La Nasa ha invitato il capo della Roscosmos negli Stati Uniti, ma è sotto sanzioni
La Pace nello spazio non vale anche in terra. Eppure la visita di Rogozin non sarebbe la prima di un russo sanzionato negli Stati Uniti
Roma. In cielo, nello spazio, la Guerra fredda era già finita prima che in Terra cadesse il Muro di Berlino. Dagli anni Settanta, l’agenzia spaziale americana, che già si chiamava Nasa, e quella russa, che ancora non si chiamava Roscosmos, avevano deciso di collaborare. Questa collaborazione diventò sempre più intensa e stizzita di anno in anno, ma il risultato è che fino a oggi russi e americani non possono fare a meno gli uni degli altri quando partono per esplorare lo spazio. Questo idillio un po’ forzato, questa vicinanza costretta, seppur pacifica, è facile da manipolare a scopi politici e basta un invito che, se nello spazio non produrrebbe alcun danno, sulla terra rischia di combinare un disastro.
L’amministratore della Nasa, Jim Bridenstine, ha invitato il suo omologo a visitare la sede dell’agenzia a Houston e a tenere una serie di incontri in varie università del paese. Nulla di strano, se non fosse che il suo omologo russo si chiama Dmitri Rogozin ed è sotto sanzioni americane – era vice primo ministro quando nel 2014 la Crimea venne annessa dalla Russia –, quindi non può entrare negli Stati Uniti.
Bridenstine non vuole saperne e ha rilasciato un’intervista alla Tass, una delle maggiori agenzie di stampa russe, dicendo che l’organizzazione per permettere a Rogozin di entrare negli Stati Uniti è a buon punto e lui ha quasi ottenuto la sospensione delle sanzioni. L’affermazione ha fatto sobbalzare metà dell’Amministrazione Trump, ha fatto sorridere il Cremlino e ha fatto preoccupare molto l’opposizione americana. Sospendere le sanzioni a Rogozin, seppur come dice l’amministratore della Nasa, “per instaurare un forte rapporto di lavoro”, lancerebbe un pessimo segnale, screditerebbe le decisioni prese dagli Stati Uniti e fomenterebbe le idee di alcune piattaforme della destra americana più estrema. Il 7 dicembre sempre la Tass ha annunciato che Rogozin visiterà gli Stati Uniti all’inizio del 2019, senza fornire ulteriori dettagli e in una email che la portavoce dell’agenzia spaziale americana ha inviato a Politico si legge: “Bridenstine è stato in Russia per partecipare alle attività di lancio dell’equipaggio presso la Stazione spaziale internazionale e la Nasa ha quindi invitato l’amministratore di Roscosmos a visitare le sue strutture e discutere della cooperazione in corso nello spazio”. Ma gli affari dello spazio diventano poi i crucci della Terra e invitare un politico sotto sanzioni può incrinare la politica interna degli Stati Uniti alle prese con un’indagine molto importante sulle interferenze russe durante le elezioni presidenziali del 2016; per cui l’invito della Nasa non può essere interpretato soltanto come un’estensione naturale della cooperazione tra i due paesi. I russi, neanche a dirlo, concordano con l’Agenzia spaziale e hanno risposto con entusiasmo all’invito. Sarebbe una piccola vittoria per il Cremlino.
Le due nazioni hanno faticato per anni per arginare le insofferenze diplomatiche, facendo di questa pace stellare, che ha portato alla cooperazione i due paesi, una necessità per portare avanti la ricerca scientifica. Ma questa volta la Nasa pecca di eccesso di pace e chissà, a essere malevoli, si sta prestando a un sapiente gioco di forze politiche, Bridenstine è stato nominato da Trump nel settembre del 2017. La visita di Rogozin non sarebbe la prima di un russo sanzionato negli Stati Uniti, già un anno fa Washington aveva permesso l’ingresso di Sergei Naryshkin, capo del Servizio di intelligence internazionale russo, per collaborare a un progetto antiterrorismo. Dmitri Rogozin è un personaggio diverso, razzista e antisemita, esponente dell’ultradestra nazionalista, il suo partito Rodina, Patria, venne bandito nel 2003. Per gli Stati Uniti sarebbe meglio incontrarlo altrove, in paesi terzi, o perché no, anche nello spazio, dove non esistono sanzioni.
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