Nell'era dei social lo smartphone è diventato un pezzo di cervello
Ecco perché seguiamo chi grida di più. Parla il neurobiologo Lamberto Maffei, presidente emerito dell'Accademia dei Lincei
"Certamente il cervello è modulabile per il fenomeno della plasticità. E quindi i messaggi che ci arrivano influenzano il funzionamento del nostro cervello", dice il neurobiologo Lamberto Maffei – presidente emerito dell'Accademia dei Lincei, già direttore dell'Istituto di Neuroscienze del Cnr, professore emerito alla Normale di Pisa – interpellato a margine della cerimonia per la chiusura dell'Anno Accademico 2017-2018 dei Lincei. "Nella situazione moderna dove i mezzi di comunicazione dominano, i messaggi vengono ripetuti, arrivano alle nostre orecchie continuamente tanto che spesso non possiamo neanche parlare. Pensate ai giovani, se gli leviamo lo smartphone sono disperati, non possono più pensare perché lo smartphone è diventato, lasciatemi dire, un pezzo di cervello perché quello che gli viene detto ritorna e ritorna. E allora - avverte Maffei - il cervello diventa come una pecora, segue tutto quello che gli viene detto e questo è pericoloso perché il cervello diventa poco critico, il cittadino diventa poco critico e segue il pastore che grida di più".
Nella sua conferenza conclusiva, dal titolo "Ambiente e cervello: un dialogo continuo", il professor Maffei si è soffermato sui possibili rischi legati alla diffusione dei social e sulla necessità di assicurare al nostro cervello adeguati stimoli lungo tutto l'arco della vita, quindi anche nella fase discendente che, lentamente, ci conduce alla vecchiaia. "Il cervello a qualsiasi età ha bisogno di stimoli per ben funzionare e particolarmente il cervello dell'anziano, perché lui li ha persi, perde contatti. Il soggetto va in pensione, perde gli amici, non ha più quel contatto verbale anche in famiglia perché le famiglie sono un po' sparse, nessuno lo ascolta", dice Maffei. "Anche gli strumenti di comunicazione, come lo smartphone è difficile per lui, non riesce a usarlo. E lui perde contatti, perde stimoli e perdendoli accelera il suo declino cognitivo. È dovere sociale, è dovere del medico dargli questi stimoli perché lui ne ha bisogno".
Video a cura di AskaNews
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