Hawking ha fatto forse un unico errore, spiegare tutto con la ragione
Il primo uomo a debellare la Sla con una vittoria della mente. Per oltre 50 anni un mistero secondo la scienza medica
Ciao Stephen, il primo uomo al mondo che ha debellato la più devastante delle malattie del corpo con una vittoria della mente. L’avventura del più grande fisico teorico del Novecento dopo Einstein è tutta nella straordinaria costruzione teoretica che progredisce, miracolosamente, esattamente in simbiosi col corpo che l’abbandona (a cominciare dai 21 anni). Non doveva esserci Hawking, secondo la scienza medica. Non se lo sono spiegato gli studiosi di Sla per gli oltre 50 anni della sua malattia: doveva durare 2 anni. E invece… Tutto quello che il corpo sfibrato lasciava si trasformava in potenza della mente.
E’ del 1987, quando ormai il corpo aveva deciso il suo addio definitivo, il classico del grande astrofisico, Dal Big Bang ai buchi neri, la “breve storia del tempo”, come il libro sottotitola, con cui Hawking cambierà la cosmologia del Novecento. L’universo diventa organismo vivente, pulsante, animato. Molto oltre la stessa visione della cosmologia di Einstein. Hawking legge il cielo come pochi altri. E ci restituisce l’esistenza, la logica e il funzionamento dei suoi aspetti più inquietanti e affascinanti. In primis gli enigmi del buco nero: il più misterioso e grandioso dei fenomeni celesti. Di Einstein, il maestro, Hawking raccoglie il principio fondamentale: “L’universo è comprensibile. E questo è il suo vero mistero”. E’ la vera sfida per Haking.
“Capire l’incomprensibile” è il sottotitolo del suo secondo libro, quello che scrive con il grande matematico Penrose nel 1996, “La Natura dello Spazio e del Tempo”, che inaugura il grande progetto (e la grande croce) della cosmologia contemporanea: come combinare l’irriducibile e, apparentemente, incomponibile giustapposizione tra la cosmologia della relatività, l’affresco funzionante del cosmo immensamente grande e le caparbie stranezze della natura, descritte dalla fisica dei quanti, la scienza della materia nei suoi componenti ultimi.
Solo una sintesi delle due interpretazioni confliggenti, relativistica e quantistica, della natura, del cosmo, del funzionamento della materia, può avvicinarci, afferma Hawking al mistero dell’origine di tutto, del Big Bang, della natura dello spazio e del tempo e del destino ultimo dell’universo. E’ il compito che Stephen Hawking si affida e affida nella terza parte della sua vita miracolosa, la grande spiegazione: “Se riuscissimo a scoprire una teoria completa, scrive nel suo ennesimo bestseller del 2002, “La Teoria del Tutto”, tutti (non solo i filosofi e gli scienziati) sarebbero in grado di rispondere, finalmente, alla domanda fondamentale: perché l’universo esiste?”. Allora segneremmo “il trionfo della ragione umana”, decreteremmo la vittoria dell’uomo che arriva a “conoscere il pensiero stesso di Dio”.
Forse questo suo irrefrenabile illuminismo è destinato all’errore. La fisica è ben lontana da una teoria del tutto. Il mistero ineffabile è che, è vero, l’universo è comprensibile come voleva Einstein ma è, anche, malizioso, per usare un’altra espressione del grande vecchio tedesco: mano a mano che cresce la conoscenza del cosmo si rivela quantitativamente crescente il numero delle cose che non ci spieghiamo e non conosciamo. La sfera del mistero è più grande di quella della spiegazione. La teoria si arresta ai grandi dilemmi della materia oscura, dell’energia oscura: le cose che accontano per oltre il 95 per cento di quello che sappiamo esistere ma che non ci spieghiamo.
Forse Hawkin si sbagliava sull’illusione di una ” teoria del tutto”, chiave e formula definitiva della Natura e, certo, si sbagliava nel sogno di riuscire a darci la prova scientifica dell’inesistenza di Dio. Entrambe le cose sono, impossibili. Ma, forse, senza questo anelito, questa sfida (che sarà sempre perdente) la mente di un grande scienziato non raggiungerebbe mai le vette toccate da Stephen Hawking: avvicinarsi alle “carte di Dio”.
cattivi scienziati
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