E luce fu. La prima alba del Cosmo
Gli astronomi hanno rilevato il momento in cui le luci delle stelle sono state accese per la prima volta nell'universo, 180 milioni di anni dopo il Big Bang
Non sappiamo chi lo abbia fatto (e perché), ma 13,5 miliardi di anni fa il Big Bang è stato l’interruttore che ha permesso di dare corrente all’intero Universo. I pochi VIP presenti avrebbero visto un Universo in espansione fatto di idrogeno allo stato gassoso, idrogeno che come uno zucchero filato avrebbe formato strutture via via più complesse e grazie alla gravità (e alle forze nucleari) portò – dopo molti milioni di anni – alla formazione delle galassie e delle stelle. E dall’idrogeno, primo elemento della tavola periodica, il più semplice e il più leggero, attraverso le stelle – una sorta di laboratorio di sintesi nucleare – siamo passati agli elementi pesanti. Se molti miliardi di anni dopo possiamo dire di essere fatti al 70 per cento di acqua dobbiamo in primis ringraziare le stelle. Per non parlare di carbonio, azoto, magnesio, ferro, oro, argento, piombo eccetera. In ogni cellulare, in un computer, convivono almeno una settantina di elementi chimici che provengono dai genitori del Sole.
La scoperta annunciata oggi da un team della Arizona State University è quella di aver “visto” la prima foto dei nonni del Sole. Gli astronomi hanno rilevato il momento in cui le luci delle stelle sono state accese per la prima volta nell'universo: 180 milioni di anni dopo il Big Bang. L’alba del Cosmo non è stata rilevata con un telescopio di quelli classici, ma con un radiotelescopio. La luce è composta da onde di diversa frequenza e lunghezza, le onde che vediamo con i nostri occhi sono una piccola frazione di tutte le informazioni che ci raggiungono: è come se in un treno con 100 finestrini potessimo guardare – con i nostri occhi – solo attraverso un unico finestrino, e gli altri fossero tutti oscurati.
Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere ma basti sapere che da questa “cecità” l’uomo ha inventato telescopi per onde radio, per i raggi gamma, per i raggi X, per le onde gravitazionali, per i raggi UV (satelliti), infrarosso, eccetera: dove non arrivano i nostri occhi allora che ci pensino gli strumenti. E per essere sicuri di non beccare altre interferenze sono andati in mezzo al deserto dell’Australia utilizzando un'antenna non molto più grande di un frigorifero. Analizzando la radiazione di fondo cosmica – eco dell’interruttore del Big Bang – gli scienziati hanno avuto l’evidenza dell’accensione di una stella perché – indirettamente – in quell'epoca la luce ha disturbato gli atomi di idrogeno provocando un cambiamento nel segnale delle onde radio. E questo segnale è stato ricevuto più di 13 miliardi di anni dopo. La scoperta è stata così inattesa che i ricercatori hanno passato due anni a controllare che non provenisse da altre sorgenti artificiali.
E c’è molto di più. I fisici si sono accorti che il segnale giunto fino a noi è due volte più “intenso” di quanto ci si sarebbe aspettato. Secondo la teoria più accreditata la materia oscura – di cui si sa poco ma che costituisce l’85 per cento dell'Universo! – avrebbe fatto da amplificatore del segnale (come un trampolino); se la scoperta fosse confermata avremo la prima testimonianza di una interazione della materia oscura con la materia “chiara” (ciò che vediamo) e si potrebbe far luce su uno dei più grandi misteri del cosmo, forse quello più imbarazzante della fisica moderna. Grazie a una piccola antenna abbiamo visto gattonare il piccolo Universo. Si capisce la grande eccitazione della comunità scientifica internazionale e fanno impressione le parole di Peter Kurczynski, Program Director della National Science Foundation del Governo degli Stati Uniti: "Siamo nel bel mezzo di un uragano e abbiamo sentito il battito d’ali di un colibrì".
cattivi scienziati
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