Cari rossogialli, avete tante idee in comune sull'agricoltura bio. Evviva!
Ai falsi miti sul biologico si risponde facendo più ricerca
Gentilissimi rappresentati del Pd/pentastellati, c’è un settore della nostra economia, come si dice, strategico nel quale potete abbracciarvi e fumare il calumet della pace: l’agricoltura. Purtroppo parliamo più dei prodotti finiti e pronti da mangiare, ricette, varie ed eventuali della fabbrica che produce tutto questo ben di Dio: la terra e i contadini. Anzi, presi come siamo ad ascoltare consigli culinari e a promuovere la nostra splendida alimentazione, abbiamo fomentato l’idea di un’agricoltura ideale e bucolica che, appunto, con la terra e i contadini ha poco da spartire. Tuttavia, in questo campo, mi sembra che possiate sedervi in circolo e discutere. Proposte in comune ne avete, siete entrambi (evviva) favorevoli all’agricoltura biologica. Ebbene, pure io. A questo punto ci dobbiamo intendere sulla definizione di biologico (tecnicamente si chiama organico). Se intendiamo cercare, sperimentare e usare quelle pratiche agronomiche che ci consentono di usare meno chimica, meno fertilizzanti e più sostanza organica, insomma sposare l’altra parola obbligatoria di questo tempo e cioè la sostenibilità, allora dovete ammettere che le biotecnologie sono lo strumento più efficace che abbiamo per produrre meglio e con meno costi (e con meno chimica). Quindi bio e biotech non sono nemici, sono proprio gemelli, uniti per raggiungere lo stesso obiettivo.
Bio e biotech fumano la pipa della pace senza nemmeno discutere. Facciamo un paio di esempi. Siamo tutti bio ma ci lamentiamo. Alcuni insetti attaccano i nostri prodotti. Ci credo: sono belli, italiani e fanno gola a tutti. Ma a noi bio che ci frega? Usiamo prodotti naturali, o no? Attenzione, ‘sta definizione è pericolosa. Se andate nei campi trovate delle belle ombrellifere, sono naturali no? In mezzo ai campi, sotto il sole, più naturali di così. E però attenzione: vi può capitare sotto mano la cicuta, mica stasera ci vogliamo fare un bell’infuso naturale? Tra l’altro non tutti reagiscono con la stessa fermezza di Socrate. Questo per dire che il principio attivo che uccide l’insetto o il patogeno non è la natura in sé, o la parola bio ripetuta con il megafono e usata a caratteri fighi nella pubblicità. Ma appunto è una molecola chimica. Se quella molecola viene dalla natura non è per forza buona. I cosiddetti prodotti naturali sono poi un ossimoro. Alla fine, su larga scala (che sia piretro o insetticidi a base di Bt), c’è sempre bisogno di sintetizzare la molecola. Il rame: ottimo contro le crittogame. Però non basta sistemare la roccia che contiene rame in mezzo al campo e sperare nei benefici effetti. Ci vuole l’ industria che sintetizzi (con un processo molto lungo e non facile) il principio attivo (che tra l’altro nel bio si usa in dose, diciamo così, altine…). Quindi gli agrofarmaci si usano nel bio e nel convenzionale. E’ da considerare, poi, che oggi nel convenzionale si usano prodotti chimici buoni e non invasivi in dosi basse (anche l’industria chimica ha fatto passi avanti, perché investe molto in ricerca: mettere sul mercato un agrofarmaco costa fino a 120 milioni di euro). Poi guardate gli organigrammi aziendali.
Le grandi multinazionali producono sia per il convenzionale sia per il bio. Sembra che non ci sia via di uscita per i radicali del bio. Sembra, ma il biotech offre una soluzione, non per eliminare la chimica tout court. Ma per creare piante con resistenze, capaci cioè di proteggersi da sole. Oppure piante che funzionano meglio, più saporite, resistenti al freddo, al caldo alla siccità e a vari accidenti che la natura, indifferente alle nostre fatate dichiarazioni di intenti, ci propina. Conosciamo il Dna meglio e, sempre di più, lo analizziamo con cura. Dunque, se scopriamo geni di resistenza possiamo passarli da una pianta all’altra. Attenzione: in maniera più precisa. Oppure, ecco un altro esempio. Sulla vite usiamo molti anticrittogamici e tuttavia potremmo, grazie a una tecnologia chiamata Crispr/Cas, cambiare la serratura di ingresso e impedire che il fungo penetri nella pianta. Più bio di così. Che dite, ci vogliamo provare? Sapete, abbiamo un’ottima ricerca pubblica che tuttavia non può sperimentare perché, a forza di parlare di cibo di Frankestein e di bucolico, abbiamo creato l’immaginario finto naturale di cui sopra e abbiamo escluso un sacco di strumenti utili a raggiungere obiettivi fantastici. Dai, facciamoci questa fumata e poi insieme, con coraggio e serietà, cambiamo passo: aggiorniamo le applicazioni con lo stesso grido di battaglia: più tecnologie bio per tutti.
cattivi scienziati
La débâcle della biodinamica in vigna
Cattivi scienziati