Foto di Andy Wong, via LaPresse 

Cattivi Scienziati

La Cina ha sviluppato un vaccino spray. Riusciremo a seguire l'esempio?

Enrico Bucci

Ammesso e non concesso che le sperimentazioni cinesi non siano un bluff, il che comunque appare strano, in Italia disponiamo di diverse aziende, come la Chiesi o Sanofi, che sarebbero in grado di sperimentare tecnologie come quelle asiatiche 

Mentre qui da noi ci chiediamo se sia meglio fare un richiamo con il vaccino bivalente Ba.1 o Ba.5, oppure se e quanto sia utile una quarta dose dopo tre dosi e un’infezione, in Cina – e precisamente a Shangai – il vaccino spray per bocca prodotto dalla CanSino, approvato a settembre, è in distribuzione nella popolazione.
Per sapere come avviene la vaccinazione con la formulazione spray distribuita in Cina, il lettore curioso può persino scaricare un video dimostrativo del governo cinese; a me importa più fare qualche considerazione generale.

 

Come ormai credo sia a tutti ben chiaro, i vaccini attuali – anche nella loro formulazione bivalente – proteggono poco dall’infezione; nonostante mantengano ancora una buona attività preventiva nei confronti del Covid-19 grave, è evidente che questo è un problema, non ultimo perché consente al virus di replicarsi in abbondanza, evolvendo ancora nuove forme, le quali potrebbero alla fine superare anche l’immunità di tipo T e quindi annullare ogni efficacia profilattica di ciò che abbiamo oggi. Certo, si può inseguire ogni variante e si possono aumentare le dosi per fronteggiare la diminuzione dell’immunità conferita da ciò che abbiamo; in Lazio, per esempio, è partita la campagna di vaccinazione con una quinta dose per i soggetti più fragili.
È però indispensabile, come ho più volte scritto, che si superi l’attuale fase di stallo, cercando innanzitutto di indurre una buona risposta anticorpale a livello di mucose respiratorie: in caso di successo, questa fornirebbe una barriera all’infezione e alla trasmissione del virus, così da controllare molto meglio la diffusione globale del patogeno.
Il prodotto di CanSino, basato su adenovirus, avrebbe a detta dei cinesi già mostrato ottime proprietà anche come booster nelle fasi di sviluppo clinico; e di certo, anche solo a vedere i video di propaganda, la sua somministrazione appare semplice.

 

Ora mettiamo pure che, alla fine, questo prodotto, come i precedenti cinesi e come lo spray nasale di Astra Zeneca, non sia particolarmente efficace. Ammettiamo che la Cina stia semplicemente investendo su un bluff, pur se, onestamente, la cosa mi sembra un tantino eccessiva.
Quel che conta, e che vorrei sottolineare qui, è che la Cina e l’India stanno fortemente investendo su tecnologie utili a migliorare i vaccini attuali; in altri paesi, come gli Stati Uniti, si stanno muovendo le stesse aziende che hanno già agito in India, acquistando dalle università brevetti interessanti per esportare a livello mondiale le tecnologie necessarie, mentre ancora altre aziende asiatiche sono in fase clinica 3 (Bharat Biotech, Codagenix, Beijing Wantal Biological e Razi Vaccine con il Serum Research Institute).

 

Dal punto di vista dello sviluppo, i vaccini intranasali sono ad alto rischio, visto che in passato vaccini contro altri patogeni si sono dimostrati molto meno efficaci per via nasale, in buon accordo con il recente fallimento di AstraZeneca e quello precedente di AltImmune per quanto riguarda sars-cov-2: innalzare il livello di anticorpi a livello di membrana non è infatti lo stesso che innalzarlo a livello serico, ed è particolarmente complesso ottenere entrambe le risposte. Tuttavia, è ormai abbastanza chiaro che l’aggiunta al vaccino dei corretti adiuvanti, cioè di prodotti in grado di stimolare in maniera non specifica la risposta immune, può essere la soluzione e la chiave per spiegare i recenti fallimenti; ed è infatti in questa direzione che si sono mossi coloro che stanno sviluppando i prodotti più promettenti.
Investimento a rischio e posizione dominante significa che, almeno fino a oggi, non si è ottenuto nulla dalle multinazionali già sul mercato; è per questo che devono, di nuovo, muoversi gli stati, se vogliamo fare qualche progresso significativo.

 

Il primo passo, naturalmente, è identificare se esistono e quali sono le competenze necessarie in ciascun paese, o al di fuori del proprio, per lanciare un progetto paragonabile a quello indiano o cinese. Proprio in Italia, per esempio, abbiamo aziende come la Chiesi, esperte in formulazioni spray e intranasali, Sanofi, che, utilizzando un adiuvante della Glaxo, ha sviluppato un nuovo vaccino, Dompé, che insieme a NIH  e alla Johns Hopkins School of Medicine ha identificato un modo per migliorare la sequenza della proteina Spike utilizzata nei vaccini. Siamo capaci di sfruttare queste competenze, insieme a quelle accademiche ampiamente disponibili nel nostro paese, o aspetteremo che Cina e India, in caso di successo, offrano al miglior offerente o a chi più conviene loro i prodotti che hanno sviluppato?

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