Oltre gli Ogm, c'è una nuova via per salvare la tradizione
Un libro spiega cos'è il "genome editing", l'ultima frontiera del biotech che permette di modificare il Dna in maniera precisa, senza lasciare traccia
Roma. Come per ogni altro tema scientifico e di una certa complessità, ci sono due modi per approcciarsi agli Ogm e alle biotecnologie. Il primo è ascoltare qualche post marxista tipo Mario Capanna che parla di “cibo di Frankenstein” e che mette in guardia dai pericoli dell’inesistente fragola-pesce, prestare attenzione alle sparate di un comico diventato capopopolo come Beppe Grillo che s’inventa decine di morti causate da un fantomatico pomodoro-pesce, farsi impressionare dall’aura orientale di Vandana Shiva che diffonde bufale sui suicidi dei contadini causati dagli Ogm, lasciarsi affascinare dall’aria paesana di Carlin Petrini che vuole riportarci a fare i contadini “come una volta”. La seconda strada è quella di informarsi attraverso persone che conoscono realmente le biotecnologie, che hanno approfondito una materia complessa e che hanno la capacità di spiegarla in maniera semplice non semplicistica. Il problema è che persone con un identikit del genere non sono molte e soprattutto difficilmente vengono invitate a parlare nei talk show e nelle trasmissioni di approfondimento. Una di esse è Anna Meldolesi, giornalista scientifica per il Corriere della sera, da anni impegnata a raccontare il mondo delle biotecnologie, che ha appena pubblicato “E l’uomo creò l’uomo” (Bollati Boringhieri), un libro divulgativo sull’ultima frontiera del biotech, l’“editing del genoma”.
Oggi si tende a confondere l’agricoltura con la natura ma in realtà niente di tutto ciò che mangiamo è “naturale” in senso stretto. A parte qualche bacca o frutto selvatico, niente di tutto quello che troviamo al banco del mercato o sugli scaffali del supermercato esisteva in natura. L’agricoltura stessa è un’invenzione, forse la più importante rivoluzione tecnologica della storia dell’umanità. Tutto ciò che viene coltivato è stato manipolato dall’uomo, attraverso una serie di tecniche sempre più raffinate, dalla selezione casuale di varietà migliori che si sono modificano spontaneamente agli incroci, passando per la mutagenesi indotta da sostanze chimiche o dalle radiazioni (pratiche che noi riteniamo “tradizionali”), fino ai cosiddetti Organismi geneticamente modificati, frutto dell’inserimento di uno specifico gene all’interno del genoma di un altro organismo. Il “genome editing” va visto in continuità con questo progresso continuo nella ricerca di tecniche per il miglioramento genetico, ma è anche un salto, una specie di “rivoluzione” perché permette di modificare il Dna in maniera precisa, puntuale e, a differenza della tecnica cosiddetta Ogm, senza lasciare traccia. Detto in parole più semplici, se gli Ogm nascevano come un collage, ritagliando una parola da un testo e aggiungendolo a un altro, il “genome editing” funziona come un testo elettronico: “La similitudine è con i sistemi editoriali – spiega Meldolesi – la tecnica può essere considerata come l’equivalente molecolare della funzione ‘trova e sostituisci’ di Word, da utilizzare per introdurre cambiamenti mirati come se stessimo correggendo i refusi di un testo scritto al computer”. In pratica consente di correggere “refusi” genetici senza lasciare tracce: “Il cambiamento è molto circoscritto e avviene senza l’introduzione di elementi estranei al genoma, perciò il risultato è una pianta che non può essere considerata transgenica”. Ma oltre che scientifica, per l’infinità di applicazioni in campo medico e sanitario, quella del “genome editing” è anche una rivoluzione dal punto di vista legislativo, visto che i suoi prodotti non possono essere considerati Ogm. Che cos’è infatti un Ogm? Non è un concetto scientifico ma, parafrasando Vujadin Boskov, Dario Bressanini e Beatrice Mautino spiegano nel libgo “Contro natura” che “Ogm è quando il legislatore fischia”. E secondo la direttiva europea che stabilisce quali sono le tecniche che danno origine a un Ogm, non compare il “genome editing”.
Ciò vuol dire che la nuova tecnica aggirerebbe dal punto di vista legale gli stupidi divieti, anche sulla ricerca, sugli Ogm imposti dal nostro paese, e dal punto di vista scientifico che ci saranno più possibilità di proteggere la tradizione attraverso l’innovazione. “E? importante considerare che per coltivazioni tipiche dell’agricoltura italiana, come ad esempio vite, olivo, agrumi, il normale incrocio distruggerebbe l’identità legale della varietà, un problema che l’editing genomico può evitare”. L’Italia ha già perso il treno degli Ogm, non può lasciarsi sfuggire anche questo.
Luciano Capone
cattivi scienziati
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