insomma non si lascerà intravedere a tutti qualche concreto miglioramento rispetto all’eterno giro dell’oca che i cittadini percepiscono, non credo chi si riuscirà ad ottenere molto da nessun appello.
Per questi ed altri motivi, sarebbe forse il caso che si organizzasse un nuovo modo di comunicare da parte delle istituzioni, centralizzato, credibile, terzo, onesto e, in definitiva, poco attaccabile perché ben distante dal condizionamento politico.
Un messaggio unico e solido è il solo modo di vincere la palude disinformativa, o almeno di mitigarne gli effetti rassicurando i cittadini e rinforzandone la coscienza civile richiesta per un ennesimo atto terapeutico che il virus richiede.
Naturalmente, tra questo ipotetico e auspicabile sforzo e la realtà, vi è un mare, che sono ben cosciente sarà difficile navigare; per questo motivo, sono piuttosto pessimista sul fatto che si riuscirà ad intraprendere la strada corretta, in questo come in altri settori legati alla pandemia di cui abbiamo più volte discusso.
Eppure, anche in questo caso, vale la pena almeno di considerare cosa sarebbe idealmente giusto fare, e come si dovrebbe evitare di ripetere gli errori del passato, per una semplice, piccolissima ragione: perché nessuno, nel 2023, guardandosi indietro possa dire che i danni per allora realizzati saranno stati dovuti a circostanze eccezionali e imprevedibili.