Italia e Cina da ieri hanno un obiettivo comune più degli altri: Marte
Nasce un comitato congiunto tra i due paesi, che si riunirà almeno una volta l’anno e stabilirà i dettagli della collaborazione
Roma. Da ieri l’Italia ha la possibilità di rendere il proprio ruolo diplomatico cruciale per il riavvicinamento, la cooperazione e lo scambio di informazioni scientifiche con la seconda potenza del mondo, la Cina. Un piccolo passo, come quello che Neil Armstrong fece quarantotto anni fa sul suolo lunare, è stato fatto ieri a Pechino, in una di quelle cerimonie che sembrano di sola apparenza – e invece si sa, il diavolo si cela nei dettagli.
Alla infinita sequenza di firme di accordi durante il Business Forum Italia-Cina (ce ne sono tra Shanghai Electric e Ansaldo Energia, tra Fincantieri e la China State Shipbuilding Corporation) hanno assistito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il presidente cinese Xi Jinping (per la cronaca, c’erano anche il ministro degli Esteri Angelino Alfano, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto. E pure Francesco Rutelli, che ha siglato l’accordo per il Forum Culturale tra Italia e Cina, di cui è coordinatore). E tra le intese di business, ce n’è una che potrebbe aprire la strada a un nuovo ruolo dell’Italia come mediatore tra Cina e resto del mondo. Il presidente dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston ha infatti firmato un accordo con Wang Zhaoyao, direttore generale della China Manned Space Agency, l’agenzia di Pechino che si occupa dei voli umani nello spazio. Il patto siglato ieri prevede la costituzione di un comitato congiunto tra i due paesi, che si riunirà almeno una volta l’anno e stabilirà i dettagli della collaborazione. “In realtà noi collaboriamo con Pechino da vent’anni”, dice al Foglio Battiston, “Abbiamo già un accordo con l’agenzia spaziale cinese per quanto riguarda la mappatura del suolo lunare e sull’uso dei satelliti per osservare i fenomeni sismici”, ma questo firmato ora, spiega, è la dimostrazione concreta della cosiddetta “space diplomacy”.
Secondo un assunto piuttosto diffuso tra gli analisti, se l’ordine mondiale fosse davvero sull’orlo di una nuova Guerra Fredda il blocco russo sarebbe stato da tempo sostituito con quello cinese. E spesso per dimostrare la strategia isolazionista di Washington nei confronti di Pechino si tira fuori l’antico capitolo della corsa allo spazio, quando Unione Sovietica e America si sfidavano sul terreno della ricerca scientifica e delle conquiste spaziali, di pari passo con la corsa agli armamenti. All’inizio degli anni Settanta il disgelo tra i due paesi iniziò proprio dallo spazio: il presidente americano Richard Nixon approvò, grazie anche ai suggerimenti di Henry Kissinger, il programma congiunto Apollo-Soyuz che culminò il 17 luglio del 1975, quando le due navi spaziali, con equipaggi formalmente contrapposti, si incontrarono nello spazio. E’ difficile però imparare dagli errori della storia: oggi la collaborazione in campo spaziale ha il suo simbolo nella Stazione spaziale internazionale, costruita nel 1998, e non è un caso se la Russia, nei momenti di massimo gelo con le potenze occidentali, minaccia di uscire da quel progetto.
Chi invece non ha mai partecipato è la Cina, da sempre grande esclusa dalle collaborazioni internazionali. Non sempre per sua volontà: “Non dimentichiamo cosa accadde con il progetto europeo Galileo, sul quale la Cina investì nel 2003 duecento milioni di euro e poi fu esclusa, quattro anni dopo, per motivi politici”, spiega Battiston. “Oggi l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha un suo accordo con la Cina, ma non esistono simili partenariati con altri paesi europei, non sull’esplorazione umana, proprio perché è da poco che la Cina ha aperto alla collaborazione internazionale in questo settore. Del resto, lo spazio ha un suo linguaggio comune, e permette a vari paesi di parlare la stessa lingua. Certo, la competizione economica esiste, ma qui sono più ampie le possibilità di ricerca e di scoperte scientifiche, ed è un settore costoso per raggiungere obiettivi senza scambi internazionali. E’ un modo per favorire la tendenza a collaborare e superare quella a competere”, dice Battiston. Così come la missione sulla luna dell’America portò al paese enormi benefici di crescita sia in campo economico sia scientifico, oggi “ciò che tutti sognano per il futuro dell’umanità è l’uomo su Marte, una conquista che non potremmo permetterci senza cooperare con tutti”.
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