E anche l'ultimo “scoop” sulla Xylella è l'ennesima fake news del Fatto
Pareva una scoperta scientifica e invece sono dati letti male
Roma. Ci troviamo in una zona cuscinetto, precisamente quella tra la post-verità e le pre-bufale, comunque a distanza di sicurezza dalla realtà e dalle evidenze scientifiche. Domenica il Fatto quotidiano mette uno scoop in prima pagina: “Ulivi malati, la scienza dice che la Xylella non c’entra niente”. All’interno il titolo dell’articolo che occupa un’intera pagina dice: “Ulivi malati, non si può dare la colpa alla Xylella”. La rivoluzionaria scoperta del Fatto quotidiano, che smentirebbe quanto finora affermato dalla comunità scientifica internazionale e dalle istituzioni italiane ed europee, farebbe saltare tutte le preoccupazioni presenti in Puglia e in Europa per la presenza e la diffusione della Xylella fastidiosa, un batterio da quarantena ritenuto responsabile del disseccamento degli ulivi. Niente piano di contenimento, niente eradicazioni e, vedi mai, che così si trova anche un fondamento all’inchiesta della procura di Lecce che accusa i ricercatori di aver montato una finta emergenza allo scopo di distruggere il paesaggio salentino o di favorire qualche multinazionale.
La pistola fumante dell’innocuità del patogeno deriverebbe secondo l’inchiesta del quotidiano diretto da Marco Travaglio dai recenti dati del monitoraggio della regione Puglia: “Il monitoraggio da giugno 2016 a gennaio 2017 – scrive il Fatto – indica che Xylella era presente solo nel 6,5 per cento di 1.536 piante malate campionate nella zona infetta”. Se il 93,5 per cento della piante malate non è infettata dal batterio e solo il 6,5 per cento di campioni è positivo, vuol dire che c’è “una percentuale troppo bassa per certificare l’esistenza di una correlazione tra batterio e malattia”.
Naturalmente si tratta di una notizia clamorosa, che contrasta con i pareri tecnici dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, con le sentenze della Corte di giustizia europea, che si basano sui quegli stessi pareri, e persino con le conclusioni dell’Accademia dei Lincei, la più importante società scientifica italiana. Insomma, si tratta di una rivelazione così incredibile da non sembrare vera. E infatti non lo è.
L’equivoco, o l’errore, nasce dal fatto che gli oltre 1.500 campioni prelevati nella zona infetta non sono di “piante malate”, quindi è falsa anche la percentuale di piante infette da Xylella. Come spiega il professor Gianluca Nardone, capo del Dipartimento di agricoltura della regione Puglia, “sono stati prelevati 1.536 campioni nell’area infetta. Di questi, 100 sono risultati positivi, ovvero una percentuale pari al 6,5 per cento. Ma non è corretto affermare che tutte le piante analizzate siano sintomatiche né tanto meno malate”.
E’ successo infatti che gran parte dei campionamenti è stata fatta su piante movimentate perché interferivano con la costruzione di opere pubbliche e che per prassi vengono sottoposte ad analisi. In molti casi si trattava quindi di piante sane, altro che “malate”, e in tantissimi altri si trattava, come confermano dalla regione Puglia, di piante “sintomatiche”, che cioè presentavano dei sintomi come la bruscatura fogliare ma non necessariamente malate. Alcuni rametti secchi non dimostrano automaticamente che la pianta sia “malata” di disseccamento rapido dell’olivo, così come dimenticare le chiavi di casa non dimostra che una persona sia “malata” del morbo di Alzheimer. Insomma, visto che le piante campionate non erano affatto tutte “malate”, il dato del 6,5 per cento e le conclusioni che se ne fanno derivare non hanno alcun valore scientifico.
C’è da dire che sulla Xylella le post-verità del Fatto quotidiano negli ultimi anni sono state tante: ricercatori che diffondono il morbo attraverso fitofarmaci, scienziati internazionali che hanno introdotto il batterio in Italia, sperimentazioni nei laboratori di perfide multinazionali, addirittura l’avvio di “una guerra chimica o batteriologica” attraverso il patogeno. La versione della “Xylella al 6 per cento” è solo l’ultima fake news in ordine di tempo e anche tra le meno divertenti.
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