La reversibilità del male
Mentre lamentiamo petulanti la fine della megafauna e del polmone oceanico, c’è in atto una rivoluzione: un tremendo e benedetto risanamento marino. Il modello paramatematico della fine della terra è solo una deformazione di cultura e scienza
Di questi tempi sono felice di poter insistere su un concetto non troppo pessimistico: la reversibilità del male. Ci pensavo leggendo il bel libriccino di Paolo Giordano sul e nel contagio. Giordano è qui scrittore di una pensosità amica, perché non pretenziosa, paziente, tollerante, e in poche pagine, oltre alla sua modellistica matematica e fisica da Erre con zero e varianti molto interessanti, si inoltra nel terreno di per sé controverso della relazione tra questa esplosione barbarica e prevedibile della natura contro l’uomo e la tanta chiacchiera sull’uomo orgiasticamente dedito a riti sacrificali contro la natura. E’ lei che attacca, altro che.
In poche pagine, senza retoriche abusive e altre enfiagioni, è descritto, come pendant ecologico da considerare alla luce della pandemia, il male che facciamo al mondo, sporcandolo e deforestandolo e lasciando che certo tempo climatico sempre più secco e caldo, sconquassato e tumultuoso, faccia il suo corso con danni alla fauna, che implicano poi forse scambi misteriosi e virologici, e altri danni. Ora io sono un negazionista per tendenza polemica, in fatto di climate change, e mi piace che esista, mi sembra sano mentalmente, una controversia che non si chiude con certezze parareligiose. Ma sono anche uno che cerca di leggere il mondo, con le sue patologie antropogeniche, che certo ci sono anche quelle, senza malizia e senza troppa passione. Non sono contento, sebbene sia un fatto, che la Cop26 di Glasgow, prevista per il prossimo novembre con la condirezione italiana, abbia dovuto essere rinviata. Il clima che cambia resta un’urgenza, ma di secondo grado, in subordinazione ad altro, a quanto pare.
Ora l’idea di Giordano, espressa con dignitosa riservatezza, è quella nota, che certi guai nel mondo naturale che ci circonda noi ce li andiamo a cercare con il nostro comportamento. Leggo però sul Times di Londra notizie eccitanti, che saranno poco diffuse, immagino, nel resto del circuito mediatico, tratte da serissimi studi della rivista famosa Nature. Le balene sono in feconda moltiplicazione sul piano globale, nonostante la persistente commercializzazione delle loro carni e del loro olio da parte di giapponesi e norvegesi. Le megattere che circolano a partire dall’Antartide erano diventate qualche centinaio nel 1968, ecco che ce n’è almeno 40.000, cresce il loro numero del 10 per cento l’anno, si inarcano sulle acque e si rituffano maestose e civettuole con le loro barbette. Lo stesso per le balene grigie, anche loro pullulano negli oceani tra Antartide e Australia. Per non parlare degli elefanti di mare, a me somiglianti e molto cari, favoriti da processi che iniziano, per l’approvvigionamento e l’ambientazione felice, tra quelle basse coste legnose dei tropici, le mangrovie tropicali e subtropicali, e nelle foreste sottomarine o kelp che di nuovo furoreggiano negli oceani a diverse latitudini. Ci sono stati bandi, furono dettate regole e osservate, si estendono le zone di protezione, e da decenni ormai, mentre lamentiamo petulanti la scomparsa del polmone oceanico e della megafauna e altre faune, compresi gli uccelli marini e altri volatili importanti per l’equilibrio ambientale, in realtà è in atto un tremendo e benedetto risanamento marino. Il Times riporta le percentuali incoraggianti di mammiferi in moltiplicazione felice, e nell’articolo di Nature si nota che “solo” il 13 per cento delle specie è in regressione, sicché ci si fissano traguardi di pulizia e ripristino, nell’ambito di un decennio, che invertono processi di degenerazione vecchi a volte di cento e più anni.
Il male è reversibile, questo è il punto. I cicli dello scambio uomo-natura seguono una via sinuosa e non hanno niente di unidimensionale o apocalittico. Quel modello paramatematico della fine della terra, diventato nel frattempo un abbecedario per l’istruzione dottrinaria dei fanciulli, è una deformazione di cultura e di scienza. La freccia del tempo nello spazio ha molte dimensioni. Siamo nel mondo delle indagini accurate e dubitose di Giordano ma restiamo anche nel mondo classificatorio e biblico di Moby Dick, a proposito di balene e di uomini che stanno nel loro mezzo.
Cattivi scienziati