C'è dell'oro (e forse anche delle patate) su altri pianeti
“Sopravvissuto - The Martian” è un film di fantascienza di Ridley Scott, tratto dal romanzo “L'uomo di Marte” di Andy Weir, sulla storia del botanico-astronauta Mark Watney lasciato su Marte per sbaglio. Per sopravvivere, deve ingegnarsi a coltivare patate sulla superficie del Pianeta Rosso, nell’attesa che la Nasa lo venga a soccorrere. Il Centro Internacional de la Papa del Perù, o International Potato Center come è chiamato in inglese, è invece un istituto scientifico, il più attrezzato al mondo per lo studio della patata, stabilito nel paese da cui il tubero è originario e in cui mantiene tuttora la biodiversità maggiore. Ma la fantascienza sta ora ispirando la scienza e il centro di ricerca, in collaborazione con la Nasa, ha ora lanciato un progetto che si chiama “I+D+i” il cui scopo è appunto quello di selezionare un tipo di patata in grado di crescere, se non proprio su Marte, comunque in un contesto che abbia caratteristiche a esso molto simili. Per simularlo, il suolo proveniente dall’aridissima Pampa de La Joya, in Perù, è analizzato in laboratorio con l’aggiunta di livelli di concentrazione del CO2 pari al 95 per cento.
È in assoluto il primo esperimento nella storia di agricoltura extraterrestre ed è indicativo del punto di svolta cui si è arrivati lo scorso 25 novembre con l’approvazione da parte del Congresso di Washington dello Space Act. Spurring Private Aerospace Competitiveness and Entrepreneurship Act of 2015 è il nome completo della legge che ha lo scopo di incentivare la competitività e l’imprenditorialità privata in ambito spaziale. In molti l’hanno paragonata alle leggi con cui nel XIX secolo il Congresso americano concesse le terre ai pionieri, sia contadini sia cercatori d’oro e di altri metalli preziosi. Per compensare la sempre minor disponibilità di investimenti pubblici negli Stati Uniti si è favorita l’ascesa di imprese private come SpaceX e Orbital ATK, cui già è stato appaltato il servizio di spedizione carichi verso la Stazione spaziale internazionale. Con questa legge viene concessa ai privati la possibilità di sfruttare le risorse minerarie degli asteroidi senza implicare diritti di sovranità, vietati dal Trattato internazionale sullo Spazio esterno, ma consentendo di estrarre risorse come il platino, l’oro, il ferro o anche l’acqua. “Possederle, trasportarle, usarle e venderle”, recita la legge. Petrolio e carbone per ora sono esclusi, dato che sono risultato del deperimento di organismi viventi che, come noto, non sono stati finora ritrovati al di fuori dalla Terra. Eppure su pianeti extraterrestri potrebbero esistere molecole più complesse, tali da essere utilizzate come validi surrogati. Alcune società sono già state costituite per cogliere l’opportunità. Una di queste è la Planetary Resources, in cui hanno investito anche azionisti della Silicon Valley e persino il regista James Cameron. Eric Anderson, il presidente della società, ha spiegato in un comunicato che “tra molti anni si vedrà nell’approvazione di questa legge il momento della storia che ha presupposto un decisivo avanzamento nel nostro sogno di diventare una specie multiplanetaria”.
Un’altra società interessata alle miniere dello Spazio è la Deep Space Industries che, insieme con la PLanetary Resources, starebbe già lavorando alla produzione delle sonde adatte a scavare il suolo degli asteroidi. Secondo alcune stime, un solo asteroide da 500 m3 potrebbe contenere più platino di quanto ne sia mai stato estratto finora sulla Terra. Ma gli asteroidi potrebbero anche essere trasformati in una sorta di “stazioni servizio”, come le ha definite John Lewis, capo scientifico di Deep Space Industries, da cui le astronavi potrebbero rifornirsi di ossigeno e idrogeno, carburanti del futuro ottenibili dall’acqua tramite elettrolisi.
Di nuovo, si rimbalza tra scienza e fantascienza. Uno specialista in storie di fantascienza “mineraria” era ad esempio Isaac Asimov. Nel suo racconto del 1954, “Natale su Ganimede”, narrò la surreale rivolta di una specie di struzzi intelligenti che sulla luna di Giove estraeva per i Terrestri “wolframite, foglie di karen e oxite”, e che quando un essere umano racconta loro di Babbo Natale entrano in sciopero perché vogliono che venga a portare i regali anche a loro. E’ invece del 1952 “Il destino di Marte”, i cui protagonisti vanno a estrarre sugli anelli di Saturno l’acqua ghiacciata da cui ricavare il propellente per i razzi.
Ma anche Ridley Scott, 36 anni prima di “The Martian”, aveva esordito nella fantascienza con “Alien”, ambientato su un’astronave mineraria di ritorno sulla Terra con un carico di minerali scavati su un lontano pianeta. Mentre James Cameron ha messo in scena con “Avatar” una rivolta di aborigeni alieni contro i terrestri venuti ad estrarre il misterioso unobtainium, un minerale grigio scuro con venature più chiare, talmente superconduttore da generare un forte campo magnetico alla medesima temperatura. L’altrettanto misterioso turbinium era il minerale strategico alla base del sistema di potere del losco governatore di Marte Vilos Cohaagen in “Atto di forza”, classico di Paul Verhoeven con Arnold Schwarzenegger. Mentre la “Spezia” era la preziosissima droga al sapore di cannella prodotta dal verme delle sabbie di Arrakis nel “Ciclo di Dune”, famosa saga fantascientifica di Frank Herbert, la cui versione cinematografica diretta nel 1984 da David Lynch fu in effetti per il produttore Dino De Laurentis un mezzo disastro, ma che in compenso ha influenzato in profondità una serie di successo come Star Wars.
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