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L'Italia è la fabbrica delle bufale ogm

Luciano Capone

Una delle più importanti riviste mondiali di biotecnologie ha pubblicato uno studio choc sull’Italia. Il nostro paese produce il 43 per cento della ricerca globale anti-ogm e l’87 di quella mondiale sulla soia. C’entra l’anti casta e due piccole storie

Roma. In Italia ultimamente vengono messi in discussione persino i vaccini, figurarsi se è possibile discutere serenamente degli Organismi geneticamente modificati (Ogm) sulla base delle evidenze scientifiche. Ogni volta che se ne parla si fanno sentire due campane, una a favore e una contro, e si dice che “la comunità scientifica è divisa”. In realtà tra gli scienziati c’è molta concordia, la divisione è tutta nell'opinione pubblica. Qualche tempo fa il Pew Research Center, importante istituto demoscopico statunitense, fece un sondaggio per misurare la distanza tra le opinioni del pubblico e quelle degli scienziati su alcuni temi scientifici ritenuti “divisivi”: riscaldamento globale, evoluzione, energia nucleare, ricerca sugli animali e Ogm. Ebbene, il gap più elevato era proprio sulla sicurezza alimentare degli Ogm: sono sicuri per l’88 per cento degli scienziati (una delle percentuali più alte) e solo per il 37 per cento degli americani.

 

Questo abisso di ignoranza che separa il senso comune e la consapevolezza scientifica è in gran parte responsabilità della ricerca italiana, o meglio di una sua piccola parte. Uno studio di due ricercatori, appena pubblicato sul Plant Biotechnology Journal, una delle più prestigiose riviste mondiali di piante e biotecnologie, ha analizzato tutti gli studi scientifici che si occupano di sicurezza alimentare di cibi e mangimi ogm. Sono oltre 700 gli articoli significativi pubblicati e solo 35 esprimono qualche preoccupazione. In pratica gli studi che lanciano allarmi sugli Ogm sono meno del 5 per cento e “inoltre – dicono i ricercatori Sánchez e Parrott – tendono a provenire da pochi laboratori e sono pubblicati in riviste meno importanti”. Ma che c’entra l’Italia? Di questo 5 per cento mondiale, il 43 per cento degli studi anti Ogm è stato prodotto da ricercatori italiani. E se si considerano solo quelli che riguardano il principale prodotto ogm, ovvero la soia, l’87 per cento di tutti gli articoli scientifici pubblicati nel mondo con tono allarmistico su possibili effetti nefasti è stato realizzato da due soli laboratori italiani.

 


Distribuzione geografica dell'origine degli studi citati più frequentemente come prova di effetti negativi degli ogm


 

I laboratori in questione sono quello di un docente di veterinaria dell’Università Federico II di Napoli, Federico Infascelli, e di un professore associato dell’Università di Verona, Manuela Malatesta. Malatesta è stata coautrice del più noto Gilles-Eric Séralini in un famigerato studio sulla tossicità del mais ogm, che è stato a lungo contestato per gravi limiti metodologici e addirittura ritrattato dalla rivista che l’aveva pubblicato.

 

Ma il personaggio più interessante è Infascelli, sempre in prima linea nella battaglia di retroguardia anti Ogm e per questo invitato nei convegni dal Movimento 5 stelle. Ebbene, proprio durante un’audizione al Senato in cui squadernava le sue scoperte scientifiche sulla pericolosità dei mangimi ogm, la senatrice a vita Elena Cattaneo – che nella vita è una scienziata – si è accorta che quegli studi erano un po’ taroccati, i dati non tornavano e le foto erano manipolate. Da lì sono state scoperte altre manipolazioni e violazioni, che hanno portato al ritiro degli articoli e alle (blande) sanzioni imposte dalla Federico II. Ma l’Italia non è un paese normale, così ha nominato Infascelli presidente di una commissione esaminatrice del Crea, l’Ente nazionale per la ricerca in agricoltura. 

 

Per selezionare la classe dirigente della veterinaria nazionale, i dirigenti del Ministero delle Politiche agricole hanno pensato bene di puntare proprio su Infascelli, affidandogli la presidenza della commissione di concorso per il direttore dell’Istituto di Zootecnia e acquacoltura del Crea. La Federico II, dopo aver convocato un giurì per valutare le manipolazioni, ha punito Infascelli per “violazioni molto gravi” effettuate con la “volontà di fabbricare un risultato sperimentale non esistente”. Ma il ministero e il Crea non si sono voluti privare di una risorsa così creativa.

 
D’altronde è anche grazie a lui se nel mondo l’Italia si è fatta una certa reputazione nella ricerca sugli Ogm. Nello studio citato che ha analizzato questo 5 per cento di articoli allarmistici sulle coltivazioni migliorate geneticamente, i due ricercatori hanno anche elaborato una mappa della letteratura scientifica anti-ogm di scarsa qualità: “L’origine geografica dei 35 studi è sorprendente – scrivono Sánchez e Parrot – Ci sono solo pochi laboratori da pochi parti che sono responsabili per articoli che affermano effetti negativi. Mentre il 57 per cento (20) è stato condotto in Europa, il 43 per cento (15) è stato effettuato in Italia”. In pratica mentre il 95 per cento della produzione scientifica afferma che gli Ogm sono sicuri, nel nostro paese, e solo ad opera di un paio di laboratori, è stato prodotto il 43 per cento della ricerca globale anti-ogm, il 75 per cento di quella europea e l’87 per cento di quella mondiale sulla soia. Un primato assoluto, con una distanza siderale rispetto al nostro diretto concorrenti in questa speciale classifica: l’Egitto. “Gli scienziati egiziani hanno contribuito per il 17 per cento (6) degli studi qui valutati”. Solo un articolo, anche se scritto in Australia, è basato su una ricerca condotta negli Stati Uniti.

 
Naturalmente dal punto di vista mediatico i pochi articoli che mettono in discussione la sicurezza degli Ogm sono quelli che più vengono ripresi dai media e che vengono utilizzati dalle forze politiche per regolare le biotecnologie e proibirle. E su questo fronte la politica italiana, con qualche eccezione individuale, è sempre stata compatta sul divieto di coltivazione di Ogm e persino di ricerca in campo aperto. Insomma, da noi anziché consentire la ricerca vera sulle biotecnologie, in cui peraltro l’Italia era all’avanguardia, si favorisce quella contro, in cui siamo campioni assoluti e competiamo solo con l’Egitto.

 
Ma anche i divieti sono imposti con la solita dose di ipocrisia. Perché quegli stessi Ogm, che vengono descritti come pericolosi e demoniaci, su cui vietiamo la ricerca e la coltivazione, poi vengono importati in grande quantità. Ogni giorno acquistiamo dall’estero decine di migliaia di tonnellate di soia e mais Ogm indispensabili per realizzare i nostri prodotti tipici più famosi e le produzioni di alta qualità del made in Italy.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali