Tasse sulla carne rossa. L'ultima trovata para totalitaria dell'ecologismo
Qualche anno fa, nel suo “Stiamo freschi”, l’ambientalista scettico Bjørn Lomborg spiegò come il martellamento scientifico e mediatico sul catastrofismo climatico aveva, da parte della politica, un obiettivo principale: avere una scusa per aumentare le tasse senza che i cittadini si lamentassero, anzi, chiedessero loro di pagare più imposte, illusi dalla promessa che quei soldi sarebbero serviti a combattere i cambiamenti climatici.
L’ambientalismo è una delle armi più efficaci dello stato etico moderno: in nome della politicamente correttissima difesa dell’ambiente tutto è permesso. Per questo non stupisce il fatto che il governo danese stia pensando di alzare le tasse sulle carni rosse: è ciò che il Consiglio etico del paese ha chiesto all’esecutivo dopo essere giunto alla conclusione che “i cambiamenti climatici sono un problema etico”. Lo scopo è quello di dare un impulso al vegetarianesimo, pratica che avrebbe il merito di far produrre all’uomo meno CO2 di quella che impiega a preparare, cucinare e mangiare bistecche.
“Se vogliamo rispettare gli accordi del summit sul clima di Parigi – ha spiegato l’orwelliano Consiglio etico – e fermare l’aumento delle temperature, dobbiamo agire in fretta e sul cibo”. Siamo oltre il paternalismo di stato, con un governo che influenza comportamenti e abitudini di cittadini imponendo menù forzati a colpi di tasse in nome di una battaglia “etica” basata su catastrofismi mediatici e inganni grossolani: pensare di fermare il clima facendo mangiare – solo a chi non si può permettere di spendere di più, tra l’altro – qualche bistecca in meno in Danimarca è folle, oltre che sottilmente totalitario.
Cattivi scienziati