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Il governo vuole riformare la colpa medica, ma è diviso
Il ministro della Salute Schillaci annuncia: "Depenalizzeremo la responsabilità medica". Ma il Guardasigilli Carlo Nordio frena: "Depenalizzazione impossibile, ma si può ridurre responsabilità penale dei medici"
"E’ molto difficile, se non impossibile, una depenalizzazione del reato di colpa medica, perché bisognerebbe intervenire sulla struttura complessiva dell’omicidio colposo, delle lesioni colpose, della responsabilità omissiva, del nesso di causalità ecc. E’ però possibile ridurre non solo la responsabilità penale e civile degli operatori sanitari, ma anche la possibilità di aggredire gli operatori con denunce e cause civili”. Con queste parole il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha accompagnato l’insediamento della commissione ministeriale per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, presieduta dal magistrato Adelchi d’Ippolito e composta da giuristi e specialisti in ambito medico.
Una presa di posizione, quella di Nordio, ribadita dallo stesso D’Ippolito: “Non si può parlare semplicemente di una depenalizzazione tout court ma occorre individuare un punto di equilibrio per garantire al paziente una piena tutela e assicurare al medico tranquillità e serenità nell’esercizio della sua professione”. Sia l’intervento di Nordio sia quello di D’Ippolito sono apparsi essere una correzione di rotta dopo l’annuncio fatto in diverse interviste dal ministro della Salute, Orazio Schillaci: “Agiremo depenalizzando la responsabilità medica, tranne che per il dolo, e mantenendo solo quella civile”. In un’altra intervista Schillaci aveva dichiarato: “Dai dati che abbiamo, gran parte delle cause giudiziarie contro i medici finiscono in un nulla di fatto, nell’assoluzione. Per questo va depenalizzato il reato”.
Se Schillaci ha agitato l’accetta, Nordio ha mostrato la cautela tipica dei giuristi, facendo però emergere una differenza di visioni all’interno del governo sul tema della responsabilità medica, sia sui contenuti che sui metodi. L’obiettivo comunque, per entrambi, è quello di evitare che i medici continuino a essere inondati di cause penali e civili, e che per questo siano spinti verso la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè l’eccesso di prescrizione di esami e di prestazioni proprio per il timore di incorrere in contenziosi legali. “Tutelare insieme il paziente e il medico, riducendo le attuali criticità – ha detto Nordio – Il malato è la prima vittima della medicina difensiva, diventata una zavorra per l’operatore sanitario, che ha il diritto di lavorare con tranquillità, e per il malato, che ha il diritto di non essere sottoposto a esami inutili e costosi, solo perché il medico pensa così di difendersi da possibili aggressioni giudiziarie”.
I numeri, del resto, parlano chiaro. Secondo i dati di Anaao-Assomed, “ogni anno in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie pubbliche”, cause che nella maggior parte dei casi si traducono in un nulla di fatto, considerando che “il 95 per cento nel penale e il 70 per cento nel civile si conclude con il proscioglimento”. L’impatto della medicina difensiva sulla sanità pubblica è stimato invece in circa dieci miliardi di euro l’anno.
“In Italia l’errore commesso dal medico può essere sanzionato penalmente come accade solo in altri due paesi del mondo: Polonia e Messico. Per questo abbiamo non solo apprezzato ma anche rilanciato e sostenuto con forza le parole del ministro Schillaci sull’esigenza improcrastinabile di procedere con una depenalizzazione dell’errore medico”, dichiara al Foglio Pierino Di Silverio, segretario generale di Anaao-Assomed. “Ma siamo chiari – aggiunge – il termine depenalizzazione è fuorviante, soprattutto per il cittadino. Noi non vogliamo l’impunibilità assoluta del medico per qualunque azione egli svolga. Noi vogliamo semplicemente che il medico nella sua professione possa avere la libertà di curare”.
“La responsabilità medica va assolutamente ripensata. I medici non possono essere soggetti a cause penali per i loro atti”, prosegue Di Silverio, che sottolinea i danni causati dal moltiplicarsi di denunce nei confronti degli operatori della sanità: “Al medico che alla fine, magari dopo otto anni, risulta innocente nessuno rimborsa gli otto anni di vita personale e professionale. Nessuno rimborsa gli otto anni di pressioni psicologiche, di spese legali e anche di divieto a partecipare a concorsi a causa del carico pendente”. “Ci auguriamo di essere coinvolti nei lavori della commissione ministeriale, perché riteniamo che le parti sociali siano determinanti per portare avanti un percorso così delicato”, conclude.