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(Unsplash)
Cattivi scienziati
La Cina raggiunge i livelli di eccellenza occidentali nel settore biotecnologico
L’Occidente, cullandosi nella convinzione della propria superiorità acquisita, rischia di rimanere indietro in un settore cruciale per il futuro. Il competitor cinese ha ormai una visione a lungo termine della capacità di creare un ecosistema favorevole alla ricerca e allo sviluppo
L’idea che l’innovazione scientifica e tecnologica sia prerogativa dell’Occidente è un concetto che appartiene sempre più al passato. Per decenni, Stati Uniti ed Europa hanno dominato la ricerca farmaceutica e biotecnologica, mentre la Cina veniva considerata un attore secondario, capace al massimo di produrre a costi più bassi farmaci sviluppati altrove. Oggi questo paradigma è messo in discussione dai dati e dai risultati: aziende cinesi non solo stanno raggiungendo i livelli di eccellenza occidentali, ma in alcuni casi li stanno superando. Il caso di Akeso è emblematico di questa trasformazione e offre una lezione chiara: l’innovazione è il frutto di investimenti strategici, di una visione a lungo termine e della capacità di creare un ecosistema favorevole alla ricerca e allo sviluppo. L’Occidente, cullandosi nella convinzione della propria superiorità acquisita, rischia di rimanere indietro in un settore cruciale per il futuro.
Akeso è una delle aziende che meglio rappresentano il rapido avanzamento della Cina nel settore biotecnologico. Fondata nel 2012 a Zhongshan, nella provincia del Guangdong, la società ha progressivamente consolidato il proprio ruolo nella ricerca e nello sviluppo di anticorpi monoclonali, puntando su immunoterapia e oncologia. La sua crescita è stata sostenuta da investimenti mirati e da una strategia di sviluppo focalizzata sull’innovazione e sull’accessibilità dei trattamenti. Nel 2020, l’azienda si è quotata alla borsa di Hong Kong raccogliendo oltre 300 milioni di dollari, un risultato significativo che ha permesso di ampliare la pipeline di farmaci e rafforzare la posizione nel mercato cinese e internazionale.
Tra i successi più rilevanti di Akeso c’è lo sviluppo di anticorpi bispecifici, una tecnologia che consente di colpire contemporaneamente più bersagli molecolari e migliorare l’efficacia terapeutica. Il caso più emblematico è quello di ivonescimab, un anticorpo in grado di inibire simultaneamente il checkpoint immunitario PD-1 e il fattore di crescita vascolare VEGF, due bersagli fondamentali nella terapia del carcinoma polmonare non a piccole cellule. Gli studi clinici hanno mostrato risultati superiori a quelli ottenuti con il pembrolizumab, il farmaco di riferimento sviluppato da Merck. Nei pazienti trattati, il rischio di progressione della malattia o morte è risultato inferiore del 49% rispetto al farmaco occidentale, con una sopravvivenza libera da progressione quasi raddoppiata. Questo dato non solo evidenzia l’efficacia della terapia, ma introduce un nuovo elemento di competitività nel settore: un farmaco cinese non si limita a replicare un trattamento occidentale, ma lo migliora in modo significativo.
Un altro fattore chiave è il costo. Il settore farmaceutico occidentale ha storicamente imposto prezzi elevati per i trattamenti più innovativi, con impatti significativi sui sistemi sanitari. La Cina, grazie a un ecosistema industriale in rapida evoluzione e a politiche che favoriscono la produzione nazionale, è riuscita a ridurre drasticamente i prezzi dei farmaci biologici. L’introduzione di inibitori PD-1 di produzione cinese ha già portato a una riduzione dei costi del 60-80% rispetto alle alternative occidentali, rendendo le terapie più accessibili. Akeso si inserisce in questo contesto con l’obiettivo di fornire trattamenti avanzati a un costo competitivo, consolidando così la sua posizione nel mercato globale.
L’ascesa di Akeso non è un caso isolato, ma si inserisce in un cambiamento più ampio nel settore biotecnologico. Negli ultimi dieci anni, la Cina ha aumentato in modo significativo gli investimenti in ricerca e sviluppo, raggiungendo livelli di innovazione un tempo considerati esclusiva di Stati Uniti ed Europa. Oggi, circa un quarto dei nuovi farmaci in sviluppo nel mondo proviene da aziende cinesi, e il numero di studi clinici condotti nel paese è in crescita costante. L’Occidente, invece, mostra segnali di rallentamento. In Europa, in particolare, la crescita degli investimenti in ricerca farmaceutica è rimasta contenuta rispetto a Stati Uniti e Cina, e la capacità di attrarre innovazione è progressivamente diminuita. Le aziende europee, che un tempo dominavano il settore, oggi devono competere con un ecosistema cinese che combina ricerca avanzata, produzione su larga scala e un mercato interno in espansione.
Questo mutamento degli equilibri globali è evidente anche nelle collaborazioni internazionali. Sempre più aziende occidentali cercano accordi con realtà cinesi per accedere a nuove tecnologie e farmaci promettenti. Nel caso di ivonescimab, la società americana Summit Therapeutics ha siglato un accordo da 5 miliardi di dollari per sviluppare e commercializzare il farmaco fuori dalla Cina, un’operazione che riflette il crescente riconoscimento della qualità dell’innovazione biotecnologica cinese. In passato, il flusso di innovazione era principalmente unidirezionale, con aziende occidentali che introducevano nuovi farmaci in Cina. Oggi, il percorso si è invertito, e sempre più trattamenti sviluppati in Cina trovano sbocchi nei mercati globali.
L’esperienza di Akeso mostra come la competizione nel settore farmaceutico sia cambiata. L’innovazione non è più un’esclusiva delle aziende occidentali, e la Cina ha raggiunto un livello di maturità che le consente di competere alla pari, se non di superare i competitor tradizionali in alcuni ambiti. Questo non significa che l’Occidente sia destinato a perdere il proprio ruolo nel settore, ma suggerisce che non è più possibile affidarsi al vantaggio storico senza una strategia chiara di investimento in ricerca e sviluppo.
Cosa aspettiamo?
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