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cattivi scienziati

Perchè mangiare troppa carne fa male: due nuovi studi

Enrico Bucci

Il consumo regolare di carne rossa processata è associato a un aumento dei rischi di demenza e declino cognitivo, ma anche quella non processata mostra un rischio significativo. Non serve rinunciarvi del tutto, ma adottare un approccio più bilanciato

Due nuovi studi hanno portato alla ribalta le implicazioni del consumo di carne rossa e delle diete a base vegetale sulla salute umana, con un focus specifico sui legami con il microbioma intestinale e il declino cognitivo. Uno studio pubblicato su Nature Microbiology da Fackelmann et al ha analizzato il microbioma di oltre 21.500 individui, rivelando che i profili microbici variano significativamente tra onnivori, vegetariani e vegani. I partecipanti onnivori presentavano una predominanza di specie batteriche come Ruminococcus torques e Bilophila wadsworthia, note per la loro associazione con infiammazione e malattie metaboliche. Al contrario, i vegani mostravano una maggiore abbondanza di batteri come Roseburia hominis e Butyricicoccus sp., che promuovono la salute cardiometabolica attraverso la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA). Il risultato più significativo è stato che anche gli onnivori che aumentavano il consumo di alimenti vegetali mostravano un microbioma più simile a quello dei vegetariani e vegani, suggerendo che le scelte alimentari possono modulare rapidamente il microbiota e migliorare i potenziali effetti sulla salute.

Parallelamente, uno studio pubblicato su Neurology da Li et al ha esplorato il legame tra carne rossa e declino cognitivo, analizzando quasi 134.000 partecipanti. Il consumo regolare di carne rossa processata era associato a un aumento del 13% del rischio di demenza e del 14% del rischio di declino cognitivo soggettivo. Anche la carne rossa non processata mostrava un rischio significativo, con un incremento del 16% per il declino cognitivo soggettivo. Tuttavia, sostituire una porzione giornaliera di carne processata con alimenti vegetali come noci o legumi riduceva il rischio di demenza del 19% e di declino cognitivo del 21%, evidenziando che la composizione della dieta può avere un impatto diretto sulla salute cerebrale e sul rischio di malattie neurodegenerative.

Questi risultati, per quanto significativi, si inseriscono in un contesto più ampio e complesso. Numerosi studi epidemiologici hanno indagato i legami tra carne rossa, mortalità e malattie croniche. Ad esempio, un'analisi dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato la carne rossa come "probabilmente cancerogena" e la carne processata come "cancerogena", evidenziando un aumento del rischio di cancro del colon rispettivamente del 17% e del 18% per ogni incremento giornaliero di 100 g e 50 g. Studi di coorte condotti su decine di migliaia di partecipanti hanno spesso trovato un'associazione tra un maggiore consumo di carne rossa e un aumento della mortalità generale, cardiovascolare e oncologica. Tuttavia, i risultati non sono sempre concordi. La Women’s Health Initiative, uno studio randomizzato su quasi 49.000 donne, non ha rilevato associazioni significative tra carne rossa e rischio cardiovascolare o oncologico, probabilmente a causa del focus su altri aspetti della dieta come la riduzione dei grassi.

Questa ambiguità riflette una serie di sfide metodologiche che caratterizzano la ricerca epidemiologica, inclusi il ricorso a questionari auto-compilati, che introducono errori di memoria e distorsioni, e la difficoltà di isolare l'effetto specifico della carne rossa in diete complesse. Inoltre, molti studi non considerano adeguatamente il ruolo modulante di altri fattori dietetici e ambientali, che possono influenzare sia il microbiota intestinale che i rischi associati alla carne rossa.

Dal punto di vista meccanicistico, esistono spiegazioni plausibili per i rischi associati alla carne rossa. La produzione di trimetilammina N-ossido (TMAO), un metabolita prodotto dal microbiota in risposta ai composti della carne rossa, è stata collegata a un aumento del rischio cardiovascolare. Inoltre, il consumo di carne rossa favorisce un microbiota intestinale pro-infiammatorio e altera la produzione di SCFA, compromettendo la barriera intestinale e promuovendo stati infiammatori cronici. Le diete vegetali, invece, sostengono la produzione di SCFA e supportano la regolazione immunitaria attraverso l'attivazione delle cellule T regolatorie (Treg), riducendo l'infiammazione e migliorando la salute metabolica.

Questi meccanismi biologici sono strettamente legati ai profili microbici descritti nello studio di Fackelmann et al. e aiutano a spiegare i risultati osservati nello studio di Li et al. sulla demenza. Tuttavia, è importante sottolineare che i legami causali tra microbiota, dieta e salute non sono ancora completamente compresi. La maggior parte degli studi si basa su associazioni, e mancano dati longitudinali e studi clinici che valutino direttamente l'effetto di specifici profili microbiomici su esiti clinici a lungo termine. Per superare queste limitazioni, sarà necessario integrare tecnologie avanzate come la randomizzazione mendeliana, il sequenziamento metagenomico ad alta risoluzione e la proteomica per chiarire le relazioni causa-effetto.

I risultati degli studi analizzati evidenziano un messaggio chiave: ridurre il consumo di carne rossa, in particolare quella processata, e aumentare l’apporto di alimenti vegetali nella dieta può portare benefici significativi alla salute. Non è necessario adottare un regime esclusivamente vegetariano o vegano per ottenere questi effetti positivi. Anche piccoli cambiamenti nella composizione della dieta, come sostituire una porzione di carne rossa con noci, legumi o altri alimenti vegetali, possono modulare favorevolmente il microbioma intestinale, ridurre l’infiammazione e diminuire il rischio di sviluppare malattie croniche, tra cui quelle cardiovascolari, il cancro e la demenza.

Questo approccio equilibrato è supportato dalle evidenze che mostrano come gli onnivori che introducono più alimenti vegetali nella loro dieta ottengano un microbioma intestinale più sano e caratteristiche metaboliche simili a quelle osservate nei vegetariani e vegani. La possibilità di modificare in meglio la composizione del microbiota con scelte alimentari sostenibili e realistiche rappresenta un'opportunità cruciale per migliorare la salute della popolazione senza richiedere cambiamenti drastici nello stile di vita.

Aumentare il consumo di alimenti vegetali non significa solo migliorare gli esiti di salute personale, ma anche contribuire a una dieta più sostenibile per l'ambiente. Come indicato da studi precedenti, i cibi a base vegetale sono associati a un impatto ambientale minore rispetto alle carni, il che aggiunge un ulteriore motivo per integrare più alimenti vegetali nella nostra dieta quotidiana.

In sintesi, non si tratta di abbracciare una visione estrema o di rinunciare completamente alla carne, ma di adottare un approccio più consapevole e bilanciato che metta al centro una maggiore presenza di alimenti vegetali. Questa strategia non solo riduce i rischi associati alla carne rossa, ma promuove una salute ottimale, migliorando la qualità della vita individuale e collettiva.

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