Il reintegro dei medici no vax non risolverà la carenza di organico negli ospedali. Ecco cosa serve davvero
Parla Filippo Anelli, presidente Fnomceo: "Scelta legittima ma irrilevante: riguarda meno dell'1% del totale". La ricetta: cambiare paradigma sulla programmazione, sburocratizzare e rendere attraente la carriera con più risorse e più dignità del lavoro
Il reintegro, deciso dal governo, del personale sanitario sospeso per avere rifiutato la vaccinazione anti-Covid avrà un effetto marginale sugli organici degli ospedali. Parola del presidente dell'Ordine dei medici. Nella conferenza stampa in cui ha presentato il decreto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha motivato la decisione spiegando che "consente di prendere quattromila persone ferme e metterle al lavoro, in un momento di grave carenza di organico". Anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha ribadito che il reintegro "serve innanzitutto per contrastare proprio la carenza che si registra sul territorio". Eppure, secondo Filippo Anelli, il numero uno della Fnomceo (la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), gli operatori sanitari che non hanno ancora il vaccino "sono meno dell'uno per cento del totale e in buona parte liberi professionisti. Non hanno alcuna rilevanza sul piano della carenza di organico nelle strutture pubbliche". Insomma, si parla sì di quattromila professionisti, che sarebbero del resto stati reintegrati a fine dicembre. Ma è stato calcolato che circa i tre quarti di loro non lavorano nel pubblico. Si tratta di una goccia nel mare dei 468mila professionisti, tra medici e odontoiatri, la quasi totalità dei quali ha adempiuto l'obbligo vaccinale. "Un numero", insiste Anelli, "che varia ogni giorno poiché chi si ammala di Covid-19 risulta come 'vaccinato' e a quel punto la sua sospensione dal lavoro decade".
La decisione dell'esecutivo è dunque una mossa ideologica? "Oggi si torna a una situazione di ordinarietà, ed è legittimo farlo. Ma non è giusto accusare di eccessiva severità il governo passato perché nel momento in cui è stato chiamato ad adottare una decisione sul tema degli operatori sanitari che non si vaccinavano la mortalità era molto alta. In quel frangente il Parlamento ha fatto un ragionamento condivisibile e ha fatto prevalere l'interesse collettivo sull'articolo 32 della Costituzione", quello che assicura che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. "Poi con i vaccini la mortalità si è pressoché azzerata", prosegue Anelli, e quindi oggi ha senso rivedere la norma.
La mancanza di medici in molte regioni italiane è del resto un problema noto e denunciato da tempo, dalla Fnomceo in primis. Qual è la ricetta che l'ordine dei medici propone al governo per provare a venire a capo della questione? "Occorre innanzitutto prendere atto che qualcuno ha sbagliato", dice Anelli, che propone un cambio di paradigma. "La programmazione, che spetta alla regioni, è stata impostata in questi anni sulla disponibilità di risorse economiche e non sulla reale esigenza di professionisti. la programmazione invece va fatta sulle reali esigenze e solo dopo andranno trovate le risorse. Per esempio, se in rianimazione servono un medico ogni due posti letto più tot infermieri e Os, quello deve divenire lo standard. E su quello vanno stanziate le risorse. Urge poi un aggiornamento delle norme che definiscono i limiti economici di riferimento della spesa per il personale entro i quali le aziende sanitarie possono effettuare assunzioni (Monte salari 2004 diminuito dell’1,4%). Ad oggi il fondo è fermo, così come non è ancora iniziato il corso di formazione per il 2022. A causa di un eccesso di burocrazia si accumulano ritardi ingiustificati".
Non solo: secondo il presidente dell'Ordine dei medici, "bisogna rendere più attrattivo il lavoro. Molti colleghi lasciano per l'estero, dove gli stipendi sono migliori, e molti altri per le cooperative, dove il salario immediato è più alto e non ci sono ordini di servizio, per cui si può organizzare meglio la propria vita privata". Non solo maggiori risorse, dunque, (l'Italia è agli ultimi posti per gli stipendi dei sanitari), ma anche per la qualità di vita individuale, che secondo Anelli, a oggi è "inaccettabile".
"Spesso tra chi rimane a lavorare nel pubblico prevale un ragionamento etico, una forma di deontologia che fa accettare i turni lunghi e massacranti, il sacrificio della famiglia. Invece occorre renderlo un lavoro dignitoso. Ieri il ministro Schillaci ha sottolineato la validità del vaccino, ha ringraziato i professionisti e gli ordini: siamo sul binario giusto", conclude Anelli. Che ora si attende che la politica dia le risposte alle domande urgenti segnalate da tempo dai professionisti della sanità italiana.
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