“Altro che Xylella, il patogeno è il protagonismo giudiziario”
Milano. Da qualche anno il Salento se la sta vedendo con un batterio da quarantena, la Xylella fastidiosa e con una patologia che provoca il disseccamento degli ulivi a esso collegata. I magistrati della procura di Lecce stanno affrontando la questione indagando gli scienziati e i ricercatori che hanno scoperto il batterio e lo stanno studiando per arginare il problema. Sono accusati di avere diffuso il batterio e in pratica di fare parte di una cospirazione con al centro gli interessi di una multinazionale con l’obiettivo di distruggere il paesaggio pugliese e speculare sull’emergenza, il tutto sulla base di supposizioni e dietrologie all’interno di un impianto accusatorio che ha più contraddizioni logiche che prove. Non è la prima volta che la giustizia entra in conflitto con la scienza, sembra di essere di fronte allo stesso canovaccio visto all’opera con il “metodo Di Bella” e il “caso Stamina”, con l’inchiesta della procura di Trani che mirava a trovare una correlazione tra vaccini e autismo e l’inchiesta sugli scienziati che non avevano previsto il terremoto dell’Aquila.
“Di simile c’è il protagonismo di alcuni magistrati – dice al Foglio Gilberto Corbellini, epistemologo e storico della Medicina alla Sapienza – e il fatto che si tratta di situazioni in cui bisogna intervenire per affrontare un’urgenza, magari sotto la pressione mediatica e popolare”. C’è un filo comune, che sia un atteggiamento mentale o operativo, che lega questi casi in cui si decide senza alcuna considerazione del metodo e delle evidenze scientifiche? “In genere si tratta di dare rassicurazione alle persone che si sentono minacciate e quindi di trovare prima possibile un colpevole sul quale scaricare le frustrazioni per l’impotenza. Gli uomini sono portati per natura a cercare per tutto ciò che accade una causa e un colpevole. Istintivamente pensiamo che se accade qualcosa di negativo c’è qualche disegno malvagio in atto, tipicamente un complotto, e molto spesso vengono additate le ‘multinazionali’ come quelle farmaceutiche nel caso Di Bella, Stamina e dei vaccini. Mentre nel caso degli ulivi lo spauracchio è Monsanto”.
[**Video_box_2**]Se l’uomo è portato istintivamente a trovare un capro espiatorio, il giusto approccio per individuare un responsabile dovrebbe essere di tipo controintuitivo, cioè basato sulle evidenze, che è poi il modo di procedere del metodo scientifico. In questo senso scienza e diritto sono simili ed è paradossale che finiscano sotto indagine gli scienziati che arrivano a delle conclusioni proprio usando quel metodo: “Il fatto è che i magistrati a livello di indagine e nei procedimenti di primo grado possono totalmente astenersi da un quadro di conoscenze scientifiche accreditate, poi però nella maggior parte dei casi queste sentenze sono ribaltate quando si arriva in Cassazione, dove c’è una valutazione più in linea con il principio costituzionale della libertà di ricerca scientifica e dove si fa proprio un quadro epistemologico di tipo scientifico”. La cosa potrebbe apparire confortante, ma il problema sono i danni provocati prima che si arrivi a sentenza o in Cassazione, si pensi alla delegittimazione pubblica dei vaccini, che ha fatto diminuire le vaccinazioni, o al caso Stamina, che è costato denaro e sofferenze: “Sono danni gravissimi. Ci sono dei riferimenti come i criteri Daubert, proposti dalla Corte Suprema americana e ripresi nella sentenza Cozzini, che eviterebbero tutte queste fesserie, ma a differenza che nei paesi di common law le sentenze da noi non fanno giurisprudenza”. Quindi tutto dipende dalla sensibilità e dalla cultura scientifica dei magistrati? “Negli ultimi anni la magistratura si è accorta di questo problema e ha organizzato corsi su come usare la scienza nei procedimenti giudiziari – dice Corbellini – ma quando ho partecipato come relatore e ad esempio ho accennato ai problemi della vicenda Stamina mi ha sorpreso che circa la metà dei magistrati presenti fosse schierata per prescrivere il trattamento Stamina, nonostante le evidenze che le cose fatte da Vannoni fossero un imbroglio”.
Cattivi scienziati