Cosa sappiamo della stazione spaziale cinese che sta per schiantersi sulla Terra
Nel 2016 i cinesi hanno perso il controllo del modulo Tiangong 1, lanciato in orbita nel 2011. Ora sta per rientrare nell'atmosfera. Dove potrebbero cadere eventuali frammenti (sì, c'è anche l'Italia). Quali sono i rischi concreti
Telescopi e radar ad altissima definizione italiani e di numerosi altri paesi europei sono puntati verso il cielo, in attesa della caduta sulla Terra del "Palazzo Celeste" Tiangong-1, la prima stazione spaziale cinese. Il modulo, da 8 tonnellate e mezzo, era stato lanciato dal centro di Jiuquan il 30 settembre 2011 come primo laboratorio spaziale di Pechino, un prototipo per quello che il paese sperava sarebbe stata una stazione permanente. Per circa cinque anni ha fatto proprio questo: orbitare intorno alla Terra a circa 350 chilometri d’altezza – leggermente più in basso della Stazione spaziale internazionale, che si trova a 400 chilometri – e agire come base per tre missioni (due con equipaggio, una senza) per l'Amministrazione spaziale nazionale cinese.
Dove cadrà la stazione spaziale cinese Tiangong-1
Sulla carta, il ritorno del modulo nell'atmosfera doveva avvenire in modo controllato, con ammarraggio nell'oceano Pacifico, ma nel marzo 2016 i funzionari cinesi hanno annunciato di aver perso il controllo della stazione e che si era innescata una progressiva discesa incontrollata della stazione. Inizialmente, gli scienziati cinesi hanno azzardato che il "rientro incontrollato" si sarebbe verificato nella seconda metà del 2017. Questa finestra è stata in seguito rinviata tra ottobre 2017 e aprile 2018. Probabilmente il "Palazzo Celeste" cadrà sulla Terra tra il 30 marzo e il 2 aprile, secondo l’ultima previsione dell’ufficio detriti spaziali dell’Agenzia spaziale europea (ESA) a Darmstadt, in Germania (la Aerospace Corporation, finanziata dagli Stati Uniti, stima che il veicolo rientrerà nell'atmosfera durante la prima settimana di aprile). I ricercatori non sono sicuri né sul momento esatto né sul dove i detriti potrebbero finire. Secondo Aerospace c'è "una possibilità che una piccola quantità di detriti" sopravviva al rientro in atmosfera e colpisca il nostro pianeta. "Se ciò dovesse accadere, qualsiasi detrito sopravvissuto cadrà in una regione di poche centinaia di chilometri", ha affermato. Il rientro incontrollato della stazione cinese "potrebbe interessare il territorio nazionale tra il 28 marzo e il 4 aprile" avverte in una circolare la Protezione civile italiana inoltrata a tutti i ministeri e alle regioni.
Previsioni per la finestra di rientro di Tiangong-1, fonte: ESA
Per ora non c'è nessun allarme concreto: il rientro della Tiangong-1 è monitorato da diversi sensori di osservazione nel suo percorso orbitale che registrano la posizione ed il tasso di "decadimento". Questo però non equivale a dire che gli scienziati siano del tutto tranquilli: a causa della complessità dell'interazione fra la stazione spaziale e l'atmosfera terrestre, solo nelle ultimissime fasi del rientro si potranno definire meglio la data e le parti del globo coinvolte. E a quel punto occorrerà che le nazioni interessate siano pronte. Gli eventuali frammenti della nave che resisteranno all'attrito con l'atmosfera cadranno nella zona all'interno della fascia -44 S e +44 N di latitudine. Parliamo di un'area vastissima, dove ci sono per lo più oceani e deserti, ma anche porzioni di territorio degli Stati Uniti, del Brasile, dell'India, della Cina e dell'Europa, comprese Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Grecia. La parte del nostro paese interessata è quella centro-meridionale, più o meno dall'Emilia Romagna in giù. Aerospace ha avvertito inoltre che la stazione spaziale potrebbe trasportare un combustibile altamente tossico e corrosivo chiamato idrazina.
Le probabilità di atterraggio dei detriti previste dalla Aerospace. Le aree gialle hanno la probabilità più alta, la probabilità inferiore verde e la probabilità zero blu. Fonte: Aerospace Corporation
I rischi
Il direttore dell’Ufficio dei detriti spaziali ESA ha sottolineato che "ogni anno tra le 70 e 80 tonnellate di detriti spaziali cadono in media in modo incontrollato”. Non sarà dunque né la prima né l'ultima volta che si parla di questi eventi ma non esistono comportamenti di autotutela codificati in ambito internazionale da adottare a fronte di questa tipo di eventi. La Protezione civile ha inserito sul proprio sito una serie di indicazioni, sulla scorta delle informazioni ad oggi disponibili attraverso la comunità scientifica. È poco probabile - viene sottolineato - che i frammenti causino il crollo di edifici, che quindi sono da considerarsi più sicuri rispetto ai luoghi aperti: si consiglia di stare lontani dalle finestre e porte vetrate, mentre i frammenti potrebbero causare danni perforando tetti e solai. “È molto più comune essere colpiti da un fulmine” che da un’oggetto spaziale, ha detto a NBC il principale ingegnere del Aerospace Orbital and Reentry Debris Studies, William Ailor.
Si stima inoltre che in orbita intorno alla Terra ci sia circa mezzo milione di pezzi di scarto e rifiuti prodotti dall'uomo. Sono un pericolo per i satelliti e le astronavi e, stando al peggior scenario, la paura è che lo spazio possa diventare inutilizzabile.
Per approfondire:
Aggancio della navicella Shenzhou VIII al modulo di laboratorio Tiangong-1 il 2 novembre 2011 (LaPresse)
I precedenti
Il "Palazzo Celeste" sarà uno dei più grandi veicoli a rientrare in modo incontrollato sulla terra: i più grandi finora erano il satellite della Nasa Atmospheric Research, andato fuori controllo nel 2011 e il satellite europeo Goce, rientrato nel 2011. Nel 1991 la stazione spaziale Salyut 7 da 20 tonnellate dell'Unione Sovietica si schiantò sulla Terra mentre era ancorata a un'altra nave spaziale da 20 tonnellate chiamata Cosmos 1686. Si separarono in Argentina, spargendo detriti sulla città di Capitán Bermúdez. La stazione spaziale Skylab della Nasa da 77 tonnellate è precipitata sulla Terra in una discesa quasi completamente incontrollata nel 1979, con alcuni pezzi di grandi dimensioni atterrati fuori Perth, nell'Australia occidentale.
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