Così sono stati scoperti i dati falsi nell'articolo scientifico a favore dell'omeopatia. Che è stato ritirato
Dopo nove mesi in cui si sono attese invano risposte ragionevoli da parte degli autori indiani della ricerca fallata, la rivista ha ritirato il lavoro, segnalandolo per contenere dati falsi o manchevoli
"Con buona pace dei negazionisti dell’omeopatia, a settembre 2018 la rivista scientifica Nature ha pubblicato un importante lavoro che dimostra in modo inequivocabile gli effetti delle alte diluizioni omeopatiche e la loro efficacia terapeutica”. A questa dichiarazione della Scuola italiana di medicina omeopatica hannemaniana (Simoh) del 10 settembre 2018 fecero eco alla fine dell’anno passato vari altri supporter dell’omeopatia, in un coro mondiale di tripudio.
Ora, io capisco che se qualcosa appare su una rivista scientifica esso sia considerato più affidabile delle chiacchiere, visto che ciò che è ivi pubblicato è in genere passato attraverso il meccanismo della “revisione dei pari”, che tanta parte ha nel garantire la qualità della conoscenza scientifica. Ma perché, per cominciare, sostenere falsamente che sia stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, quando in realtà l’articolo è comparso su una rivista di impatto e qualità molto minori, pur se dello stesso gruppo?
E soprattutto – questo è il punto più importante – perché dare per scontato che uno scritto contrario alle basi della chimica, della biologia molecolare e della fisica, e sul piano empirico alla migliore evidenza clinica, sia vero solo perché pubblicato da una singola rivista scientifica a opera di un singolo gruppo di ricercatori?
“Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie” diceva Carl Sagan, inserendosi in un filone che possiamo far risalire almeno all’empirismo inglese. E proprio quando le affermazioni di qualcuno ci piacciono particolarmente – nel caso di specie il risultato era particolarmente gradito agli omeopati perché nei ratti, dove non è possibile l’effetto placebo, si sosteneva che un farmaco omeopatico funzionasse bene quanto il gabapentin – dobbiamo dubitare maggiormente di quello che leggiamo. Questo vale anche per i giornali come la Repubblica che, per “bilanciare” un articolo scettico sull’omeopatia scritto da Elena Cattaneo e da Andrea Grignolio, aveva pensato bene a suo tempo di rilanciare acriticamente la “grande scoperta” fatta sui ratti titolando: “Supponiamo che la scienza cambi idea”. Quasi come se la scienza fosse un dibattito da salotto intellettuale, in cui tutte le opinioni vanno riportate allo stesso modo, senza accertarne minimamente la base fattuale attraverso un parere esperto.
Quel che è accaduto poi era prevedibile. Circa nove mesi fa, dopo aver letto l’articolo in questione trovai figure duplicate, dati potenzialmente manipolati, descrizioni contrastanti di ciò che era stato fatto e altre inconsistenze. E anche in altri lavori dello stesso gruppo, sullo stesso argomento, erano evidenti problemi simili. Segnalai tutto al comitato editoriale della rivista scientifica implicata; nel frattempo, fui raggiunto nello scetticismo da altri colleghi – i professori Bellelli, Caminiti, Grignolio, Garattini e Iannetti – i quali, ciascuno esperto nel suo campo, trovarono ulteriori incredibili evidenze di sciatteria se non di frode, per cui tutti insieme spedimmo una seconda lettera al comitato editoriale di Scientific Reports.
Il giorno 11 di giugno, dopo nove mesi in cui si sono attese invano risposte ragionevoli da parte degli autori indiani della ricerca fallata, la rivista ha ritirato il lavoro, segnalandolo per contenere dati falsi o manchevoli.
La notizia ha fatto ormai il giro del mondo, fra coloro che sono interessati a queste vicende; eppure, non un commento è provenuto da quei medici laureati e specializzati che nove mesi fa davano fiato alle lodi di un lavoro che mai avrebbe dovuto passare la revisione scientifica. Lavoro che comunque è stato ormai corretto dalla comunità scientifica, finendo dove è giusto che sia: nel cestino, insieme a tutto il bestiario degli articoli falsi, errati, comunque incredibili.
Enrico Bucci, Adjunct Professor in Systems Biology SHRO, Temple University – Philadelphia
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